Renato Zero, è il tempo dell’impegno: “Scendiamo in piazza contro il potere”

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“Le donne oggi pagano per tutto ciò che gli uomini non riescono a realizzare e subiscono tutta la loro rabbia”: a Milano per presentare il suo ultimo lavoro Autoritratto, Renato Zero ha esordito con un pensiero rivolto a tutte le vittime della violenza maschile. “Se gli uomini potessero partorire – sono state le sue parole – Non succederebbero certe cose. A fronte di certi fatti, trovo incredibile che ancora non si impari la lezione”.

Per l’artista, i ragazzi crescono già vittime di violenza, che spesso si annida in famiglia: “Se un padre dice ad una madre sei una zo**ola, questa espressione raggiunge i figli, che poi loro ripropongono quando raggiungono un microfono. Non dobbiamo essere noi quelli che giudichiamo il ragazzo, la risposta dobbiamo cercarla presso le famiglie”.

Scendere in piazza

È un Renato Zero particolarmente netto e combattivo, quello che invita tutti, a partire dai suoi fan, a scendere in piazza a manifestare “contro un potere non legittimo, non meritevole di esistere. Ho invitato il mio pubblico a scendere in piazza e non rimanere tra le quattro mura a piangersi addosso. L’ottenimento di certe vittorie avviene in piazza, mettendo faccia e proprio nome mai come ora questa piazza dovrebbe ripopolarsi. Siamo scesi in piazza per cose molto più leggere”, ha aggiunto Zero, che invita ad uscire di casa e a mollare la tv “che è un altro sonnifero e un’altra bugia, una macchinazione. Quello che offre la tv è vergognoso e vorrei tanto ricredermi sull’utilizzo di queste telecamere e informazioni, invece siamo messi male. Alla tv abbiamo dato tempo e importanza eccessivi e non abbiamo riservato il tempo agli amici, ai figli, ai nostri compagni e compagne”.

Le urla di Renato Zero davanti all’hotel di Giorgia Meloni: “E’ un regime, str***i! Votate la me**a che siete”

L’ultimo disco

“Ho voluto tirare delle somme, per quanto mi riguarda questa è una attitudine che ricorre”, ha poi detto, parlando del nuovo album che uscirà l’8 dicembre, dopo una serie di indizi e un countdown che campeggiava sulle sue pagine social. Ma le sorprese non sono finite: l’artista da marzo sarà protagonista di una serie di concerti evento a coronamento di una ultracinquantennale carriera musicale. Anche se, alla fine, “si riparte sempre da Zero”, dice facendo un gioco di parole. E ammette: “L’orizzonte si sta restringendo. A 73 anni il fatto di stare ancora qui è già un risultato”.

‘Autoritratto’

E nel disco, in cui Zero propone una sorta di autoanalisi, sono tanti i temi affrontati: da Quel bellissimo niente una dichiarazione d’amore per i suoi fan (“mia bellissima gente abbi cura di te e di me”) a Eccoci qui (“dall’avidità siamo stati corrotti”, canta facendo riferimento all’attualità). Poi una riflessione sulla vita (“io sono un avventuriero ed ho viaggiato tanto ma che meta avevo?”) e un’auto dichiarazione d’amore in Non ti cambierei (“uniti è bello, passione e lealtà. Scopriamo insieme cos’è l’eternità!) e una riflessione intima in Zero a zero (“eccomi qui, bambino un po’ precario. Io nel mio Dna sempre al contrari”. E poi Fortunato: “Fortunato ad essere Renato sono fortunato ad essere così fortunato ad essermi salvato fortunato infatti sono ancora qui ho le spalle larghe e gli occhi al cielo così fiero e così vero io. Mi piaccio”.

Renato Zero, la cover del nuovo disco "Autoritratto"

La cura dell’ego

Renato Zero pone l’accento sulla necessità della “salvezza verso noi stessi”. Perché “spesso – dice – il primo nemico di noi, siamo noi. La depressione non arriva da una volontà personale, ma c’è il rischio che l’ego si ammali. Questa doppiezza che ho cantato anche nel tour precedente, con questo Zero che reclamava un primato. Ho dovuto fare in modo che queste due entità potessero vivere nello stesso corpo, è il problema degli inquilini: una volta entrati non li puoi più cacciare”.

A Firenze la prima del tour di Renato Zero, Mandela Forum tutto esaurito

Il ricordo di Raffaella Carrà

“Ultimamente ho perso alcuni amici – aggiunge – Questa privazione non ti dà più appoggi. Raffaella (Carrà ndr.), se ne è andata via che non aveva ancora festeggiato il 79esimo compleanno. Era mia vicina di casa e me la immaginavo a 90 anni con il plaid sulle gambe a cantare Tuca tuca. Quello che ho fatto è anche una analisi fisiologica, per capire se sono ancora in grado di raggiungere il palco, il microfono. Questa analisi mi ha dato la possibilità di non essere reticente nei confronti del pubblico”.

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Il rapporto con i fan

Un pubblico, il suo, con cui ha da sempre un rapporto speciale: “Ho speso 140mila euro per far sedere il mio pubblico al Circo Massimo, per non farli stare in piedi con i bambini in braccio o farli scivolare con due gocce d’acqua. Ma lo rifarei altre mille volte”, dice con enfasi.

Ed è sempre quel pubblico a cui a volte nei concerti, “chiedo la possibilità di cantare i brani da solo, senza il coro. Ma una volta che il pubblico si impossessa della partitura io divento muto, non è più necessario dimostrare nulla, essere esigente verso se stessi”.

I traguardi

“Io non avrei minimamente sospettato di essere quello che sono oggi, con il gradimento e il rispetto di un sedicenne che mi chiama maestro. È un ruolo che non mi sento di ricoprire, però eccomi qua con dei traguardi che non avrei mai sognato di raggiungere. Il mio è stato un gioco diventato una professione e anche un pronto soccorso, visto che ha curato molti mali delle persone”.

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