Gino Cecchettin in tv: “Invito i maschi a dire alle mogli e alle compagne ti amo. Fatelo spesso, sempre”

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“Io voglio amare, non voglio odiare. Adesso mi trovo senza una moglie, senza una figlia e con una possibilità, quella di gridare che dobbiamo fare tutti qualcosa”. La violenza sulle donne “è un problema molto serio che va risolto. Vorrei dire una cosa ai maschi: vorrei invitarvi a dire ‘ti amo’ alle compagne e alle mogli. Ditelo, ditelo spesso. Dovete dirlo sempre, fatelo in questo momento”. Torna in tv, Gino Cecchettin, intervistato da Fabio Fazio a Che Tempo Che Fa sul Nove. Cinque giorni dopo i funerali di sua figlia Giulia, uccisa a 22 anni dall’ex fidanzato Filippo Turetta, e dopo il discorso pronunciato nella basilica di Santa Giustina, a Padova, che ha fatto il giro d’Italia e per molti dovrebbe essere letto nelle scuole. Nonostante ciò, in queste ore, la famiglia della studentessa è stata persino costretta a sporgere querela per gli insulti ricevuti online.

Le parole di Gino Cecchettin: “Sono qui perché combatto una battaglia”

Gino parte dal discorso ai funerali, “nato da un profondo dolore, per cercare di capire quali siano le cause che mi hanno fatto vivere questa tremenda avventura. Ho una mente razionale, mi sono astratto da quello che era mero dolore per capire dove avessi sbagliato io. E per cercare di dare un aiuto a chi ancora ha la possibilità di salvarsi. Questa mia metodologia della vita quotidiana mi ha permesso di analizzare i vari punti cercando di trovare le possibili cause che hanno portato a non avere più Giulia più con me. Sono qui perché mio malgrado combatto una battaglia”.

“Voglio gridare che dobbiamo fare tutti qualcosa”

Continua Gino: “Quando leggevo di femminicidi, ero dispiaciuto per la vittima e i suoi famigliari, poi giravo pagina come penso faccia la maggior parte delle persone. Avendo vissuto un anno fa un altro lutto molto importante, sono mutato come uomo. Gli eventi mi hanno portato a vedere il mondo sotto un altro punto di vista. Devo ringraziare mia moglie Monica (scomparsa un anno fa, ndr) per avermi fatto conoscere l’essenza dell’amore. Da lì ho imparato a essere uomo diverso. Durante gli ultimi giorni di malattia in ospedale, mia moglie era molto affranta, si è scusata con me: scusami, quando ci siamo messi assieme non sapevo che mi sarei ammalata. Sentirselo dire secondo me è stata la cosa più vicina alla santità, non puoi rimanere più lo stesso, verso i miei figli ho cambiato atteggiamento, ho iniziato a dire ti amo più spesso, il rapporto nei loro confronti è cambiato. Quindi ora mi trovo senza una moglie e una figlia, con la possibilità di gridare all’Italia che dobbiamo fare tutti qualcosa. Elena ha dato un messaggio ben chiaro, ha centrato il punto. Quando l’ho sentita parlare di patriarcato mi ha interdetto, conoscevo la parola ma non il significato. Supporterò Elena in tutte le sue battaglie, dobbiamo fare tutti questa battaglia”.

“Il patriarcato può sfociare nel femminicidio”

Il tema dei femminicidi e del patriarcato “è molto serio e va affrontato nella maniera più drastica. Patriarcato significa che c’è un concetto di possesso, la donna vista come proprietà di qualcun altro. Usiamo l’espressione “la mia donna”, sembra innocua ma non è così. Non è tua. Nel quotidiano dobbiamo iniziare a cambiare il modo di intraprendere una visione della società. I retaggi culturali che arrivano dal passato non producono danno nella grande maggioranza dei casi ma nelle persone più deboli e fragili, che non accettano la libertà della donna o la possibilità che abbia tutto il diritto di decidere della propria vita, sfociano nella violenza e ancora peggio nel femminicidio”. Dobbiamo iniziare a cambiare “dalle espressioni che usiamo tutti i giorni. Stavo parlando con un amico l’altro giorno e ho detto: facciamo un discorso da uomo a uomo. Mi sono bloccato subito. Siamo genitori, educhiamo inconsciamente in maniera tale da far sì che la società non cambi, che il padre sia ancora padrone. Dovremmo dare un altro tipo di messaggio”.

