Manuel travolto e ucciso a 5 anni, alla famiglia un risarcimento da due milioni: la battaglia al tribunale civile

Pubblicità
Pubblicità

Da un minimo di un milione di euro a un massimo di due milioni. Intorno a questa cifra oscillerà il risarcimento a favore della famiglia del piccolo Manuel, travolto e ucciso dalla Lamborghini Urus guidata da Matteo Di Pietro.

TheBorderline, che fine hanno fatto gli altri youtuber nel Suv con Matteo Di Pietro dopo l’incidente di Casal Palocco

È questo ciò che, molto probabilmente, verrà liquidato, ed è quello che i legali della famiglia, con ogni probabilità, valutano di poter ottenere. Su questo nuovo fronte, al tribunale civile, le bocche degli avvocati sono cucite. Nessuno parla. Nessuno conferma.

Tuttavia è scontato quale sarà il prossimo step. La prima parte si è discussa al penale, si è conclusa ieri. A Piazzale Clodio con la pena patteggiata Di Pietro ha di fatto ammesso le sue responsabilità. La condanna a 4 anni e 4 mesi, adesso, è una carta che verrà esibita al civile.

Nelle prossime settimane verrà depositata l’istanza di risarcimento danni all’assicurazione dell’automobile. La cifra che si presume possa essere risarcita a favore dei familiari (tra uno e due milioni di euro) non comprenderebbe i soli genitori, ma anche i nonni, gli zii. Insomma tutti i parenti stretti che, dalla perdita di Manuel, hanno subito un oggettivo danno morale.

Oltre alla pena patteggiata i legali della famiglia della vittima utilizzeranno come arma anche la perizia della procura che inchioda Di Pietro alle sue responsabilità. La consulenza era stata determinante anche al penale poiché veniva sciolta ogni riserva sulla velocità della supercar.

Di Pietro a bordo della Lamborghini Urus percorreva via di Macchia Saponara — strada urbana della Capitale con un limite di 50 chilometri orari — a 120 chilometri orari. A questa velocità aveva colpito una Smart che girava a sinistra, distruggendola. Ma soprattutto uccidendo il piccolo di 5 anni che era a bordo, nel sedile posteriore.

Un dato certo cristallizzato nelle carte dell’inchiesta. Se all’inizio dell’indagine il dato sulla velocità era solo un’ipotesi fondata su elementi non certi, come il gps, dopo le analisi della centralina del bolide e dopo la consulenza cinematica l’interrogativo sulla velocità aveva ricevuto la sua risposta.

Una risposta che, per l’accusa dei pm, si è dimostrata fondamentale per l’esito del processo. Insomma andava a più del doppio rispetto al limite che vige in quel tratto di strada. Il tema della precedenza, perciò, è stato superato dalla velocità, se il ragazzo non avesse sfrecciato come un missile avrebbe avuto il tempo per fermarsi. Adesso, l’intero caso, si discuterà al tribunale civile.

Pubblicità

Pubblicità

Go to Source

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *