Troppi antibiotici, un danno (anche) per l’ambiente

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L’impiego eccessivo di antibiotici nuoce, oltre che alla nostra salute, anche all’ambiente. Un concetto ribadito con forza in occasione della Settimana mondiale dell’impiego consapevole degli antimicrobici, celebrata dal 18 al 24 novembre.

I farmaci in generale, e gli antibiotici in particolare, sono, infatti, considerati tra i principali inquinanti del nostro pianeta, a cominciare dalle acque. Qui finiscono gli scarti che il nostro organismo espelle dopo l’assunzione, i medicinali scaduti o inutilizzati e impropriamente smaltiti, i residui delle lavorazioni delle aziende farmaceutiche.
 

Produzione concentrata in India

Una ricerca del 2022, che ha misurato le concentrazioni di antimicrobici in più di 250 fiumi in oltre 100 Paesi del mondo, evidenzia che l’inquinamento maggiore si rintraccia in alcuni Stati asiatici, come Cina, Corea del Sud, Pakistan, noti per avere una legislazione ambientale piuttosto permissiva. E si concentra in India, nella città di Hyderabad, cuore della produzione di antibiotici, in cui si trovano circa 300 imprese farmaceutiche che esportano i loro prodotti in tutto il globo. Da oltre un decennio i ricercatori dell’Università di Göteborg, in Svezia, stanno svolgendo meticolosi studi nelle acque della zona, ovvero il fiume Musi e il lago Edulabad. La loro prima analisi, nel 2007, ha rilevato una “contaminazione da farmaci senza precedenti”, provocata da una scorretta eliminazione dei rifiuti, che vengono riversati nell’ambiente. Per esempio, i livelli dell’antibiotico ciprofloxacina erano un milione di volte più elevati di quelli riscontrati nelle acque opportunamente trattate.
 

“Cattive acque” anche in Europa e Italia

Purtroppo l’Europa non è immune dal fenomeno. Recenti analisi di laboratorio hanno rilevato nel fiume Sava, un affluente del Danubio, che sfiora le città di Zagabria, Belgrado, Lubiana, livelli allarmanti di due comuni antibiotici, azitromicina ed eritromicina, indice di un insoddisfacente trattamento degli efflussi industriali e di scarichi non autorizzati. Non stanno meglio i fiumi del Regno Unito che, come evidenzia uno studio del 2022, sono inondati da residui di antibiotici.
 

In Italia si trovano in condizioni analoghe i fiumi Lambro e Tevere, soprattutto nei tratti vicini ai centri urbani, e il lago Maggiore. I ricercatori del Laboratorio di Indicatori epidemiologici ambientali dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri hanno monitorato, in studi pubblicati dal 2000 a oggi, la presenza di antibiotici sul territorio nazionale, confermandone le tracce in fiumi e laghi, ma anche in acque reflue, in acque di falda e nei fanghi degli impianti di depurazione, utilizzati come concime per i campi.
 

Impatto su resistenza agli antibiotici e sui pesci

Da ciò derivano varie criticità. Anzitutto lo sviluppo di batteri sempre più forti e aggressivi, in grado di resistere all’azione dei farmaci (antibiotico-resistenza), che rischiano di diventare armi spuntate. Poi, come sottolinea anche una ricerca condotta dagli esperti dell’Università dei Paesi Baschi, in Spagna, e pubblicata nel 2019 su Environmental Toxicology and Chemistry, questi medicinali sono tossici per i pesci, causando anomalie genetiche, danni cardiovascolari, sviluppo ritardato, alterazioni metaboliche. Ma possono danneggiare in modo grave pure alghe, molluschi, crostacei.
 

Le possibili soluzioni

Di fronte a questo, si stanno cercando soluzioni per arginare, o perlomeno limitare, il problema. In Europa, e soprattutto in Svezia, sono in corso esperimenti di ‘farmaceutica verde’ con l’obiettivo di sviluppare antibiotici eco-compatibili, cioè capaci di degradarsi più rapidamente.
 

Sempre nel Paese scandinavo, è stato avviato nel 2021 un programma pilota che prevede la valutazione ambientale di alcuni farmaci rimborsati dal sistema pubblico (tra questi, antibiotici, ma anche antinfiammatori non steroidei e ormoni sessuali) e una ricompensa economica per i produttori che controllano le emissioni.
 

Altre iniziative europee riguardano lo studio di processi per rimuovere più efficacemente i residui di farmaci negli impianti di depurazione, in modo da ridurre le quantità immesse nell’ambiente. Qualche passo avanti si sta facendo, anche se occorrerebbe accelerare la marcia per produrre risultati tangibili in tempi brevi.

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