Stupro di Capodanno, la vittima abbandonata anche dall’ultimo testimone: “Non ricordo”. E la giudice lo riprende

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Bianca abbandonata da tutti, Bianca sola senza nessuno che la difende tranne il padre e la onlus che da anni la segue. È stata un’udienza dolorosa, la penultima, del processo per lo stupro di Capodanno a Primavalle del 2020. A piazzale Clodio, in un’aula a porte chiuse, quella della quinta collegiale, l’unico imputato, Patrizio Ranieri, per la prima volta ha incrociato lo sguardo del papà di Bianca. Il diplomatico è arrivato in tribunale alle 13 ed è stato ascoltato per un’ora raccontando il percorso della figlia, sedicenne al momento dello stupro, dopo quella festa in cui venne abusata da almeno cinque ragazzi.

«Alcuni giornali l’hanno descritta come una ragazza senza famiglia. Non è così. Io ero a Roma con mia figlia in quei giorni — è un sunto della deposizione del padre di Bianca — e i giorni successivi alla violenza mia figlia era una ragazza distrutta. Ha avuto crisi di ansia fortissime. Mi sto impegnando con tutte le mie forze per recuperare la sua vita. Sono vicino agli enti che si occupano di violenza sulle donne». E, infine, ha aggiunto un particolare che potrebbe far ritornare Bianca in aula: «Mia figlia sta cominciando a ricordare dopo le cure». Non è escluso che la pm la richiami in aula.

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Se la sofferenza di un padre ha fatto calare il velo della tristezza in aula, i continui «Non ricordo» dell’ultimo teste del pm hanno lasciato interdetto il collegio. Diciottenne e arrivato davanti al giudice con i carabinieri in accompagnamento coatto, il giovane che la pm Stefania Stefanìa voleva ascoltare da mesi è uno dei testi principali. Era uno dei giovani davanti alla porta del bagno dove Bianca è stata sopraffatta e abusata per almeno due ore.

Le stesse durante le quali la pm ha dovuto riscontrare la sua sfacciataggine nel ripetere «Non ricordo». «Non ricordo di avere visto Patrizio Ranieri con la maglietta sporca di sangue ma ricordo che Bianca stava benissimo». Ecco la frase che ha costretto la presidente del collegio a intervenire e a prendere in mano le dichiarazioni rese dal giovane dopo lo stupro. «Era tutta fatta, stava male», è stata la contestazione. Alla quale il ragazzo ha risposto: «Prima ricordavo meglio».

È così che la giudice ha deciso di acquisire le testimonianze del 2021. Anche l’ultimo tentativo di stabilire la verità in aula è fallito. Come quando le amiche di Bianca, le parioline, sfilando una dopo l’altra hanno dichiarato: «Lei ci stava». Così Bianca ha scoperto di essere stata abbandonata da tutti. Quel Capodanno illegale, che violò la prescrizione del coprifuoco per il Covid, ha cambiato la vita non solo di Bianca ma di tutti quei ragazzini che organizzarono la serata di droga e sesso sfrenato.

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I tratti dolorosi sono stati ribadito anche da Bo Guerreschi, la presidente della onlus “bon’t worry” che sostiene Bianca da tre anni. «Quella ragazza che tutti descrivono non è la Bianca che conosco io da tanti anni». La presidente ha raccontato anche i mesi in una struttura protetta e la voglia di Bianca di riprendere la sua vita in mano.

L’ultimo teste è stato il genetista interpellato dalla parte civile. Mesi fa si venne a conoscenza che nessuno dei Dna prelevati sulla vittima e sugli indumenti appartenevano ai cinque ragazzi indicati come stupratori. E quindi nemmeno a Patrizio Ranieri. Il genetista ha rivelato che in realtà “si è rotta la catena di custodia dei reperti”. Ci sono, quindi, risultati illeggibili. Secondo la ricostruzione del genetista i reperti “non sono stati conservati bene forse dal momento in cui sono stati acquisiti”. Un esito che interessa alla parte civile per dimostrare che Patrizio Ranieri non può essere scagionato dalle prove andate perse. E soprattutto che Bianca non ha mentito.

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