Borsellino, scoperta una relazione segreta di La Barbera. Il giorno dopo la strage scrisse: “Ho dato borsa e agenda al procuratore Tinebra”

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CALTANISSETTA — Dai misteri di Palermo è riemerso un altro foglio di carta, con la firma di Arnaldo La Barbera. A colpire, è innanzitutto la data: 20 luglio 1992, il giorno dopo la strage Borsellino. L’allora capo della squadra mobile scrive che la borsa del magistrato assassinato e “un’agenda in pelle” li ha consegnati al procuratore di Caltanissetta Giovanni Tinebra. È davvero uno strano verbale. Perché alla procura di Caltanissetta non c’è alcuna traccia di questa comunicazione. E, per certo, nel novembre di quell’anno, la borsa e l’agenda di Paolo Borsellino erano ancora alla squadra mobile. È lì che il 5 novembre l’allora sostituto procuratore di Caltanissetta Fausto Cardella procede a un’ispezione di quanto contenuto nella borsa, e stila un verbale. Fino ad oggi quello di Cardella era il primo atto ufficiale riguardante la borsa di Paolo Borsellino dopo la strage del 19 luglio: l’agenda rossa non c’era già più, inghiottita dai misteri di Palermo.

Ora, spunta la relazione di La Barbera. È stata acquisita qualche tempo fa alla squadra mobile di Palermo, ma solo adesso se n’è avuta notizia, perché è citata nel provvedimento con cui la procura di Caltanissetta ha effettuato le perquisizioni a casa della moglie e di una delle figlie di Arnaldo La Barbera, il superpolizotto morto nel 2002 oggi al centro dei misteri riguardanti la sparizione dell’agenda rossa e il depistaggio delle indagini su via D’Amelio.

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È davvero strana quella annotazione del 20 luglio firmata da La Barbera. Perché il sottufficiale Francesco Maggi, che aveva portato la borsa da via D’Amelio nella stanza del capo della squadra mobile, ci mise tre mesi e mezzo per fare la sua relazione. La scrisse solo quando il pm Cardella chiese conto e ragione di cosa era avvenuto il pomeriggio della strage. È allora possibile che all’epoca anche La Barbera abbia predisposto una sua relazione? Ma perché coinvolgere il procuratore Tinebra in quella ricostruzione falsa, che poteva essere facilmente smentibile? E se anche Tinebra fosse stato d’accordo con La Barbera? Di certo c’è solo che quella relazione è stata per anni conservata alla squadra mobile, con tanto di numero di protocollo. Un’altra certezza è che nel verbale di ispezione della borsa firmato dal pm Cardella si dava atto che alcuni effetti personali di Paolo Borsellino erano dentro dei sacchetti. Dunque, qualcuno aveva già guardato dentro la borsa.

Le ultime indagini della procura di Caltanissetta hanno confermato che la borsa di Paolo Borsellino arrivò alla squadra mobile il pomeriggio del 19 luglio. «C’era un caos indescrivibile in via D’Amelio — ha ricordato Armando Infantino, ex agente della squadra mobile in un’audizione depositata nei giorni scorsi al processo d’appello per il depistaggio — il collega Vullo, l’unico superstite della strage, aveva ancora la pistola in mano, era in stato confusionale: diceva che i suoi colleghi erano entrati nella portineria. Ma in realtà erano tutti morti».

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Il ricordo di Infantino è preciso: «La borsa la teneva in mano quello che ho poi saputo essere il capitano dei carabinieri Giovanni Arcangioli, l’ispettore Lo Presti lo affrontò: gli disse chiaramente che la competenza era della polizia, arrivata per prima in via D’Amelio. Gli ordinò dunque di consegnare la borsa a me, che ero lì vicino. Lo Presti mi invitò poi a sistemare la borsa nell’auto del funzionario di turno, la Siena Monza 1, un’Alfa 33 con i colori d’istituto, parcheggiata all’imbocco di via D’Amelio. Io mi avvicinai alla vettura, davanti c’era l’autista, l’assistente Maggi, il quale in uniforme stava fumando una sigaretta con il braccio appoggiato al tetto dell’auto. Gli dissi — ha proseguito Infantino — che stavo mettendo la borsa nel pianale anteriore lato passeggero e lui annuì».

Infantino ricorda una «borsa di cuoio, bruciacchiata. Poi non ho più visto la borsa». La funzionaria Gabriella Tomasello ha raccontato invece di avere notato la borsa nel pomeriggio, nel divanetto della stanza del capo della Mobile. Qualche giorno dopo, la vide anche il funzionario Andrea Grassi: «Dentro riconobbi un pantaloncino e un costume», ha messo a verbale.

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Chi ha rubato l’agenda rossa? I sospetti di chi indaga si dirigono tutti verso La Barbera, che sarebbe stato anche il regista della costruzione del falso pentito Vincenzo Scarantino. La procura diretta da Salvatore De Luca e i carabinieri del Ros stanno analizzando il materiale sequestrato nelle abitazioni della moglie e di una delle figlie del superpoliziotto.

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