Ucraina, è tempo di cambiare

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La controffensiva ucraina sembra essersi fermata, proprio quando il freddo e la pioggia caratterizzano la fine della seconda stagione del tentativo di Kiev di neutralizzare l’aggressione russa. Al tempo stesso, la volontà politica di continuare a offrire aiuti militari ed economici all’Ucraina sta iniziando a esaurirsi, sia negli Stati Uniti sia in Europa. Queste circostanze impongono una rivalutazione a tutto tondo delle strategie portate avanti al momento dall’Ucraina e dai suoi partner.

Da tale analisi complessiva emerge una scomoda verità, nello specifico che l’Ucraina e l’Occidente stanno percorrendo una traiettoria insostenibile, caratterizzata da una lampante discrepanza tra i fini e i mezzi a disposizione. Gli obiettivi bellici di Kiev – l’espulsione dei soldati russi dal territorio ucraino e il pieno ripristino della sua integrità territoriale, Crimea inclusa – restano inviolabili a livello legale e politico. Ma dal punto di vista strategico, sono obiettivi fuori portata, di sicuro a breve termine e assai probabilmente anche più in là.

Per Washington è arrivato il momento di mettere a punto una nuova politica che allinei al meglio i fini perseguibili e i mezzi disponibili. Gli Stati Uniti dovrebbero iniziare le consultazioni con l’Ucraina e i suoi partner europei riguardo a una nuova strategia imperniata sulla disponibilità dell’Ucraina a negoziare il cessate-il-fuoco con la Russia e al tempo stesso a spostare la sua enfasi militare dall’offensiva alla difesa. Kiev non dovrebbe rinunciare al ripristino della sua integrità territoriale o al tentativo di far sì che la Russia risponda legalmente ed economicamente della sua aggressione, ma dovrebbe ammettere che le sue priorità a breve termine devono cambiare, passando dal tentativo di liberare più territorio possibile alla difesa e ripristino di oltre l’80 per cento del Paese che è ancora sotto il suo controllo.

La Russia potrebbe respingere l’offerta dell’Ucraina di un cessate-il-fuoco, ma anche nel caso in cui il Cremlino arrivasse a dimostrarsi intransigente, il passaggio dell’Ucraina dall’offensiva alla difensiva limiterebbe le perdite continue di suoi soldati, consentirebbe di indirizzare più risorse nella difesa a lungo termine e nella ricostruzione e consolidare il sostegno dell’Occidente dimostrando che Kiev ha una strategia che funziona, finalizzata a perseguire obiettivi perseguibili. A più lungo termine, questa svolta strategica farebbe capire chiaramente alla Russia che non potrà semplicemente sperare di sconfiggere l’Ucraina e la volontà dell’Occidente di sostenere quest’ultima. Prendere coscienza di ciò alla fine potrebbe convincere Mosca a passare dal campo di battaglia al tavolo dei negoziati, mossa che in definitiva andrebbe a vantaggio dell’Ucraina, perché quella diplomatica è la strada da percorrere per porre fine realisticamente non soltanto alla guerra ma, nel lungo periodo, all’occupazione russa del territorio ucraino.

Punto morto

Al momento, la situazione sul campo di battaglia presenta un quadro che potremmo definire “bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto”. In fin dei conti, da una parte l’Ucraina ha dimostrato determinazione e capacità incredibili, vanificando il tentativo della Russia di soggiogarla, ma anche di riconquistare una considerevole porzione del territorio conquistato l’anno scorso dalla Russia. Dall’altra parte, ci sono perdite economiche enormi per la guerra e la realtà oggettiva del successo russo, quanto meno per adesso, nell’utilizzo della forza per conquistare una porzione consistente del territorio ucraino. Malgrado la tanto annunciata controffensiva ucraina, la Russia ha guadagnato più terreno dell’Ucraina nel corso del 2023. Nel complesso, nessuna delle due ha fatto passi avanti significativi. Le truppe russe e ucraine hanno combattuto fino ad arrivare a una vera e propria situazione di stallo.

