“La lista del racket come un’eredità”, a Caivano la camorra tramanda indirizzi e tariffe degli imprenditori

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La lista del racket come «un lascito ereditario». Nomi, indirizzi e tariffe degli imprenditori sotto estorsione vengono «tramandate» dai malavitosi che si avvicendano sul territorio per garantire continuità alla riscossione del denaro.

È una pressione «generalizzata», che prende di mira «ogni forma di iniziativa commerciale», quella esercitata dalla camorra di Caivano così come delineata dalle indagini, condotte dai carabinieri e coordinate dalla Procura, che ha portato all’arresto di 14 persone.

L’ordinanza, firmata dalla giudice Ambra Cerabona su richiesta delle pm Giorgia De Ponte e Francesca De Renzis, coinvolge il gruppo ritenuto capeggiato da Antonio Angelino detto “Tibiuccio”, 68enne indicato dal collaboratore di giustizia Antonio Cocci come «il capo indiscusso», colui che «comanda su tutta Caivano».

Dopo un periodo di latitanza, Angelino era stato arrestato il 9 luglio scorso in una villetta di Ischitella presa in affitto al canone di 1500 euro mensili, secondo l’accusa, dal 57enne poliziotto municipale di San Cipriano d’Aversa Raffaele Cristiano, ora in cella per concorso esterno in associazione mafiosa.

Proprio seguendo gli spostamenti di Cristiano, anche con l’ausilio di un drone, gli investigatori avevano individuato Angelino che, durante la latitanza, disponeva di una colf che curava la villetta. L’ordinanza della giudice Cerabona raggiunge poi il 32enne Gianfranco Bervicato, irreperibile dalla fine di febbraio e arrestato lunedì mattina dai carabinieri dopo una rocambolesca, ma vana, fuga per i tetti di Caivano e considerato insieme al cugino Raffaele Bervicato, di 30 anni, uno dei “coordinatori” dell’attività di riscossione del “pizzo”.

Secondo i magistrati il «detentore» della lista del racket era invece Giovanni Cipolletti, di 42 anni. Dopo il suo arresto per tentata estorsione del maggio scorso, la lista era stata consegnata alla compagna di Cipolletti, Assunta Reccia, ora agli arresti domiciliari. Dalle indagini è emerso che Cipolletti «coordinava l’attività estorsiva» anche dal carcere, utilizzando un telefono introdotto illegalmente per contattare Raffaele Bervicato.

A seguito della cattura di Angelino, Reccia avrebbe poi consegnato la lista a Gianfranco Bervicato e a un altro soggetto non ancora identificato. Le intercettazioni hanno consentito di ipotizzare almeno 15 episodi estorsivi. Le somme richieste andavano da poche centinaia di euro ai 10mila imposti «a quelli del Bronx».

«L’operazione conferma l’impegno delle forze dell’ordine per il ripristino della legalità, condizione imprescindibile per la rinascita di questo territorio», commenta il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Il percorso però rimane lungo. La Procura di Napoli Nord, guidata dalla procuratrice Maria Antonietta Troncone con la procuratrice aggiunta Maria Di Mauro, ha affidato alla polizia metropolitana il sequestro e la rimozione di un altarino e un’icona celebrativa che, all’interno del cimitero di Caivano, ritraevano il volto di due esponenti della criminalità organizzata.

Le estorsioni, argomenta la giudice Cerabona, vengono imposte «sfruttando la condizione di assoggettamento della popolazione» ovvero «la rassegnazione al pagamento». Per gli episodi desunti dalle intercettazioni non erano state sporte denunce. Il 12 luglio scorso però avviene un episodio che i magistrati definiscono «singolare»: una delle vittime si oppone al pagamento della tangente e respinge gli esattori, registrando anche un video. Gianfranco Bervicato la prende male. Teme di essere arrestato e dice al padre: «Devi incendiare tutti i magazzini». Ma anche un altro imprenditore ha resistito. Lo racconta Raffaele Bervicato a Cipolletti in un’intercettazione del 17 luglio. Fa il nome del commerciante e sottolinea: «Ci ha cacciati».

La vittima aveva affrontato a muso duro gli esattori dicendo: «Andate via da qua sopra…ora chiamo…non venite mai più». Bervicato non se lo aspettava e commenta stupito: «Ha fatto un disastro».

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