René Benko, dai sottotetti ai grattacieli. Chi è lo scalatore dell’immobiliare salito troppo in alto

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Nelle vetrine di Selfridges affacciate su Oxford Street a Londra, uno scenografico meccanismo copre e scopre le decorazioni all’interno con delle tende rosse di velluto che si aprono e chiudono a intermittenza. Per René Benko, ormai ex co-proprietario del monumentale centro commerciale britannico, secondo solo a Harrods per dimensioni, il sipario invece potrebbe essersi chiuso una volta per tutte. Il fallimento di Signa Holding, la società a capo di un intricato groviglio di asset che al suo massimo splendore è arrivato a sfiorare i 30 miliardi di dollari di patrimonio, con beni come il Chrysler Building a New York o l’hotel Bauer a Venezia in portafoglio, segna probabilmente la fine della corsa dell’ex enfant prodige austriaco dell’immobiliare. L’epilogo di una vicenda personale e imprenditoriale segnata da amicizie influenti e mosse spregiudicate ma che si è mossa sempre e solo verso un’unica direzione: l’altezza.

A 14 anni – racconta la Faz – si posiziona tra i primi dieci classificati in un gara di arrampicata indoor, pochi anni più tardi abbandona gli studi non ancora maggiorenne e continua a guardare all’insù, questa volta per dedicarsi all’attività che gli cambierà la vita: il recupero di vecchi sottotetti a Innsbruck, la città in cui è nato nel 1977. Non ci sono capitali di partenza o aiuti di famiglia: Benko è figlio di una maestra di asilo e di un impiegato municipale. Comprare, ristrutturare e affittare o vendere: l’imprenditore comincia così a costruire la sua piccola fortuna.

Il crac di Signa suona l’allarme sugli intrecci pericolosi tra banche e immobili

Fonda la sua prima società a 22 anni ma deve parte del suo successo all’incontro nel 2001 con Karl Kovarik, giovane erede di una famiglia proprietaria di diverse stazioni di servizio in Austria. Cinque anni dopo nascerà Signa, la società madre dell’impero di Benko. Nella seconda metà dei primi anni Duemila, quando Benko è in rapida ascesa, stringe contatti con Alfred Gusenbauer, presidente del Partito socialdemocratico austriaco e cancelliere nel biennio 2007-2008. Dal 2010 Gusenbauer diventa presidente del consiglio di sorveglianza di Signa Prime e nel 2015 assume un incarico ancora piedi rilievo in Signa Development.

Nel decennio successivo, Benko si avvicina al Partito popolare austriaco (ÖVP) e in particolare a quello che diventerà prima il suo leader e poi il cancelliere del Paese, Sabastian Kurz. «Oltre a quello con Gusenbauer, il legame con Kurz è stato uno dei più importanti», sottolinea Marcus How, Head of Research & Analysis della società di consulenza finanziaria VE Insights. «Quando era cancelliere, Benko ha potuto incontrare Putin a Vienna, così come viaggiare con le delegazioni commerciali negli Emirati Arabi o in Arabia Saudita. E quando Kurz si è dimesso, il suo filo diretto con la cancelleria è svanito dalla notte alla mattina». Secondo How, però, alla fortuna di Benko hanno concorso non solo i legami con il mondo politico ma anche quelli del mondo produttivo. «Il successo di Benko si è basato in gran parte su entrambi i fattori. La sua capacità di vendere sia l’azienda sia se stesso come elementi di spicco è stata fondamentale, conquistando i dirigenti delle aziende blue chip. Offriva ai creditori rendimenti del 6-8% sui loro investimenti; una proposta molto allettante. In questo senso le connessioni politiche sono state importanti come accesso a potenziali investitori», spiega l’analista.

Signa, l’azzardo di Benko e il crollo dell’immobiliare a debito

Si arriva agli azzardi, la scommessa costante sull’aumento del valore degli immobili, alimentata da una lunga stagione di tassi bassissimi che è stato il motore principale della sua fortuna grazie alla possibilità di finanziare i suoi progetti a costi molto bassi. Si racconta che al massimo del successo Benko si pavoneggiasse che solo la Corona britannica e la Chiesa Cattolica potessero vantare un portafoglio immobiliare più esclusivo del suo. Di certo la sua ricchezza è cresciuta a dismisura insieme ai progetti immobiliari. Comincia da Innsbruck, con la riconversione del vecchio edificio Kaufhaus Tyrol nel 2004 in un centro commerciale moderno. Quindi un’altra serie di operazioni analoghe tra Austria e Germania. Una delle più rilevanti, l’acquisto e la successiva fusione tra la catene di grandi magazzini Karstadt e Galeria Kaunhof.

Se Benko non ha mai avuto paura di rischiare è anche per la solida rete di sostenitori nel mondo delle imprese. Dal miliardario del settore della logistica Klaus-Michael Kühne alla famiglia Peugeot, fino ad Hans-Peter Haselsteiner, ex numero uno del colosso delle costruzioni Strabag, e uno degli uomini più ricchi d’Austria. La pandemia prima, con il calo del valore di alcune proprietà ma soprattutto l’aumento dei tassi di interesse che ha reso molto più costoso lo sviluppo dei progetti immobiliari ha finito per interrompere la corsa verso l’alto di Benko.

Ad Amburgo, lo skyline regala la rappresentazione più nitida del collasso del suo impero. I lavori della Elbtower, uno dei progetti di punta di Signa e destinato a diventare il terzo edificio più grande del Paese, ora rischiano di fermarsi proprio a causa del crac del miliardario austriaco. Che a 30 anni dai suoi inizi nei sottotetti di Innsbruck, rischia di mancare l’ultima e più importante ristrutturazione: quella del suo impero.

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