Gaza, ucciso uno degli ostaggi. E fallisce un blitz per liberarli

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TEL AVIV — Hamas annuncia la morte di un ostaggio, Sahar Baruch di 24 anni, al termine di una giornata segnata dalle ricostruzioni diverse a proposito di un blitz fallito delle forze speciali israeliane. Il gruppo palestinese sostiene che alle due e mezza del mattino di venerdì una squadra israeliana che si era infiltrata in un’area di Gaza – non specificata – a bordo di un ambulanza ha tentato di assaltare un nascondiglio mentre gli aerei da guerra bombardavano con intensità, ma i carcerieri erano già stati avvertiti e l’hanno respinta.

Nello scontro dicono di avere ucciso soldati israeliani e hanno pubblicato un video che mostra l’equipaggiamento insanguinato preso a un commando. In una scena separata c’è il cadavere dell’ostaggio. L’Idf sostiene che due soldati sono stati feriti in modo serio durante un blitz per liberare ostaggi, che però non sono stati trovati sul posto, e di avere ucciso molti dei carcerieri. È stato un tentativo di ripetere il successo del 30 ottobre, quando le forze speciali israeliane liberarono con un blitz la soldata Uri Megidish.

Nei giorni scorsi, forse per pre-tattica, l’Idf aveva detto di sapere dove erano tenuti alcuni rapiti dentro Gaza ma di non avere dato il via alle operazioni di salvataggio per il timore che restassero uccisi. È un problema per la linea del governo Netanyahu, che da settimane è in rotta di collisione con le famiglie degli ostaggi fra polemiche e incontri tesi – ancora 138 sono nelle mani di Hamas – perché preferisce le operazioni militari alla mediazione. La tesi del governo è che l’invasione di Gaza favorisce la liberazione degli ostaggi quanto più guadagna terreno e mette pressione su Hamas – in questi giorni le truppe israeliane stanno combattendo dentro Khan Yunis, ultima grande città della Striscia. Le famiglie chiedono un accordo purchessia per farsi restituire i sequestrati.

Anche Hamas ha chiesto un cessate il fuoco, nel giorno della votazione al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, chiamata dal segretario generale Antonio Guterres. La mozione sottoposta al voto sostiene la necessità in base all’articolo 99 della Carta dell’Onu di chiedere un cessate il fuoco per ragioni umanitarie, considerata la situazione della Striscia, è stata scritta dagli Emirati Arabi Uniti ed è sostenuta da molti Paesi arabi e islamici. Gli Stati Uniti però hanno messo il loro veto perché dicono che la fine dei combattimenti adesso favorirebbe Hamas «e pianterebbe il seme della prossima guerra», come ha dichiarato il vice ambasciatore americano alle Nazioni Unite, Robert Wood.

Sul fronte nord, lontano da Gaza, continuano gli scambi di fuoco fra gli israeliani e il gruppo libanese Hezbollah, che dal 7 ottobre spara razzi e missili controcarro attraverso il confine in segno di solidarietà con Hamas, ma si guarda bene dal cominciare una guerra. I miliziani di Hezbollah morti in questa operazione dimostrativa sono arrivati a 97, ai quali si potrebbero aggiungere altri quattro miliziani siriani di un gruppo affiliato a Hezbollah uccisi da un drone israeliano a Quneitra, nel sud della Siria. Anche loro, come i cugini libanesi, nei manifesti funebri sono definiti “martiri sulla via per Gerusalemme”.

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