Che cosa si dovrebbe fare adesso, dunque? Una possibilità per l’Occidente è continuare a fare più intensamente quello che ha fatto finora, ossia continuare a offrire ingenti quantità di armamenti all’Ucraina sperando che, così facendo, i soldati ucraini riescano alla fine a sconfiggere la Russia. Il problema è che l’esercito ucraino non dà segno di essere in grado di aprirsi un varco e sfondare le formidabili difese russe, a prescindere da quanto a lungo e arduamente stia combattendo. La difesa ha un vantaggio sull’offensiva e le truppe russe sono arroccate dietro a chilometri di campi minati, trincee, trappole e fortificazioni. L’Occidente può sicuramente inviare un maggior numero di carri armati, missili a lunga gittata e aerei da caccia F-16. Ma non esiste una formula magica in grado di invertire la marea sul campo di battaglia. Come ha ammesso di recente il generale ucraino Valery Zaluzhny, “non ci saranno svolte determinanti e positive”. Sul campo di battaglia in Ucraina siamo al punto in cui siamo e, nel migliore dei casi, questo punto sembra essere un dispendiosissimo punto di stallo.

Il tempo non giocherà a favore dell’Ucraina se la guerra ad alta intensità si protrarrà a tempo indefinito. L’economia e la base industriale difensiva russa sono sul piede di guerra. Mosca sta importando anche ingenti quantitativi di armi dalla Corea del Nord e dall’Iran e ha accesso a vari beni di consumo, comprese le tecnologie che può riconfigurare a scopi bellici e militari. Qualora la Russia avesse bisogno di rafforzare la sua presenza militare in Ucraina, avrebbe un’enorme manovalanza alla quale poter ancora attingere. La Russia ha trovato oltretutto nuovi mercati per esportare le sue materie prime energetiche, mentre le sanzioni hanno avuto effetti soltanto modesti sulla sua economia. Putin sembra solidamente e sicuramente ai posti di comando della politica e del potere, dall’esercito ai servizi di sicurezza, dai media alla narrazione offerta all’opinione pubblica.

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Nel frattempo, in Ucraina soldati e civili continuano a perdere la vita in numero significativo, l’esercito sta consumando le sue riserve di armi e munizioni, e l’economia si è contratta di un terzo circa (quantunque stia iniziando a dar segnali di crescita). L’affaticamento dell’Ucraina sta iniziando a incidere sulla prontezza dei suoi sostenitori occidentali che non riescono a mantenere il flusso degli aiuti inviati a Kiev. Gli Stati Uniti restano indispensabili per la fornitura degli aiuti occidentali all’Ucraina, ma nel Partito repubblicano va crescendo l’opposizione a fornire considerevoli quantità di aiuti, e questo finora ha neutralizzato le richieste di ulteriori finanziamenti avanzate dall’Amministrazione Biden. Lo sfidante di punta alla presidenza per la candidatura del Partito repubblicano, l’ex presidente Donald Trump, in passato si è schierato dalla parte della Russia prendendo le distanze dai partner degli Stati Uniti, Ucraina compresa. Il fatto che Trump sia dato in vantaggio su Biden nei sondaggi condotti negli stati chiave indecisi aumenta l’incertezza circa la traiettoria futura della politica degli Stati Uniti. Naturalmente, l’indecisione nel sostegno degli Stati Uniti all’Ucraina non farà che aumentare l’indecisione dell’Europa, dove uno stato membro, la Slovacchia, ha già preso la decisione di interrompere la fornitura di aiuti militari a Kiev.

Oltre a ciò, gli attacchi di Hamas del 7 ottobre contro Israele e il conseguente conflitto a Gaza hanno catturato l’attenzione mondiale, relegando in secondo piano la guerra in Ucraina. Il fatto è che non soltanto Washington è distratta, ma l’esercito degli Stati Uniti perdipiù ha risorse limitate e la base industriale che lavora per la Difesa ha anch’essa avuto capacità produttive limitate fino a questo momento. Gli Stati Uniti sono sovraffaticati perché sostengono due partner impegnati in conflitti caldi. Gli analisti della Difesa stanno già definendo “insolvente” la strategia difensiva nazionale, volendo usare il termine usato da un recente studio della RAND Corporation. Altri sostengono che gli Stati Uniti dovrebbero rivolgere la loro attenzione e le loro risorse alle sfide strategiche nella zona dell’Indo-Pacifico.

Far fronte in modo attivo a queste preoccupanti realtà strategiche non sarà facile sul piano politico né per l’Ucraina né per l’Occidente. Per Kiev e per i suoi sostenitori sarà di gran lunga preferibile, però, abbracciare una nuova strategia che sappia mettere sullo stesso piano fini e mezzi, invece di continuare a seguire una rotta che ha portato a un punto morto e che, ben presto, potrebbe implicare un grave calo del sostegno e degli aiuti dell’Occidente all’Ucraina.

