Gaza, dall’offensiva nel Nord, alla battaglia di Khan Yunis, a che punto è la guerra?

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A che punto è arrivata la guerra di Israele contro Hamas in sessantacinque giorni? Il primo fattore da tenere in considerazione è che non si tratta di uno scontro convenzionale, ma di una lotta portata avanti in mezzo a due milioni e trecentomila civili palestinesi che sopravvivono con mezzi di fortuna a una catastrofe umanitaria. Le loro condizioni diventano più dure di giorno in giorno e nelle ultime settimane si sono concentrati soprattutto al Sud, vicino al confine con l’Egitto, ma ci sono ancora centinaia di migliaia di persone anche nel settore Nord. La battaglia continua e per Israele potrebbe andare avanti per mesi.

Dall’inizio a oggi

Quando l’Idf ha cominciato l’invasione la sera del 27 ottobre ha tagliato per prima cosa la Striscia in due metà, all’altezza del Wadi Gaza, il letto di un fiumiciattolo che separa il nord dal sud. Oggi le truppe israeliane nella metà Nord della Striscia controllano ampie porzioni di Gaza City, soprattutto vicino al mare. Poi andando verso est, quindi con le spalle al mare, il loro controllo diventa sempre più tenue fino ad arrivare a due grandi aree molto dense e abitate nell’entroterra, che sono diventate campi di battaglia. Una è Jabalia, da dove arrivano ogni giorno notizie di combattimenti violenti – le fonti sono sia l’Idf sia brigate Ezzedine al Qassam di Hamas – e l’altra è Shajaiya, dove i combattimenti sono cominciati più di recente ma con uguale intensità.

Gli aggiornamenti sul settore Nord in questi giorni riguardano quasi sempre queste due zone, dove Hamas è forte e dove si concentrano i raid aerei. Il 31 ottobre un bombardamento israeliano su Jabalia ha ucciso 126 persone e di queste 69 erano minorenni, sostiene una ricostruzione fatta con fonti locali da Airwars, un sito indipendente che studia nel dettaglio le conseguenze dei bombardamenti sulle popolazioni civili.

La struttura militare di Hamas

Hamas ha una struttura militare che ricalca quella di un esercito convenzionale, secondo le ricerche di due think tank americani – il Critical Threats Project e l’Institute for the Study of War – che ieri hanno pubblicato uno studio assieme. Ci sono cinque brigate di combattenti che si stima abbiano circa trentamila uomini. Due sono nel Sud, una è al centro della Striscia e due sono al Nord. Dei diciannove battaglioni che formano le tre brigate nel centro-nord sette non sono più in condizione di combattere, secondo la valutazione dei ricercatori. Altri sei battaglioni hanno subito danni pesanti. L’esercito israeliano sostiene di avere ucciso settemila combattenti di Hamas e se per ogni ucciso c’è anche un ferito – una stima abbastanza cauta – vuol dire che il cinquanta per cento dei combattenti di Hamas non può più combattere. Sembra un dato impressionante, ma c’è da contare che la campagna aerea israeliana in corso a Gaza è descritta come una delle più letali di sempre (analisi fatta dal Financial Times), alla pari con altre che sono rimaste nella Storia per le conseguenze tragiche sulla popolazione, come il bombardamento di Dresda. Inoltre i combattimenti a terra fra quel che resta dei palazzi e delle strade sono duri: dal giorno dell’invasione di terra Hamas ha ucciso 97 soldati e ne ha feriti in modo grave 127, secondo i dati distribuiti dell’esercito israeliano. Vuol dire che si combatte sul serio. È più o meno il numero di morti fra i soldati americani nei mesi peggiori della guerra in Iraq, ma in questo caso in un territorio di quarantadue chilometri di lunghezza per dieci di larghezza. Sembra decisamente credibile che l’attrito della guerra abbia devastato alcuni battaglioni palestinesi.

La battaglia di Khan Yunis

Al centro della Striscia c’è una zona dove l’esercito di Israele non ha ancora messo piede e dove le abitazioni sono meno numerose e più sparse e c’è una zona per ora non toccata anche all’estremo Sud, a Rafah, sul confine con l’Egitto. Nella metà meridionale la battaglia per adesso è a Khan Yunis, seconda città per grandezza, che sarebbe già stata circondata. Ci sono stati avvistamenti di carri israeliani nel centro, quindi si sta combattendo sia all’esterno sia all’interno. Per ora la situazione non è ancora definita.

In generale non è una guerra come le altre, dove il territorio del nemico è inaccessibile per definizione e diventa accessibile soltanto dopo aspre battaglie. In teoria i carri israeliani possono andare dappertutto, ma un conto è raggiungere un punto preciso della Striscia e un altro è controllare a tempo indeterminato un quartiere di Gaza. Sono cose diverse. I carri possono avanzare, ma poi alle loro spalle si formano concentrazioni di combattenti di Hamas. E questo si spiega anche con il fatto che il sottosuolo è attraversato da tunnel segreti con sbocchi multipli. L’esercito pochi giorni fa ha detto di avere distrutto ottocento di queste aperture, ma il dato suggerisce che ce ne siano ancora moltissime altre da scoprire.

Hamas sta crollando?

Fonti militari e d’intelligence dicono alla stampa israeliana che stanno osservando Hamas collassare in alcuni punti e uomini arrendersi in massa – ci sono stati casi di arresti di massa filmati e fotografati negli ultimi cinque giorni, ma alcuni degli arrestati erano sicuramente palestinesi ordinari e non combattenti. In parte sono già stati rilasciati. Tra gli uomini di Hamas, continuano le fonti, si sente anche parlare male dei leader, che sarebbero sempre nascosti nei tunnel e quindi incapaci di realizzare cosa sta succedendo in superficie: sarebbero “dissociati dalla realtà”. E fra loro c’è anche Yahia Sinwar, che per gli israeliani è diventato l’obiettivo finale della guerra. Trovato lui, comincerebbe la fine dell’invasione. Potrebbe trattarsi di tattica psicologica militare da parte di Israele, spargere la voce che Hamas è al punto di rottura e che non ha più il controllo completo dei suoi uomini sul terreno, ma questi combattimenti sono pesanti davvero anche per i più estremisti.

Proprio perché la Striscia è ormai divisa in tanti sottocampi di battaglia dove le cose vanno in modo così diverso, quando si parla della fine della guerra le stime variano. C’è chi dice ancora “un mese”, quindi a gennaio, e chi “mesi”, con una lunga fase di guerriglia a bassa intensità a seguire da parte di Hamas.

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