Forfait di Wilders e Le Pen a Firenze, le star nere snobbano la sirena Salvini

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ROMA — Doveva essere il giorno della prova di forza di Matteo Salvini: dimostrare agli alleati italiani, Giorgia Meloni e Antonio Tajani, che è lui il deus ex machina del gruppo dei sovranisti all’Europarlamento. E allo stesso tempo, presentarsi in Europa da attore protagonista, in vista dei prossimi assetti di Bruxelles dopo il voto del 2024. Invece la giornata di Firenze di domenica, con la chiamata a raccolta dei sovranisti più neri d’Europa, lo vedrà praticamente sul palco come unica star: non ci saranno i due volti più noti, quello di Marine Le Pen e quello di Geert Wilders.

La prima si limiterà a un collegamento video e manderà il suo braccio destro Jordan Bardella, il secondo ha dato forfait all’ultimo, per impegni «istituzionali», dopo aver vinto le elezioni in Olanda. Il cammino per la costruzione di una maggioranza di governo si presenta in salita.

In casa Lega la delusione è palpabile. Appreso dell’assenza di Wilders, Salvini invita i suoi a firmare comunicati stampa per attaccare la sinistra “antagonista” che a Firenze organizza contro manifestazioni: «L’ennesima dimostrazione dell’odio “democratico” che la sinistra riserva ai suoi avversari», dice il deputato Stefano Candiani. E la Lega toscana punta il dito contro il sindaco di Firenze Dario Nardella, che ha invitato i fiorentini ad esporre bandiere dell’Europa domenica: «Se ci saranno disordini lui ne sarà responsabile».

Ma è solo un diversivo per cercare di spostare l’attenzione dalla delusione che monta nel cerchio magico di via Bellerio. «Non giriamoci intorno, Salvini a Firenze puntava a lanciare messaggi di forza in Europa e agli alleati in Italia, per sostenere la tesi secondo cui il centrodestra italiano dovrà andare unito senza alleanze con i socialisti europei. Invece il piano ora naufraga», ragiona un deputato di lungo corso molto vicino a Salvini. E aggiunge: «La Le Pen non viene perché vuole trattare lei per il gruppo sovranisti anche con i conservatori guidati da Meloni».

Di certo c’è che Salvini per domenica ha “precettato” tutti i dirigenti della Lega: sindaci, amministratori, consiglieri regionali, deputati e senatori. In duemila sono attesi a Firenze, ma alla fine si troveranno davanti il loro leader, Salvini, e nessun sovranista di peso in Europa.

Una debacle, nonostante il vicepremier ricordi le presenza di quattordici delegazioni dei partiti di destra: ci saranno, tra gli altri, il bulgaro Kostadin Kostadinov di Revival, il polacco Roman Fritz di King, il capo della destra romena George Simion. E, ancora, il leader della Afd tedesca, l’estrema destra a Berlino, Tino Chrupalla, Majbritt Birkholm della Ds danese, Martin Helma, che guida la destra estone, e Tomio Okamura della Spd della Repubblica Ceca.

Le assenze delle star Le Pen e Wilders ringalluzziscono gli alleati ai quali Salvini, due giorni fa, aveva lanciato l’appello all’unità. Il segretario di Forza Italia Antonio Tajani rilancia: «La Lega è la Lega, noi siamo alleati e condividiamo insieme un percorso e abbiamo un programma comune. Il problema è Afd e Rassemblement National: non hanno nulla a che vedere con noi e per noi è impossibile fare qualsiasi accordo a livello comunitario».

Per i meloniani a rispondere a Salvini è il ministro delle politiche del mare Nello Musumeci: «Ogni forza ha una sua sensibilità nel centrodestra, ma se non si trova un punto di incontro è chiaro che la coalizione non si crea. In Europa, al di là delle forze che si richiamano alla destra, ci sono sensibilità e storie culturali assai differenti». Insomma, da Tajani e Musumeci giunge a Salvini un sonoro “no grazie”.

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