Come ribaltare la situazione

Washington deve prendere l’iniziativa e avviare consultazioni con l’Ucraina e con gli alleati in Occidente con l’obiettivo di persuadere Kiev a offrire un cessate-il-fuoco e al contempo passare dall’offensiva a una strategia difensiva. L’Occidente non dovrebbe esercitare pressioni sull’Ucraina affinché rinunci a ripristinare i suoi confini del 1991 o far sì che la Russia sia tenuta a rispondere delle morti e delle devastazioni provocate dalla sua invasione. Dovrebbe piuttosto impegnarsi per convincere gli ucraini che per perseguire questi fini dovranno adottare una nuova strategia.

Un cessate-il-fuoco risparmierebbe vite umane, permetterebbe di intraprendere la ricostruzione economica e consentirebbe all’Ucraina di utilizzare le armi occidentali in arrivo per investire a lungo termine sulla sua sicurezza, invece di espandere il suo arsenale militare su un campo di battaglia bloccato in uno stallo. Le condizioni precise di un simile cessate-il-fuoco – le tempistiche, la posizione esatta di una linea di contatto, le procedure per il ritiro di armi e truppe, le disposizioni di attuazione – dovrebbero essere elaborate e definite sotto un’ampia supervisione internazionale, più probabilmente sotto gli auspici delle Nazioni Unite o dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa.

Un cessate-il-fuoco entrerebbe in vigore soltanto se entrambe, Ucraina e Russia, acconsentissero alle sue condizioni. L’adesione di Mosca non è esclusa. Le truppe russe hanno subito gravi perdite sul campo di battaglia e l’aggressione del Cremlino si è palesemente ritorta contro di esso, rafforzando la Nato, la coesione transatlantica e la determinazione degli ucraini a liberarsi per sempre della sfera di influenza russa. Putin potrebbe cogliere l’occasione per fermare il bagno di sangue e cercare di rimettere in gioco in campo internazionale la Russia.

Tuttavia, è di gran lunga più probabile che Mosca disdegnerà la proposta di un cessate-il-fuoco. Putin nutre ancora ambiziosi obiettivi bellici in Ucraina e sembra credere che la Russia abbia capacità di resistenza superiori a quelle dell’Ucraina. Senza dubbio, segue attentamente i sondaggi di opinione negli Stati Uniti dai quali risulta che il ritorno alla Casa Bianca di Trump è una possibilità realistica, esito che di sicuro indebolirebbe il sostegno degli Usa all’Ucraina, per non dire che vi porrebbe fine. Anche se il Cremlino volesse evitare di respingere direttamente la proposta di un cessate-il-fuoco per non pagare il prezzo in termini di reputazione che dovrebbe pagare qualora l’accettasse, potrebbe reagire in termini di sicuro inaccettabili per l’Ucraina e l’Occidente.

In definitiva, in ogni caso, varrebbe la pena cercare di mediare un cessate-il-fuoco tra Kiev e Mosca più per quello che ciò rivelerebbe che per quello che si otterrebbe. Per Kiev avrebbe senso offrire al tavolo dei negoziati un cessate-il-fuoco anche se la Russia dovesse respingere la proposta. Farlo permetterebbe all’Ucraina di prendere l’iniziativa politica, ricordare all’opinione pubblica in Occidente e altrove che questa guerra è una guerra di aggressione della Russia. Il rifiuto da parte del Cremlino di un cessate-il-fuoco aiuterebbe i governi occidentali a mantenere in atto e a inasprire le sanzioni contro la Russia e aiuterebbe l’Ucraina ad assicurarsi il sostegno militare ed economico a lungo termine.

A prescindere dal fatto che un cessate-il-fuoco entri o meno in vigore, l’Ucraina deve modificare la propria strategia difensiva, prendendo le distanze dalla sua attuale strategia offensiva. Il criterio seguito da Kiev al momento comporta costi altissimi e prospettive limitate e mette gli ucraini nella scomoda posizione di chiedere assistenza a tempo indeterminato all’Occidente in ragione di uno sforzo che ha possibilità di successo sempre più in calo. Al contrario, l’Ucraina dovrebbe focalizzarsi sulla conservazione e la ricostruzione del territorio che controlla al momento, invertendo l’equazione tra offensiva e difesa e mettendo la Russia nella posizione di dover sostenere i costi esorbitanti legati alla conduzione di operazioni offensive contro truppe armate ben trincerate e difese aeree maggiori. Anche se lungo le linee del fronte passasse a una strategia difensiva, l’Ucraina potrebbe continuare a usare armi a medio raggio, le sue navi, operazioni segrete finalizzate a colpire le postazioni russe nelle aree più interne e in Crimea, facendo lievitare le spese legate all’occupazione che prosegue. Qualora dovessero poi emergere prove evidenti di un calo della capacità militare russa o della volontà del Cremlino di continuare a combattere, all’Ucraina rimarrebbe la possibilità di tornare a una strategia maggiormente orientata all’offensiva.

