“Ciao Ariston”, Amadeus e Fiorello salutano Sanremo in carrozza tenendosi per mano

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SANREMO – Un saluto da favola. Amadeus e Fiorello lasciano l’Ariston “in modo romantico”, dice il conduttore, che sceglie la chiave dell’ironia per salutare la quinta, e per lui ultima, edizione del Festival di Sanremo dopo la proclamazione della vincitrice Angelina Mango. “Restate qui”, dice Fiorello ai telespettatori dal palco dell’Ariston, “ora le telecamere ci seguano perché c’è un finale a sorpresa che non vi potete perdere”. I due scendono i gradini del palco e si avvicinano alle rispettive famiglie sedute in prima fila, Amadeus bacia la moglie Giovanna Civitillo, la figlia e il figlio, dà una carezza a Susanna, la moglie di Fiorello, e alle sue due figlie, lo stesso fa Fiorello, poi si prendono per mano e attraversano il teatro tra ali di folla che li applaude, smartphone alla mano per registrare un momento a suo modo “storico”.

Ed eccoli nel foyer dell’Ariston, seguiti passo passo dalle telecamere diRai 1, che a un certo punto inquadrano una carrozza bianca, trainata da un cavallo bianco, che li aspetta lì davanti. Parte la canzone di Cenerentola I sogni son desideri, in quel momento c’è un po’ la storia di due amici partiti dal niente e diventati due protagonisti assoluti dello spettacolo italiano: la loro personalissima zucca si è trasformata in una carrozza ed è salendo che salutano l’Ariston e Sanremo dopo cinque anni di successi, cinque edizioni baciate dai grandi ascolti, una anche funestata dal covid, senza pubblico in sala, ma senza fermarsi mai.

“Sanremo si ama – continua a esclamare Amadeus guardando l’ingresso del teatro e l’insegna luminosa che lo sovrasta – ciao Ariston, ciao Sanremo”, gli fa eco Fiorello, “ciao Sanremo, ciao ciao…”. Tenendosi per mano salgono sulla carrozza e l’ultima immagine sono i loro volti che guardano attraverso un foro a forma di cuore, mentre si allontanano dal teatro.

Resta un’eredità complicatissima da raccogliere, inizia un’altra avventura per chi dovrà cercare, e trovare, una figura (o due, chissà) all’altezza del compito. Sanremo, si ricomincia: altra zucca, altra corsa.

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