Amministrative: Schlein archivia le primarie ma dalla Puglia al Piemonte le candidature del centrosinistra sono in stallo

Pubblicità
Pubblicità

Sembra un paradosso: la segretaria del Pd che tutto deve alle primarie – non ci fossero state, avrebbe vinto Stefano Bonaccini, arrivato primo nel voto degli iscritti – ha di fatto archiviato le primarie per la scelta dei prossimi candidati sindaci e governatori. Nei primi sei mesi del 2024 si vota infatti in quattro regioni e circa 4mila comuni e quasi ovunque Elly Schlein ha ammainato i gazebo in nome di un’esigenza superiore: la costruzione del campo dell’alternativa. Arrivando perfino a teorizzarlo, nonostante l’elezione diretta dei candidati e dei leader sia uno degli elementi costitutivi del Pd: “Le primarie restano uno strumento valido ma dipende dal contesto locale”, spiega la segretaria dem in una pausa dei lavori della Camera. “In alcuni territori si fanno, in altre la coalizione trova un accordo”. Peccato solo che le alleanze fin qui fatte restino quasi sempre monche e a macchia di leopardo; i diktat dei Cinquestelle hanno spesso la meglio; si ricorre ai candidati civici soltanto quando la sconfitta è pressoché sicura. Ragion per cui Schlein – come pure Giuseppe Conte – rischia di arrivare piuttosto malconcia alla cruciale sfida delle Europee.

In Sardegna, dove si vota a febbraio, la segretaria del Pd ha stretto l’accordo con Conte sulla vicepresidente del Movimento Alessandra Todde come candidata presidente dell’alleanza giallorossa, in una regione che dopo la deludente performance di Christian Solinas (non per caso Giorgia Meloni non lo vorrebbe ricandidare) appare contendibile. Il fatto è che, nel frattempo, ha deciso di correre anche l’ex governatore e tra i fondatori del Pd Renato Soru, il quale aveva chiesto le primarie; gli sono state negate perché i 5 Stelle non le volevano. E adesso, nonostante l’appello all’unità della figlia di Soru, Camilla, che fa la consigliera dem a Cagliari e invece apprezza Todde, il centrosinistra teme l’autogol.

In Abruzzo, dove da quasi cinque anni governa un fedelissimo della premier, per le elezioni di marzo si è trovata un’intesa su un civico, l’ex rettore di Teramo Luciano D’Amico, di area Pd. L’impresa però è al limite del possibile, i sondaggi lo danno staccato da Marco Marsilio di 20 punti, però in compenso la coalizione tiene assieme tutto il centrosinistra, da Calenda a Conte, passando per Renzi. Ma tanto, a meno di un miracolo, la debacle è annunciata.

Anche in Basilicata, dove si vota ad aprile, il candidato di area Pd è un civico: in fondo a svariate tensioni è stato scelto Angelo Chiorazzo, presidente di Auxilium, cooperativa che gestisce diversi centri di accoglienza per migranti. Un po’ chiacchierato ma sempre assolto, nella vita ha avuto due fari: Giulio Andreotti e Gianni Letta, che nel 2008 avrebbe voluto candidarlo nelle liste del Pdl. La coalizione ancora non c’è, ma complici gli ottimi rapporti di Roberto Speranza (che è di quelle parti) con Giuseppe Conte, il Pd è ragionevolmente convinto di chiudere con il M5S e forse pure con gli altri.

In Piemonte dove si vota a giugno assieme alle Europee, invece, si è ancora in alto mare. L’idea era di metterla in relazione con la Sardegna – una regione al Pd, una ai 5 Stelle – ma Chiara Appendino, che tiene il dossier piemontese per il Movimento, si è convinta che contro l’uscente del centrodestra Alberto Cirio comunque si perde, quindi meglio andare ognuno per conto proprio. La ex sindaca di Torino non dimentica gli screzi, se non la guerra, subita quando era alla guida della città da un bel pezzo di dem, con in primis il suo successore Stefano Lo Russo. Ora comunque nel Pd il braccio di ferro è tra l’ex presidente del Consiglio regionale Daniele Valle, legato per l’appunto a Lo Russo, e Chiara Gribaudo, deputata vicina alla segretaria: senza l’apporto del Movimento è di sicuro una corsa a chi si schianta meglio. Con Gribaudo va detto che qualche possibilità in più di chiudere un insperato accordo giallorosso ci sarebbero.

Oltre alle regionali, però, si vota anche in comuni di peso: Firenze, Bari, Cagliari, Bergamo, Livorno, tra gli altri. Nel capoluogo toscano per il dopo-Nardella il Pd ha scelto Sara Funaro, mentre il M5S non si sa bene ancora cosa farà. A Bari finisce l’esperienza di Antonio Decaro e la coalizione larga sembra ben impostata secondo lo schema no-primarie, anche se sul nome non c’è una schiarita. Nel capoluogo sardo si è già fatto avanti Massimo Zedda, sindaco per due volte e ai tempi vicino a Sel e oggi a Sinistra Italiana, ma è ancora presto per capire se sarà davvero lui il candidato del centrosinistra, e se il M5S sarà della partita. Giorgio Gori ha terminato la sua esperienza a Bergamo e il Pd ha già scelto la possibile erede, Elena Carnevali; non si è ancora chiusa la possibilità di un ingresso del M5S in coalizione, entro Natale si capirà ma l’ipotesi non è quotatissima. Mentre a Livorno il Pd, che aveva riconquistato la città quattro anni fa dopo l’esperienza 5 Stelle, tenterà di riconfermare Luca Salvetti. L’alleanza con il Movimento è lontana: il partito di Conte sta lavorando ad un fronte con la sinistra radicale.

Pubblicità

Pubblicità

Go to Source

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *