Cambia il decreto migranti, i minori dai 16 anni restano nei Centri per gli adulti fino a 5 mesi

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I minori migranti non accompagnati che hanno compiuto i 16 anni potranno finire nei Centri di accoglienza per gli adulti per 5 mesi. Il decreto che riforma la disciplina di accoglienza degli stranieri, per il quale il Governo ha chiesto ora il voto di fiducia che sarà votato lunedì 27 alla Camera, prevedeva che il periodo di permanenza di questi minori fosse di 90 giorni. Ma ieri, con un subemendamento presentato in Commissione Affari Costituzionali, dal deputato della Lega Igor Iezzi, ai 90 giorni se ne potranno aggiungere altri 60, arrivando così a complessivi 150 giorni, 5 mesi. E’ questa una delle misure più contestate dalle opposizioni.

“5 mesi: una follia”

Nel testo si stabilisce anche che l’attivazione delle strutture di prima accoglienza avvenga “sulla base delle esigenze del territorio e dell’entità degli arrivi in frontiera o dei rintracci” e si “elimina la possibilità per gli enti locali di gestire tali strutture” tramite convenzione con il Ministero dell’Interno. Si consente, quindi, di realizzare o ampliare i CAS (Centri di Accoglienza straordinaria) per minori, in deroga al limite di capienza, nella misura massima del 50%. “Una follia – commenta il segretario di +Europa Riccardo Magi – quella di consentire il sovraffollamento dei centri minorili visto che l’Italia è già sanzionata in Europa per il sovraffollamento delle carceri e di luoghi indegni come i Cpr”.

Nei centri per adulti

Nei Centri in cui vengono rinchiusi i migranti adulti si potrà tollerare, sempre a causa del decreto, un sovraffollamento del 100%. In presenza di “arrivi consistenti e ravvicinati di minori non accompagnati”, qualora l’accoglienza non possa essere assicurata nei Centri previsti, si stabilisce che ne vengano attivate altre (esclusivamente dedicate ai minori) con capienza massima di 50 posti” per ogni struttura. Queste “possono essere realizzate anche in convenzione con gli enti locali”. Ma nel decreto si prevede anche che quando l’impugnazione presentata dal migrante contro l’espulsione sia dichiarata inammissibile, il difensore non abbia diritto alla liquidazione del compenso e il giudice dell’impugnazione ne deve dare atto nel “provvedimento decisorio”. “Il che – commenta Matteo Mauri del Pd – significa negare il diritto alla difesa che è costituzionalmente tutelato”. Nel testo si prevede, inoltre, che non sia ammesso l’ingresso in Italia dello straniero che risulti condannato, anche con sentenza non definitiva, per lesioni personali commesse contro persone incapaci, minori o infermi o che abbiano provocato una malattia superiore a 20 giorni. Ma porte chiuse anche al migrante che abbia commesso reati “relativi a pratiche di mutilazione genitale femminile” e che abbiano comportato “lesioni permanenti al viso”.

Il ministro decide l’espulsione

Secondo il provvedimento, dovrà essere il ministro dell’Interno a decretare l’espulsione dello straniero che, pur soggiornando da lungo tempo in Italia, “costituisce una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato”, mentre, nei casi in cui ricorrano gravi motivi di pubblica sicurezza, l’espulsione sarà disposta dal Prefetto. Si ribadisce, inoltre, la competenza del giudice amministrativo nell’esame dei ricorsi contro i provvedimenti di espulsione disposti dal Viminale e quella del giudice ordinario contro quelli del Prefetto.
Il Questore ha la facoltà di negare l’autorizzazione al rientro in Italia, qualora la presenza dell’interessato possa procurare gravi turbative o grave pericolo all’ordine pubblico o sicurezza pubblica. Prima l’autorizzazione era concessa in modo automatico. Si riduce da 30 a 15 giorni (e da 60 a 40 giorni se il ricorrente risiede all’estero) il termine per presentare ricorso contro l’espulsione di stranieri che hanno il permesso di soggiorno UE di lungo periodo.

Più personale di polizia nei consolati

Con il dl si autorizza anche l’assegnazione fino a 20 unità di ispettori e sovrintendenti di Polizia, presso ambasciate o consolati. E si stabilisce che la domanda di protezione internazionale non si perfezioni nel caso in cui lo straniero non si presenti in Questura per gli adempimenti richiesti. Si dispone la riduzione da 12 a 9 mesi del periodo di sospensione della domanda, prevista nel caso in cui il richiedente asilo si allontani senza giustificazione dai centri di accoglienza o si sottragga al trattenimento negli hotspot e nei Centri di permanenza per il rimpatrio.

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