Al Sud si muore prima che al Centro-Nord. Le conseguenze drammatiche della sanità a due velocità

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Una rincorsa senza fine, che via via diventa più difficile per chi è in svantaggio. La sanità del Sud continua ad allontanarsi da quella del Nord e le conseguenze le scontano i cittadini. Nelle regioni meridionali si vive mediamente un anno e mezzo in meno rispetto a quelle del centro e settentrionali. L’aspettativa di vita per gli uomini è infatti di 79,5 anni, contro 81 e quella delle donne 83,9 contro oltre 85. I dati sono nel rapporto di Svimez “Un Paese due cure” che viene presentato oggi dall’istituto e da Save the children.

Il sottofinanziamento italiano

Da tempo e da più parti si sottolinea come l’Italia spenda troppo poco per la sanità. Le prospettive sono tra l’altro che il rapporto tra spesa sanitaria e Pil, oggi al 6,4%, scenda ancora, fino al 6,1% mentre in tanti, ad esempio le Regioni, invocano che arrivi al 7,5%. Svimez sottolinea come la spesa pubblica pro capite nel nostro Paese sia scesa del 2% tra il 2010 e il 2022, mentre è aumentata del 38% in Germania e del 32% in Francia. E le differenze con questi due Paesi sono ancora più pesanti se si va a vedere la spesa sanitaria pubblica pro capite. In Italia nel 2022 è stata di 1.971 euro, contro i 4.364 della Germania e i 3.605 della Francia. Al governo che sostiene di aver messo comunque più soldi nel fondo sanitario nazionale, Svimez ribatte che “lo stanziamento aggiuntivo per il 2025, del +0.9% cioè di 3 miliardi, non è sufficiente a compensare l’incremento dei prezzi, +2,4%. Così la spesa sanitaria reale nel 2024 si riduce di circa 30 euro pro capite rispetto al 2023”. Il tutto mentre da noi la spesa privata, a carico dei cittadini, è più alta sempre rispetto a Francia e Germania.

La povertà sanitaria

Quando le famiglie si impoveriscono per le spese legate alla salute e fanno rinunce per motivi economici a prestazioni sanitarie private, si parla di povertà sanitaria. In Italia, scrive Svimez, il numero di famiglie in difficoltà varia da Regione a Regione. Al Sud sono in questa condizione l’8,2% delle famiglie, al Centro il 5%, nel Nord-Ovest il 5,9%, e nel Nord-Est il 4%. Le maggiori cause di impoverimento sono l’acquisto di farmaci per gli over 75 e le spese odontoiatriche per le famiglie con figli.

Una vita più breve

Quanto all’aspettativa di vita, Svimez prende in considerazione un tipo di mortalità molto utile per valutare la qualità dell’assistenza sanitaria: quella oncologica. Il dato scende tra il 2010 e il 2020, perché cure e prevenzione sono migliorate in tutto il Paese. Restano però le solite differenze. Nel Mezzogiorno, per gli uomini, il tasso di mortalità per tumori ogni 10 mila abitanti è del 9.6%, contro l’8,3% del Centro, il 7,6% del Nord-Est e l’8,3% del Nord-Ovest. Per le donne la mortalità è dell’8,2% al Sud, del 7.4% al Centro, del 6,6% nel Nord-Est, del 7,2% nel Nord- Ovest. A spiegare questi numeri ci sono, tra l’altro, quelli di adesione agli screening oncologici, che sono molto inferiori nelle regioni del Sud, con poche eccezioni.

Chi si sposta per curarsi

I cittadini conoscono bene la differenza di qualità delle cure, quando si tratta soprattutto di affrontare patologie gravi come il cancro. I dati della cosiddetta mobilità sanitaria danno un quadro chiaro di quelli che un tempo si chiamavano “viaggi della speranza”. Ebbene, nel 2022 sono stati oltre 56 mila i malati oncologici al Sud e di questi il 22,1%, cioè 12.401, hanno scelto di farsi curare in una Regione del Centro-Nord. Le regioni con i dati peggiori sono la Campania e la Calabria, da dove, rispettivamente, se ne sono andati il 40.4% e il 41,4% dei pazienti oncologici. Il percorso inverso lo hanno fatto appena 800 pazienti, cioè lo 0,1% dei malati residenti al Centro-Nord.

Le proposte di Svimez

Per risolvere i problemi economici del sistema, e quindi delle Regioni “è necessario incrementare gli stanziamenti di spesa in sanità a livello nazionale, per avvicinare l’Italia agli standard europei”. Le risorse del Fondo sanitario nazionale, che quest’anno ammontano a 136 miliardi, vengono date in base a criteri demografici, pesando ad esempio l’età dei cittadini. La deprivazione socio-economica, che aumenta il tasso di incidenza di molte malattie, è considerata solo marginalmente. E’ quindi “necessario aggiornare il metodo di riparto con indicatori socio-economici legati agli effettivi bisogno di cura”, scrive Svimez. La prospettiva è che le dinamiche demografiche, con l’invecchiamento della popolazione e l’immigrazione dal Sud, porterà le regioni meridionali a perdere, nel 2080, il 7% della loro quota di finanziamento. Bisogna quindi attuare dei correttivi nel sistema di ripartizione del fondo.

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