Un plebiscito contro Bigon: non è più la vice segretaria del Pd a Verona dopo il suo ‘no’ sul fine vita

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Anna Maria Bigon, l’esponente democratica che con la sua astensione ha fatto naufragare il progetto di legge sul fine vita in Consiglio regionale del Veneto, non è più vice segretaria del Pd a Verona. E adesso c’è anche una mozione approvata in modo plebiscitario dalla direzione scaligera che, di fatto, accoglie con favore il provvedimento deciso dal segretario veronese Franco Bonfante. Un provvedimento che, è bene ricordarlo, venne subito sconfessato sia dalla segreteria regionale che da quella nazionale. “Sono esterrefatta dalla scelta del partito”, dice lei, forse ancora un po’ frastornata dalla tempesta che si è scatenata per via della sua scelta.

Il 16 gennaio scorso il consiglio regionale del Veneto è stato chiamato, primo in Italia, a esprimersi sulla proposta di legge dell’associazione Coscioni che riprende la sentenza della Corte costituzionale in tema di fine vita. Si trattava di dare una cornice medico assistenziale a una prestazione sanitaria che già viene erogata, fissando quindi tempi certi e procedure precise. Il presidente Luca Zaia e una buona parte della Lega che fa riferimento alla sua corrente hanno votato a favore, mentre Fratelli d’Italia e Forza Italia si sono espressi contro. La votazione si è conclusa con un 25 a 25, quindi niente approvazione. Decisivo è stato il voto di Anna Maria Bigon del Pd, che era stata invitata dai suoi a uscire per abbassare il quorum e far quindi passare per un solo voto la legge. Ma niente da fare. La sua ostinazione ha aperto uno scontro all’interno del partito, tra le due anime da sempre contrapposte: gli ex Ds e gli ex Margherita. Lei ha ammesso candidamente di aver condiviso tutto il percorso con Graziano Delrio, il quale ha dichiarato di essere pronto ad autosospendersi in caso di sanzioni emesse a carico della fedele veronese. Dopo una decina di giorni da quel voto il segretario veronese del Pd Franco Bonfante ha deciso di troncare con un atto formale il rapporto di fiducia con Anna Maria Bigon.

“Non credo nelle sanzioni disciplinari su temi etici ed è corretto che sia lasciata libertà di voto ma chi la pratica deve essere consapevole delle conseguenze politiche, a maggior ragione se vi erano alternative, come l’uscita dall’aula con una dichiarazione esplicativa”, ha spiegato Bonfante, subito sconfessato dal segretario regionale Andrea Martella e da Igor Taruffi del nazionale.

La direzione del Pd veronese di lunedì sera era stata convocata proprio mettere ai voti le due posizioni contrapposte. Il risultato (46 voti a favore, 2 astenuti e 1 contrario) è stato un plebiscito per Bonfante e quindi per la revoca del mandato a Bigon. A questo punto non è escluso che ci siano conseguenze anche a livello nazionale, vista l’evidente frattura all’interno dei democratici. “La libertà di coscienza esiste non solo quando è ininfluente, esiste anche quando può incidere sulla linea della maggioranza”, continua a ripetere Bigon. Ma la sua scelta ideologica apre il campo anche a un altro problema tutt’altro che facile da risolvere. Sempre lei è anche vicepresidente della Commissione consiliare Sanità in Veneto. In quella sede rappresenta quindi non solo il Pd ma anche tutte le altre forze del centrosinistra. Ed è il motivo per cui molti sostengono che dovrebbe fare un passo indietro, rispetto a quella qualifica, che genera pure una indennità mensile di 2.100 euro. Ma il Pd regionale non è intenzionato a farlo e lei passi indietro non ne fa. “Una situazione davvero poco seria”, ha commentato un’altra consigliera regionale, Elena Ostanel del “Veneto che vogliamo”.

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