“Quell’uomo era a casa nostra”: la testimonianza della madre che ha incastrato il killer dell’infermiera uccisa

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“Era stato a casa nostra fino a poco prima. Il suo amico marocchino è l’ultimo che l’ha vista”. È stata la testimonianza della mamma di Rossella Nappini, l’infermiera uccisa ieri al quartiere Trionfale, a indirizzare sin da subito le indagini della squadra mobile sul 45enne fermato con l’accusa di femminicidio. L’uomo, di nazionalità marocchina, era salito nella casa di via Giuseppe Allievo, dove Rossella viveva da due anni insieme all’anziana madre. Poi, una volta sceso, le ha teso un agguato con un coltello. Rossella Nappini avrebbe cercato di difendersi in ogni modo, ma il 45enne l’ha colpita almeno venti volte, ferendola al collo, all’addome e sul braccio.

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Decisiva oltre alla testimonianza della madre, anche quella di una vicina di casa. La donna, che ha sentito le grida provenire dall’androne del civico 63, si è affacciato alla finestra e ha visto il killer fuggire. Immediatamente i poliziotti si sono messi sulle tracce del 45enne del Marocco, le ricerche sono durate diverse ore, fino a quando l’uomo è stato fermato. Ora si trova in carcere a Regina Coeli.

Rossella Nappini e il 45enne marocchino avevano avuto una relazione, che la donna, così raccontano le sue colleghe, aveva deciso di troncare. Nonostante questo i due erano rimasti in contatto. Tanto che l’uomo si presentava spesso in via Giuseppe Allievo, dove l’infermiera del San Filippo Neri. Sono molte le testimonianze dei vicini che avevano sentito i due litigare ad alta voce. Alle sue colleghe di ambulatorio, Rossella aveva raccontato di aver subito diversi episodi di stalking. Violenze psicologiche e non solo, che la donna non aveva mai denunciato alle forze dell’ordine.

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