“Ho iniziato a piangere per Giulia da domenica. Voglio amare, non odiare”

“Ho iniziato a piangere per Giulia da domenica, un padre certe cose le sente – dice Gino, riferendosi al giorno dopo la scomparsa della figlia –. Ti viene normale provare rabbia e odio. Ho concentrato tutto il mio cuore e la mia forza su di lei, sono riuscito ad azzerare odio e rabbia. Questo ragionamento può sembrare troppo razionale, ma alla fine è umano, voglio amare non voglio odiare, l’odio ti porta via energia”. Rigetta il concetto di “mostro”, perché nel caso di Giulia “stiamo parlando di normalità, dobbiamo capire le cause che portano una persona normale a commettere certi gesti”. Gino dice che anche come genitori bisogna stare attenti per avere “più informazioni e un quadro generale” sui figli, così “forse riusciamo a capire il quadro psicologico, se hanno debolezze, se possono diventare persone pericolose”. Il suo discorso sarà letto nelle scuole: “Mi riempie d’orgoglio, stiamo facendo qualcosa di buono, proseguiremo su questa strada”.

A febbraio la laurea a Giulia

Gino Cecchettin rivela anche che forse a febbraio verrà consegnata la laurea dell’Università di Padova che Giulia non ha mai potuto prendere. E poi: “Mi impegnerò ancora su questa battaglia, devo cercare di raccogliere le forze, è stato un mese pesante, l’idea ora è fondare un’associazione, una fondazione”. Gino ringrazia poi l’associazione Penelope e conclude: “Giulia e Monica sono la mia luce. Accompagneranno me, Davide e Elena per il resto della vita, faremo di tutto per danzare sotto la pioggia. Vorrei infine dire una cosa ai maschi: vorrei invitarvi a dire ‘ti amo’ alle compagne e alle mogli. Ditelo, ditelo spesso. Dovete dirlo sempre, fatelo in questo momento. Solo questo”.

La famiglia di Giulia querela

Gino ed Elena Cecchettin, la sorella di Giulia, in queste ore hanno presentato due querele per diffamazione. “Messaggi diffamatori molto pesanti. Me ne segnalano di continuo, a decine. Lasciate in pace quest’uomo, abbiamo altro a cui pensare”, dice Stefano Tigani, l’avvocato di Gino. Il legale punta il dito contro post apparsi sui social, da Facebook a TikTok. “Seguiranno altre denunce – dice Tigani –. Per quanto riguarda gli autori dei post, “quasi tutte le persone sono da individuare”. Tanto per cambiare, non mancano i complottismi. Come l’incredibile accusa secondo la quale Gino si muova “lucidamente”, da esperto informatico, per promuovere la sua azienda. Una seconda querela per diffamazione è stata fatta invece da Elena nei confronti del consigliere regionale ed ex consigliere della lista Zaia, Stefano Valdegamberi che in un post aveva scritto che la sorella di Giulia “ha simboli satanici e fa la recita”.

La storia di Giulia Cecchettin

Domani, 11 dicembre, sarà passato un mese dalla morte di Giulia. La sera di sabato 11 novembre, attorno alle 23,15, la studentessa è stata aggredita e sequestrata a centocinquanta metri da casa dall’ex fidanzato, che l’ha portata in macchina nella zona industriale di Fossò dove poi l’ha uccisa. Turetta, che secondo quanto emerso non accettava la fine della relazione, l’ha colpita a coltellate più volte, anche alle mani perché lei cercava di difendersi. Un fendente è stato fatale, quello che ha colpito l’arteria basilare. Lo studente ha poi iniziato la sua lunga fuga: ha abbandonato il corpo della vittima nella zona del lago di Barcis, in Friuli, e ha guidato fino in Germania, dov’è stato arrestato per essere poi riconsegnato all’Italia. Ora si trova nel carcere di Montorio, a Verona. Ha confessato il femminicidio, aggiungendo che non sa cosa gli sia “scattato” in testa quella sera: parole, pronunciate con il suo avvocato a fianco, che sono state interpretate come un tentativo di evitare l’aggravante della premeditazione, che ancora di più gli farebbe rischiare l’ergastolo. Ma che evocano anche l’idea di chiedere una perizia o quantomeno una consulenza psichiatrica, scelta difensiva che al momento non è stata messa in atto. Il prossimo 18 dicembre, Turetta compirà 22 anni. Il primo compleanno in carcere.

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