Le foibe e il Giorno del Ricordo: che cosa si commemora il 10 febbraio

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Il 10 febbraio 2024 si commemora il Giorno del Ricordo: quest’anno cade il ventennale dalla sua istituzione. La giornata di commemorazione è stata istituita per “conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.

Quando è stato istituito il giorno del ricordo?

A istituire il Giorno del Ricordo, che si commemora ogni anno il 10 febbraio, è stata una legge, la n. 92 del 30 marzo 2004. Con questa giornata di commemorazione, oltre a ricordare le vittime (italiani e italiane uccisi nelle foibe delle zone carsiche di Friuli-Venezia Giulia e Istria) si ricorda in modo più generale l’esodo di massa della componente italiana della popolazione istriana, avvenuto tra il 1945 e il 1956 in seguito al passaggio dell’Istria dallo stato italiano alla Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia: si stima che furono almeno 250mila gli istriani di lingua italiana che lasciarono l’Istria in quegli anni, abbandonando le loro proprietà e ritrovandosi esuli in Italia nel dopoguerra.

Perché la data della commemorazione è il 10 febbraio?

La data del 10 febbraio per il Giorno del Ricordo fu scelta perché proprio il 10 febbraio 1947 fu siglato il trattato di Pace di Parigi. Il trattato di Parigi, volto a regolare le controversie territoriali emerse alla conclusione della Seconda guerra mondiale assegnava i territori dell’Istria, il Quarnaro, Zara e una striscia del territorio del Friuli Venezia Giulia alla neonata Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia.

La decisione definitiva sul confine risale tuttavia al 1954, dopo nove anni di amministrazione internazionale della città di Trieste e di una fascia di territorio conteso.

I territori dell’Istria, dove popolazioni di lingua italiana e di origine veneta vivevano, soprattutto lungo le coste, fin dai tempi della Repubblica di Venezia, erano stati assegnati al regno d’Italia con il Patto di Londra (1915, art. 4) e poi annessi all’Italia dopo la vittoria della Prima guerra mondiale, mentre la Dalmazia era stata annessa a seguito dell’invasione tedesca dei territori del regno di Jugoslavia a partire dal 1941.

Il monumento del sacrario della Foiba di Basovizza, vicino Trieste

In seguito alla firma italiana dell’armistizio (8 settembre 1943) in Istria e in Dalmazia i partigiani jugoslavi di Tito avevano dato il via a operazioni di rappresaglia nei confronti sia degli slavi considerati oppositori, sia della componente italiana, in particolare di chi – amministratori locali, amministratori di società pubbliche, impiegati – era considerato rappresentante del regime fascista, che nel corso del ventennio aveva messo in atto una politica particolarmente repressiva in quelle zone. Il governo italiano infatti tra le due guerre mondiali aveva promosso una politica di repressione nei confronti di comunisti e antifascisti e aveva costretto all’italianizzazione forzata le popolazioni slave locali. I componenti dell’amministrazione fascista ma anche gli italofoni non comunisti furono quindi presi di mira.

Si stima che già in queste fase vennero torturate e gettate nelle foibe, insenature naturali formate da grandi caverne verticali tipiche del territorio dell’Istria e del Friuli Venezia Giulia, circa un migliaio di persone. Con il ritorno dei territori alla Jugoslavia, le rappresaglie colpirono sempre più duramente la popolazione italiana: oltre a coloro che scomparvero nelle foibe ci furono carcerazioni e internamenti in campi di lavoro forzato, con ulteriori vittime.

Fin dal dicembre 1945 il primo ministro italiano Alcide De Gasperi presentò agli Alleati «una lista di nomi di 2.500 deportati dalle truppe jugoslave nella Venezia Giulia» e indicò «in almeno 7.500 il numero degli scomparsi».

Perché gli italiani furono uccisi nelle foibe?

Le foibe sono insenature naturali del terreno tipiche della morfologie carsica, in Istria e Friuli Venezia Giulia. Il nome “foiba” deriva da un termine dialettale dell’area giuliana, che deriva a sua volta dal latino fovea (fossa, cava). Le foibe si trovano in un vasto territorio carsico, che include in Italia le provincie di Udine e Pordenone ma soprattutto quelle di Trieste e Gorizia.

Alcune “foibe” erano in realtà cave o miniere: una delle più importanti per la storia degli eccidi, la Foiba di Basovizza, oggi monumento nazionale, è ad esempio il pozzo abbandonato di un’antica miniera, quindi una cavità artificiale.

Nella foiba la cavità si restringe man mano che si scende in profondità per poi riallargarsi in un bacino: la forma rende difficoltosa la risalita e i soccorsi: ciò le rendeva ideali sia per nascondere i corpi degli uccisi, sia per gettarvi le vittime ancora vive, spesso ferite, che non avevano modo di risalire né di chiedere aiuto. La conformazione delle foibe ha reso in seguito difficile il recupero e l’identificazione delle vittime.

Le istituzioni commemorano il Giorno del ricordo

In occasione del Giorno del Ricordo delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata e delle vicende del confine orientale, il Senato della Repubblica illumina con il tricolore la facciata di Palazzo Madama fino all’alba di domenica 11 febbraio, esponendo le bandiere a mezz’asta. Dalle ore 18 di sabato 10 febbraio fino all’una della notte di domenica 11, anche la facciata di Montecitorio, sede della Camera dei Deputati, si illuminerà con il tricolore.

La programmazione in tv

Nel Giorno del Ricordo Rai Cultura dedica alla ricorrenza la programmazione di sabato 10 febbraio su Rai Storia, a partire – alle 21.10 – dallo Speciale che racconta l’allestimento e l’arrivo a Trieste del “Treno del Ricordo”, la mostra itinerante, su convogli d’epoca, che attraverserà l’Italia portando con sé le storie degli esuli istriani. A seguire, in prima tv, “L’odissea giuliano-dalmata. Dalle foibe all’esodo” ripercorre – con tre esperti e la consulenza dello storico Raoul Pupo – le tappe che portarono all’esodo forzato e al dramma delle foibe, mentre una giovane storica torna nei luoghi più rappresentativi del dramma giuliano-dalmata: da Trieste, snodo cruciale della vicenda, alle foibe di Vines e Basovizza, ai campi di accoglienza dove vennero sistemati, in condizioni spesso di estremo disagio, decine di migliaia di esuli. Alle 22.15, poi Il Tempo del ricordo. Le Foibe e l’esodo istriano giuliano dalmata racconta l’odissea degli esuli: dai campi profughi alla faticosa costruzione nelle città italiane dei “quartieri” destinati all’accoglienza, come il quartiere Giuliano-dalmata di Roma e il suo museo la Casa del Ricordo. La programmazione comprende anche, alle 16.20, la puntata de “L’Italia della Repubblica” in cui la scrittrice istriana Anna Maria Mori, intervistata da Michele Astori, racconta come le vicende del “confine conteso” abbiano segnato la vita di chi ha dovuto lasciare per sempre la propria casa, mentre alle 18.15 “Febbraio 1947: vincitori e vinti” è la storica inchiesta firmata nel 1972 da Enzo Biagi sugli avvenimenti che portarono al trattato di pace di Parigi tra gli Alleati e l’Italia con le imposizioni territoriali, militari, economiche verso l’Italia.

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