Un cambio di strategia di questo tenore ribalterebbe la situazione per la Russia, imponendo ai suoi uomini di portare a termine qualcosa di cui finora si sono rivelati incapaci: operazioni offensive efficaci con armi combinate. Al tempo stesso, il cambiamento risparmierebbe vite umane e soldi agli ucraini, ridurrebbe le loro necessità difensive soddisfatte dall’Occidente, qualcosa che potrebbe rivelarsi essenziale qualora dovesse venire meno l’aiuto degli Stati Uniti e l’Europa si ritrovasse a sostenerne tutto il peso. L’Ucraina sarebbe saggia a dedicare le risorse in arrivo per la sua sicurezza e prosperità a lungo termine, invece di spenderle sul campo di battaglia in modo così poco proficuo.

Convincere il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e l’opinione pubblica ucraina a cambiare rotta non sarà un compito facile, tenuto conto che la loro causa è giusta e tutto quello che è già stato sacrificato. La realtà, tuttavia, è che quella che è iniziata come una guerra di necessità per l’Ucraina – la lotta per la sua stessa sopravvivenza – si è trasformata in una guerra per scelta, la lotta per riconquistare la Crimea e buona parte della regione del Donbass nell’Ucraina orientale. Non si tratta solo di una guerra che non si può vincere: si tratta anche di una guerra che rischia di perdere il sostegno dell’Occidente nel tempo. È decisamente più sensato per l’Ucraina garantire che il grosso del Paese sotto il controllo di Kiev si affermi come una democrazia prospera e sicura che rischiare il futuro della nazione per un obiettivo militare, o per meglio dire una scommessa a lungo termine, per riconquistare il territorio che è ancora sotto il controllo della Russia. L’affermazione dell’Ucraina come democrazia di successo e resiliente, capace di difendersi da sola, costituirebbe una sonora sconfitta per le ambizioni russe.

Una scommessa migliore

Gli amici dell’Ucraina in Occidente possono e dovrebbero addolcire quello che per gli ucraini sarà un boccone amaro. Gli Stati Uniti e i Paesi della Nato (una coalizione di volenterosi amici dell’Ucraina) dovrebbero impegnarsi non soltanto per offrire aiuti economici e militari a lungo termine, ma anche per garantire l’indipendenza dell’Ucraina. Questa impresa dovrebbe conformarsi all’Articolo 4 del Trattato della Nato, che prevede consultazioni immediate ogni qualvolta “l’integrità territoriale, l’indipendenza politica o la sicurezza” di uno stato membro siano a rischio. L’Unione europea, che di recente ha annunciato la sua intenzione di dare inizio ai colloqui per l’adesione di Kiev, dovrebbero accelerare la tabella di marcia prevista per l’Ucraina e offrirle nel frattempo uno statuto speciale. Gli alleati occidentali dovrebbero anche affermare chiaramente che la maggior parte delle sanzioni contro la Russia resterà in vigore fino a quando tutti i soldati russi non avranno lasciato l’Ucraina, e che aiuteranno quest’ultima a ripristinare la propria integrità territoriale al tavolo dei negoziati<TB>.

Può anche darsi che le prospettive di un cessate-il-fuoco reciprocamente concordato seguito da negoziati migliorino in maniera significativa dopo le elezioni per la presidenza negli Stati Uniti del 2024. Se il vincitore si impegnerà a portare avanti la solidarietà transatlantica e gli sforzi volti a garantire la sicurezza e la sovranità dell’Ucraina, Putin avrà pochi motivi per presumere che il tempo gioca a favore della Russia. Peccato però che le elezioni negli Stati Uniti si svolgeranno tra un anno e che potrebbero portare a un risultato che potrebbe lasciare l’Ucraina in bilico. Né Washington né Kiev dovrebbero correre quel rischio. Gli Stati Uniti hanno bisogno di darsi da fare adesso con l’Ucraina per indirizzarsi verso una nuova strategia che rifletta le realtà militari e politiche oggettive. Fare altrimenti significa scommettere in modo sconsiderato sul futuro dell’Ucraina.

Traduzione di Anna Bissanti

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