Giustizia, la stretta del governo sul sequestro degli smartphone: sarà obbligatorio il via libera del gip alla richiesta del pm

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Un “furto” bello e buono. Senza neanche avere la creanza di attribuire agli autori il merito, o meglio il demerito secondo il punto di vista delle toghe, di aver proposto – ormai ben sette mesi fa – la riforma del sequestro degli smartphone, i cellulari che ormai dominano la vita di tutti nel mondo. Tre protagonisti nel mondo della giustizia: il vice ministro Francesco Paolo Sisto, la presidente leghista della commissione del Senato Giulia Bongiorno e il capogruppo di Forza Italia Pierantonio Zanettin, giusto lo stesso partito di Sisto. Sul piatto ci sono le nuove regole per sequestrare i cellulari. Oggi lo fa il pubblico ministero; domani, secondo Zanettin e Bongiorno, entro 48 ore, dovrà ottenere il via libera del giudice per le indagini preliminari rispetto a una prima selezione del materiale. Ma addirittura, secondo Sisto e il governo, dovrà essere lo stesso gip ad autorizzare il sequestro dello stesso cellulare. Il che vuol dire, considerando le centinaia di telefoni coinvolti in un’inchiesta, che ci vorranno pure centinaia di magistrati, pena il totale blocco delle indagini stesse.

Ma andiamo avanti, a partire “dall’appropriazione indebita” senza neppure una citazione commessa da Sisto ai danni di Bongiorno e Zanettin. È sabato, e le Camere penali celebrano la loro apertura alternativa dell’anno giudiziario. In sala ci sono dozzine di avvocati. Sul palco ecco il vice ministro Sisto che non solo dà la notizia che a marzo il suo capogruppo alla Camera Paolo Barrelli chiederà “di calendarizzare la separazione delle carriere”, ma annuncia anche che lui e il Guardasigilli Carlo Nordio sono pronti a cambiare le regole degli smartphone. Eccolo dire che “è prossima una riforma del sequestro dei telefoni cellulari perché noi riteniamo che questa misura debba passare dal giudice e non dal pubblico ministero”.

In sala si avverte più di un brusio perché i colleghi avvocati – anche Sisto lo è come Bongiorno e Zanettin – sanno bene che la proposta è già stata fatta proprio da Zanettin, come prima firma, e da Bongiorno, e si meravigliano che Sisto non abbia l’accortezza di citarli entrambi. Proposta non solo di vecchia data, visto che porta la data del 19 luglio nella copia stampata del Senato, ma annunciata già prima, durante il lungo lavoro della commissione sulle intercettazioni, terminato con la relazione conclusiva che frena Nordio nella sua crociata contro gli ascolti troppo costosi (200mila euro dice) e parla di “ascolti irrinunciabili”. Della sorpresa degli avvocati per la mancata citazione resta traccia nei comunicati usciti a fine incontro in cui si dà atto a Zanettin del lavoro fatto citando i suoi ddl, ma anche in numerosi video che giungono anche a Repubblica.

Ma c’è di più. Perché il governo in questi mesi – come risulta anche a Repubblica – ha via via frenato la commissione nell’affrontare il tema degli smartphone, con continui rinvii rispetto ai pareri sul ddl che invece è tenuto a dare. Rinvii che hanno sollevato più di un malcontento. E siamo a oggi quando Sisto e via Arenula si “appropriano” della proposta peggiorandola in modo drammatico e rendendola un vero capestro per le indagini sulla giustizia in Italia.

Il perché è evidente e cerchiamo di spiegarlo. La proposta Zanettin-Bongiorno ipotizzava un nuovo articolo, il 254bis del codice di procedura penale, in cui inserire le regole nuove per sequestrare uno smartphone, senza dimenticare che deve esistere “un nesso di pertinenza fra il bene appreso e l’oggetto delle indagini”. Significa, come spiega lo stesso ddl, che è obbligatorio fare un’attenta selezione del contenuto del cellulare, sequestrando “i soli dati effettivamente necessari per il prosieguo delle indagini”. Non solo, “entro 5 giorni” dal sequestro il pm deve avvisare il proprietario del telefono che può partecipare con il suo avvocato all’estrazione dei soli dati necessari ai fini dell’indagine. “Nelle 48 ore successive” entra in scena il gip che deve convalidare l’operazione.

Adesso, a tutto questo, Sisto e Nordio aggiungono un passaggio chiave, e cioè il parere obbligatorio del gip sul sequestro stesso. Inutile dire che con le migliaia di telefoni sequestrati a questo punto servirebbe un esercito di gip, pena la paralisi stessa delle indagini. Giudici che non ci sono, come dimostra lo stesso e unico disegno di legge firmato da Nordio, quello sull’abuso d’ufficio, con l’aumento di 250 gip per poter far entrare in funzione il cosiddetto “giudice collegiale”, cioè tre gip invece di uno per vagliare le richieste del pm. Modifica rinviata, per fortuna, di ben due anni perché dei gip non c’è traccia e già oggi gli uffici sono in enorme affanno per via dei compiti più gravosi affidati loro dalle leggi Cartabia rispetto al controllo sugli atti dei pm. Se anche la riforma degli smartphone dovesse davvero essere approvata saremmo senza alcun dubbio alla paralisi non solo degli arresti, ma anche a quella delle stesse indagini, quando il sequestro di un telefono può anche evitare un omicidio.

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