La discutibile teoria di Meloni (e Fazzolari) sui 35 miliardi “liberati” in Europa. E l’indiscutibile paralisi della sanità

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“Il nuovo Patto di stabilità libera circa 35 miliardi di euro”. Buone notizie tutto sommato, teorizza Giorgia Meloni.

“Il nuovo ‘Pacco’ di stabilità prevede il taglio di 12 miliardi l’anno”. Prospettive fosche, ribatte Giuseppe Conte.

“Sulla sanità il tetto alla spesa per il personale è stato introdotto nel 2009, e questo ha comportato, negli anni, anche il crescente ricorso ai contratti a termine e il devastante fenomeno dei cosiddetti medici gettonisti. E’ un’implicita attestazione di stima che oggi chiediate a noi di risolvere tutti i problemi che voi non avete risolto nei 10 anni in cui siete stati al governo”. Colpa di chi c’era prima, getta la palla Giorgia Meloni.

“Quel tetto alla spesa, è stato introdotto nel 2009 e sa chi era ministro di quel governo? Lei era ministra di quel governo”. Il guaio lo avete fatto voi, incalza Elly Schlein.

Conti di carta e rimpalli di accuse. Ecco quel che resta del question time di mercoledì alla Camera. Sul ring al centro dell’Aula la presidente del Consiglio e leader della destra di governo, dagli scranni i capi dei principali partiti di opposizione. Sullo fondo, due certezze.

La prima. L’Italia il prossimo anno dovrà correggere i suoi conti (tagliare le spese, per abbassare il debito): no, non avremo 35 miliardi in più.

La seconda. Il Servizio sanitario nazionale non ha abbastanza soldi per pagare medici e infermieri, non quanti ne servirebbero. E le due leggi di bilancio del governo Meloni non hanno avvicinato una soluzione.

La teoria dei 35 miliardi, spiegata da Fazzolari

Come fa Meloni a dire che il nuovo Patto di stabilità, approvato a dicembre in Europa, libererà 35 miliardi “che potranno essere utilizzati per sanità, redditi, pensioni”? Lo ha spiegato “grossomodo” il suo braccio destro Giovanbattista Fazzolari, sottosegretario alla presidenza del Consiglio e teorico del melonismo, lo scorso 21 dicembre a Cinque minuti, la striscia quotidiana di Bruno Vespa che segue il Tg1.

Ascoltiamolo. “Questa è la differenza grossomodo tra i vecchi parametri e i nuovi parametri: 35 miliardi di euro l’anno. Con i vecchi parametri l’Italia era tenuta a una riduzione del debito di circa il 4-5% annui, con il nuovo patto è 1% l’anno. Per quanto riguarda il deficit, l’Italia sarebbe stata tenuta a un avanzo dello 0,25% l’anno, invece possiamo avere un deficit dell’1,5%. Vuol dire una differenza di 1,75 che grosso modo rispetto al Pil italiano sono circa 35 miliardi, che a regime potremo spendere in più rispetto alle vecchie regole”.

I conti tornano? Forse solo sulla carta. Sia perché i vecchi parametri (sospesi dal 2020) avevano dei margini di flessibilità di cui l’Italia ha sempre goduto, sia perché quei 35 miliardi sono del tutto teorici, difficili da dimostrare, e comunque non spendibili.

Quel che si sa ad oggi è che con la prossima legge di bilancio il governo dovrà tagliare drasticamente il deficit, che quest’anno è schizzato al 5,3% (“Per colpa del Superbonus”, Meloni accusa Conte) e nel 2024 è stimato al 4,3%, ben lontano dagli obiettivi europei e ancor più lontano se si considera il rallentamento del Pil, che con ottimismo il governo aveva ipotizzato in crescita dell’1,2% (oggi le previsioni si fermano a circa la metà).

Quel che ad oggi si sa è che non solo Meloni dovrà tagliare la spesa, ma probabilmente dovrà farlo già in estate, per rientrare nei parametri europei.

Ma come fa Conte a dire che il governo Meloni dovrà tagliare 12 miliardi l’anno? Cita simulazioni sul nuovo Patto europeo fatte da istituti come il think thank belga Bruegel, che – da una prospettiva opposta a quella di Fazzolari, non per comparazione teorica sui parametri ormai archiviati, ma per proiezione realistica su quelli nuovi – ipotizza una stretta per l’Italia da 12,5 miliardi l’anno.

Anche in questo caso, il dato andrà verificato alla prova dei fatti e dei conti reali.

Sanità, il tetto che salta solo nel privato

In sanità mancano almeno 30mila medici e almeno 70mila infermieri. Perché Meloni ha ragione: esiste un vincolo alle assunzioni che è stato fissato nel 2009. E anche Schlein ha ragione: lo ha fissato Giulio Tremonti (ora deputato di Fratelli d’Italia), allora ministro dell’Economia di un governo in cui sedeva da ministra della Gioventù anche Meloni.

Ma il punto è che da allora nessun governo ha trovato i soldi per far saltare quel tetto. Neanche l’esecutivo della destra, nelle due manovre finora approvate. Nell’ultima legge di bilancio, a dire il vero, un tetto di spesa l’esecutivo l’ha fatto saltare, ma è quello che esisteva per la sanità privata: i fondi potranno salire di un punto percentuale nel 2024, tre punti nel 2025, quattro punti nel 2026.

Più assunzioni possibili, insomma, ma non negli ospedali pubblici.

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