Trump minaccia di non difendere i paesi che non pagano la Nato: ecco la storia del 2% “volontario” di cui parla il tycoon

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BERLINO – L’ex presidente degli Stati Uniti e aspirante candidato repubblicano, Donald Trump, afferma che non rispetterà l’impegno al mutuo soccorso nei confronti dei partner Nato che non rispettano l’impegno finanziario richiesto dall’Alleanza e che anzi, esorterà Putin a far di loro ciò che vuole. Ma di cosa parla il tycoon? L’impegno – non vincolante – per i partner della Nato a destinare il 2% del Pil alla difesa nasce al vertice di Praga del 2002, quando l’Alleanza invitò formalmente i Paesi Baltici, la Bulgaria, la Romania e la Slovacchia ad aderire al Patto atlantico. Uno degli impegni sottoscritti dai candidati fu allora quello di destinare “sufficienti risorse” alla difesa, orientativamente il 2%.

Di conseguenza, anche il resto della Nato si impegnò a raggiungere quell’obiettivo, che fu formalizzato nel 2006 dai ministri della Difesa e poi nel 2014 al vertice Nato del Galles, dopo l’annessione russa della Crimea e gli attacchi in Donbass. Il summit decretò che i partner dell’Alleanza atlantica “hanno come obiettivo quello di muoversi entro dieci anni verso l’obiettivo del 2%”. Un target di massima, dunque, e non un vincolo ferreo come viene descritto da anni dal candidato repubblicano alla Casa Bianca, Donald Trump.

Peraltro il mancato raggiungimento della soglia fu uno dei cavalli di battaglia della prima presidenza Trump, che lo usò come pretesto per minacciare il disimpegno Usa dall’Alleanza, spingendo il presidente Macron in una celebre intervista a parlare di “morte cerebrale” dell’Organizzazione, poi rivitalizzata politicamente dall’arrivo di Biden alla Casa Bianca e militarmente dall’invasione russa dell’Ucraina.

E infatti dinanzi alla minaccia russa, negli ultimi cinque anni molti Paesi hanno cominciato a muoversi rapidamente verso il 2%. Anche se i partner che hanno superato quella soglia sono soltanto undici. Gli Stati Uniti investono da tempo intorno al 3,5% del loro Pil in spese militari. Ma in Europa, i “diligenti” sono il Regno Unito (2%), la Polonia (che ha annunciato di voler costruire il più grande esercito europeo con 300mila soldati e sfiora già il 4%), la Grecia (3%), la Slovacchia (2%), l’Estonia (2,7%), la Lituania (2,5%), la Lettonia (2,3%), la Romania (2,4%), l’Ungheria (2,4%) e la Finlandia (2,5%).

L’esempio più dibattuto in Europa è la Germania, che con la “Zeitenwende” annunciata dal cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz ha promesso un sostanziale riarmo ma anche il raggiungimento di quell’obiettivo fino alla fine dell’attuale legislatura, dunque fino al 2025. Poi, si vedrà.

I Paesi che nella logica astrusa di Trump rischierebbero di dover fare a meno dello scudo americano, dunque, sono molti. Forse anche la Francia, che resta per un soffio sotto il 2%, e sicuramente l’Italia, che oscilla intorno all’1,5% e ha promesso di raggiungere l’impegno del vertice del Galles soltanto nel 2028, dopo l’attuale legislatura.

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