Iran, dopo 17 mesi libere le reporter che denunciarono la morte di Mahsa Amini

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TEHERAN – Le giornaliste iraniane Niloufar Hamedi ed Elaheh Mohammadi, che denunciarono la morte di Mahsa Amini, la giovane curda morta dopo l’arresto perché non indossava il velo in modo corretto, sono state rilasciati oggi su cauzione dopo 17 mesi in carcere.

Secondo i media locali, la Corte d’appello ha acconsentito al rilascio con una cauzione di 100 miliardi di rials per ciascuno, poco più di 2mila euro. Hamedi, fotoreporter del quotidiano riformista Shargh, e Mohammadi, del quotidiano riformista Ham-Mihan, sono stati condannate a ottobre rispettivamente a 13 e 12 anni di carcere per “collegamento con uno Stato ostile (gli Usa)”.

La Corte rivoluzionaria di Teheran aveva accusato le giornaliste appunto di collaborazione con il governo americano, collusione contro la sicurezza nazionale e propaganda contro il sistema, secondo il sito di notizie Mizanonline.ir, affiliato alla magistratura del paese.

Nel maggio 2023, le Nazioni Unite hanno assegnato alle due reporter il ??primo premio per la libertà di stampa per il loro impegno nei confronti della verità e della responsabilità.

La morte di Amini ha scatenato proteste durate mesi in decine di città in tutto l’Iran. Le manifestazioni hanno rappresentato una delle sfide più serie per la Repubblica Islamica da quando le proteste del Movimento Verde del 2009 hanno portato milioni di persone in piazza.

Durante le manifestazioni siano stati arrestati quasi 100 giornalisti, i resoconti di Hamedi e Mohammadi sono stati cruciali nei giorni successivi alla morte di Amini per spargere la voce. Le loro detenzioni hanno suscitato critiche internazionali.

Dall’inizio delle proteste, secondo gli attivisti per i diritti umani in Iran, almeno 529 persone sono state uccise dalle forze di sicurezza durante le manifestazioni. Oltre 19.700 altri sono stati arrestati dalle autorità nel corso di una violenta repressione nel tentativo di reprimere il dissenso. Per mesi l’Iran non ha fornito dati complessivi sulle vittime, pur ammettendo che decine di migliaia di persone sono state detenute.

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