Le donne prendono 40 miliardi in meno di pensione rispetto agli uomini

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ROMA – Le donne ricevono 40 miliardi in meno di pensioni rispetto agli uomini. Il gender pay gap, la differenza di paga, si trascina così dalle giovani lavoratrici alle pensionate. E non potrebbe essere altrimenti, viste le retribuzioni più basse destinate alle donne a tutti i livelli, manager comprese. “Segregazione orizzontale e verticale”, la definisce la nuova e prima analisi Inps sui divari di genere, presentata oggi a Roma.

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Le cause

Sul banco degli imputati finiscono le carriere intermittenti, spezzate da esigenze di maternità e cura. Contratti a termine e a part-time, scelto o per lo più forzato. Ma anche una differenza strutturale nella retribuzione oraria tra uomo e donna (segregazione orizzontale). Anche nella Pubblica amministrazione. E ovunque ai più alti livelli, quelli della dirigenza, a cui le donne arrivano in numeri davvero contenuti (segregazione verticale). Lo studio voluto dal Civ, il Comitato di indirizzo e vigilanza presieduto da Roberto Ghiselli, è stato realizzato dalla Direzione centrale studi e ricerche dell’Istituto.

Il divario pensionistico

Iniziamo dal fondo, il “pension gap”. Nel 2022 sono stati erogati dall’Inps 322 miliardi in pensioni e prestazioni assistenziali. Alle donne sono andati 141 miliardi. Agli uomini 180 miliardi. Con una differenza di quasi 40 miliardi. Questo nonostante, in media, le donne siano titolari di più di una pensione, come accade quando c’è la reversibilità. E sebbene le pensionate siano più numerose dei pensionati: 8,3 milioni contro 7,8 milioni. Le donne sono il 52% ma prendono il 44%.

Questo dipende, come detto, dalla carriera lavorativa che penalizza le donne sotto diversi fronti. Anche a parità di condizioni, le lavoratrici in Italia vengono pagate meno. Ecco che da pensionate, in media, prenderanno 500 euro in meno al mese, 6.500 euro in meno all’anno: 1.932 euro contro 1.416 euro di reddito pensionistico. Ecco che il 70% delle pensioni sopra 3 mila euro va agli uomini.

Il divario retributivo nel settore privato

Il gender gap inizia dal lavoro. Sempre nel 2022 il divario di retribuzione annuale nel settore privato era in media di 6 mila euro annui: 17.300 euro contro 24.500 euro all’anno, 97 euro contro 106 euro al giorno. Una differenza del 40% che, pur a parità di condizioni (età, contratti, ore lavorate), non si azzera mai e arriva a un 12-13% stabile.

Quasi la metà delle donne italiane lavora a part-time (47,7%) contro meno di un quinto degli uomini (17,4%). Le giornate retribuite in un anno alle donne sono 221 contro 234 degli uomini. E questo spiega molto dei divari: le donne lavorano meno ore al giorno e a settimana, meno settimane all’anno e ricevono anche una paga oraria più bassa. Sempre nel 2022, la percentuale di donne a tempo determinato era di due punti sopra quella degli uomini.

Il divario retributivo nel settore pubblico

A sorpresa, anche nel settore pubblico esiste un divario di genere. Sorprende perché si tratta di un ambito a cui si accede per concorso, con carriere stabili e su basi egualitarie. Invece il gap retributivo, seppur più basso del privato, esiste: 5.200 euro all’anno, 15-20 euro al giorno: 28.400 euro contro 33.600 euro all’anno, 95 euro contro 114 euro al giorno.

Il divario si viene a creare dal ricorso crescente della Pa di contratti brevi, soprattutto nella scuola e sanità, laddove la presenza delle donne è rilevante. Anche il part-time, di sicuro meno presente che nel privato, riguarda le donne il doppio degli uomini (6% contro 3%). Due terzi di tutti i lavoratori pubblici sono donne.

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