Diario da Gaza – La notte spaventosa di Rafah: temevamo che avessero invaso proprio mentre ci prepariamo a fuggire

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RAFAH – Quella appena trascorsa è stata una notte spaventosa. Le bombe hanno illuminato a giorno una notte altrimenti buissima e il frastuono dall’attacco era terrificante, non abbiamo chiuso occhio. Per fortuna la zona dove eravamo noi non è stata colpita ma abbiamo avuto paura che fosse arrivata anche per noi la fine. Abbiamo temuto che l’invasione di Rafah fosse già iniziata prima della nostra fuga. L’esercito ha attaccato da ovunque: dall’aria e poi da terra, coi carri armati, mentre le forze speciali israeliane entravano sotto copertura. So che i morti sono sono stati almeno cento ma è difficile avere informazioni precise.

Come sapete, noi ci stiamo preparando a partire. Oggi sarebbe una giornata cruciale per mettere insieme le ultime cose, su tutte la tenda dove dobbiamo rifugiarci. Ma per ora c’è molta confusione e una gran paura a uscire per strada. Israele non ha ancora dato nessun ordine di evacuazione ma la popolazione è nel panico. Quello che è successo stanotte potrebbe essere solo un assaggio. Se altri ostaggi sono qui come si fa a sentirsi al sicuro? Potrebbero essere ovunque, e noi non ne sappiamo nulla. Ma quando l’esercito attacca non guarda in faccia nessuno. Uccide tutti coloro che sia pure per caso sono vicini allo sciagurato edificio.

Pronti all’ottava fuga, questa volta non ci resta che risalire verso Nord e accamparci in spiaggia

Stiamo cercando di mantenere la calma e di proseguire nel nostro piano di spostarci domani all’alba. Fra poco tenteremo un sopralluogo per vedere se è ancora possibile percorrere la strada costiera o se è già bloccata. Se è il caso di cominciare a portare già qualcosa, qualcuno. Non c’è più tempo. Se la strada che porta verso il centro della Striscia è già bloccata le nostre speranze di spostarci in una zona più isolata naufragherebbero. Almeno noi avevamo già un piano e cercheremo di essere fedeli a quello. Il resto della gente è totalmente in confusione, piangono e si battono il petto. Dove devono andare un milione e mezzo di persone che hanno obbedito all’ordine di abbandonare le loro case al Nord e sono venute quaggiù? Accamparsi sul mare? Schiacciarsi sul confine egiziano finché al Sisi non si decida ad aprire i cancelli?

Diario da Gaza – Per noi a Rafah non c’è più tempo. La tregua serve subito

A quel che sappiamo potrebbe essere pericoloso quasi quanto fronteggiare l’esercito israeliano: gli egiziani hanno rafforzato la sicurezza del confine, secondo certe voci stanno costruendo un muro e, si dice, hanno i fucili puntati per evitare l’esodo di noi palestinesi di Gaza. Certo, ogni tanto qualcuno riesce a passare: pagando un prezzo altissimo, si parla di almeno 5mila euro a persona e noi non abbiamo così tanti soldi, già abbiamo speso un patrimonio per avere di che sopravvivere con i prezzi qui esplosi e arrivati a cifre stellari per un sacco di farina o un litro di benzina. Ho ascoltato la radio. L’unica speranza sono i tanti leader mondiali che alzano la voce, dicendo che Rafah dev’essere un limite, che entrare qui sarebbe una strage annunciata. Intanto dobbiamo far passare la notte. Sperando di arrivare vivi a domani.

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