Abuso d’ufficio, ostruzionismo di Pd e M5S: slitta il bavaglio sulla stampa

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ROMA – Buone, ma anche cattive notizie dal Senato sulla giustizia. Partiamo da quelle, ma solo per ora, buone. La stampa italiana avrà ancora una settimana di tempo prima che passi, anche al Senato, la norma Costa che mette il bavaglio sull’ordinanza di custodia cautelare. Era previsto che fosse discussa in aula giovedì all’interno della legge di Delegazione europea su cui preme il ministro Raffaele Fitto.

Ma il primo disegno di legge Nordio – che cancella l’abuso d’ufficio e ridimensiona il traffico d’influenze, vieta l’appello per il pm, fa calare il silenzio sulle intercettazioni dei terzi che non si potranno più pubblicare – sta richiedendo tempi più lunghi del previsto. L’opposizione è scatenata, anche se la maggioranza ha già respinto – con 107 voti contro 49 – le tre pregiudiziali di incostituzionalità presentate da Pd, M5S e Avs. In aula incombe domani la discussione sui centri di permanenza in Albania, e il ddl Nordio – che vede in aula per il governo il solo vice ministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto – andrà al voto solo giovedì contrariando molto la maggioranza che conta anche sui voti di Azione e Iv.

Bocciate le pregiudiziali di costituzionalità

È il primo provvedimento dell’ex procuratore aggiunto di Venezia Carlo Nordio che Giorgia Meloni ha voluto portare in via Arenula. Duramente contestato dalle opposizioni che continuano a criticarlo perché vuole prendere il tasto “erase” e cancellare l’abuso d’ufficio. Ma proprio le pregiudiziali che ne contestano la costituzionalità vengono respinte in una mezz’ora. Inutilmente, per M5S, presenta la sua l’ex pm di Palermo Roberto Scarpinato, oggi senatore di M5S. Che elenca, uno dopo l’altro, i tanti articoli della Costituzione violati. L’articolo 24 – “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei loro diritti ed interessi legittimi” – quando “il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio intenzionalmente arreca ad altri un danno ingiusto”.

E ancora gli articoli 54 e 97 “per il grave pregiudizio arrecato al buon andamento e all’imparzialità dell’amministrazione”, nonché perché “i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”. Ma ecco stracciato anche l’articolo 3 per l’irragionevolezza di abolire un reato che si concretizza “in una pluralità di condotte per finalità profittatrici, sopraffattive e prevaricatrici”. Ma le ricadute negative colpiscono anche il lavoro di EPPO, la procura europea, che dovrà “archiviare” i procedimenti penali aperti proprio per abuso d’ufficio. Ovviamente violata anche la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio Ue sulla lotta contro la corruzione che Nordio non considera affatto perché continua a dire che tanto l’Italia può contare su “un parterre di reati” per combatterla.

Non va meglio per la vice presidente dem del Senato Anna Rossomando. Che ovviamente contesta proprio l’idea stessa di cancellare l’abuso d’ufficio. Un tratto di penna che non ottiene affatto lo scopo sbandierato “di tutelare maggiormente gli amministratori locali dalla cosiddetta “paura della firma”, perché il vuoto normativo, come hanno detto tutti i giuristi sentiti in commissione Giustizia, “potrebbe portare alla contestazione di altri e perfino più gravi reati, come il delitto di corruzione, puniti con pene edittali più elevate e per cui è possibile l’utilizzo di intercettazioni”. Rossomando rivendica al suo gruppo di aver votato la riforma dell’abuso d’ufficio del 2020, sotto il governo Conte, che “ha già ridotto la portata della fattispecie”. Rossomando consiglia una via ben diversa, come quella, già contenuta in proposte del Pd, di cambiare la legge Severino laddove impone la decadenza di un amministratore locale condannato solo in primo grado per alcuni reati.

L’affondo del forzista Zanettin contro la Consulta

Ma è dal sempre pacato Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia, che stavolta arriva un duro affondo contro le critiche al ddl Nordio che cancella il processo d’Appello per il pubblico ministero. Zanettin se la prende con la sentenza del 2007 della Consulta che cancellò la legge dell’allora presidente della commissione Giustizia Gaetano Pecorella che già sopprimeva questa possibilità per il pm. Sentenza che, bisogna ricordarlo per comprenderne l’autorevolezza, fu scritta dal costituzionalista Giovanni Maria Flick. Che negli anni seguenti, proprio per questo, non è mai intervenuto sulla polemica.

“Era il periodo del furore ideologico contro il governo Berlusconi – dice adesso Zanettin – quello del ‘resistere, resistere, resistere’ del procuratore Borrelli. Ma quella sentenza che oggi le opposizioni citano a sostegno delle loro tesi appare viziata da molti punti di vista. Per noi è evidente che, in quel particolare contesto, anche la Corte si è lasciata condizionare dal surriscaldato clima politico ed è pervenuta a conclusioni giuridiche che non esitiamo a definire quantomeno opinabili, e comunque viziate dal pregiudizio ideologico”.

E ancora: “La sentenza del 2007 si fondava, in via principale, sul concetto di assoluta parità tra accusa e difesa previsto dall’articolo 111 della Costituzione…”. È l’inizio di una lunga e complessa disquisizione di Zanettin che arriva a concludere: “Nel processo penale, la Corte costituzionale ha più volte affermato che il principio di ragionevolezza può ben giustificare una qualche asimmetria tra le parti quando questa è dovuta alle esigenze di una corretta amministrazione della giustizia”. Di qui la sua conclusione che il diritto di fare Appello per il pm che perde il processo può ben essere ridotto proprio come fa Nordio.

L’ostruzionismo di Pd e M5S

È durissimo stavolta l’ostruzionismo parlamentare di Pd e M5S che, in moltissimi interventi, hanno rallentato quella che nelle intenzioni della maggioranza doveva essere una “corsa” al voto. Previsto inizialmente già per mercoledì. Ma l’opposizione questa volta “si oppone” sul serio. Ecco, tra gli altri, i dem Alfredo Bazoli, Walter Verini, Dario Parrini, Simona Malpezzi riproporre uno dopo l’altro le dure critiche al ddl Nordio. Un grave errore sopprimere del tutto l’abuso d’ufficio perché, dice Bazoli, “sarà un boomerang, come hanno detto avvocati Bongiorno e Coppi, perché i pm contesteranno reati più gravi”. Giulia Bongiorno è in aula dalle 14, ha fatto la relazione introduttiva sul ddl, e fa mostra, lei sempre efficientista, di essere stupita per gli interventi delle opposizioni che si susseguono uno dopo l’altro.

Ancora Bazoli, provvedimento “modesto” quello di Nordio, che ignora la raccomandazione del procuratore nazionale Antimafia Gianni Melillo sulla necessità di mantenere l’abuso d’ufficio in quanto “reato spia” che apre la porta a scoprire i crimini delle mafie. Bazoli cita Tullio Padovani, l’accademico dei Lincei che parla di “scelta assurda”, che “creerà un buco di illegalità”, che “fa tornare l’Italia a un sistema feudale lontano dallo stato di diritto”. E ancor Verini, che accusa Nordio di aver “partorito un topolino, ma pericoloso”, all’interno di un disegno del governo che vuole eliminare ogni controllo di legalità.

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