Ilaria Salis candidata, dubbi della famiglia e Schlein frena: “Non è in campo”

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Roma — Dopo una settimana di dibattito interno tribolato, Elly Schlein è costretta a smentire in televisione un’idea che era già stata avvalorata e commentata (in tv, in radio, sui giornali) dai big della sua stessa maggioranza (Zingaretti, Misiani, Gribaudo) e annotata dal padre di Ilaria Salis, Roberto, che ieri al Foglio aveva dichiarato: «Il Pd ha gestito male la candidatura». E così, dopo un faccia a faccia mattutino proprio col papà dell’insegnante detenuta da 13 mesi in Ungheria, con tre quarti del partito contrario alla sua corsa per Bruxelles, a sera la segretaria del Pd si è presentata da Bruno Vespa e ha provato a chiudere il caso: «Salis candidata col Pd? Questa ipotesi in questo momento non è in campo – le parole nel salotto politico di Rai 1 – Non c’è nessuna trattativa. Ho voluto incontrare il padre di Salis per discutere come possiamo aiutare a toglierla dalla condizione in cui si trova. Nel dibattito sul toto-nomi terrei fuori una situazione così delicata».

La candidatura di Salis per Bruxelles, a questo punto, pare tramontare, tanto che circola già il nome della sostituta, la giornalista Rai Lidia Tilotta. Decisivo è stato l’incontro tra Schlein e Roberto Salis. Durante il colloquio, che avrebbe dovuto restare riservato e che è stato raccontato ieri da Repubblica, il papà dell’insegnante ha espresso dubbi sulla corsa con i democratici, secondo fonti che hanno seguito da vicinissimo l’operazione. Riportando la posizione della figlia: non so se Ilaria accetterebbe di candidarsi col Pd. Se a questo si aggiungono altri due fattori, cioè l’insofferenza montante delle correnti dem (su questa linea: «Doveroso riportare Ilaria in Italia, ma non incarna i valori del Pd») e il fatto che non sarebbe neppure certo che la detenuta, se eletta all’Eurocamera, possa giovare dell’immunità, è facile intuire perché la leader abbia deciso di tirare una riga. Pur continuando la battaglia politica per il suo ritorno in Italia, di cui Schlein ha discusso di persona, l’altro ieri, con Enrico Letta, prima che l’ex premier, per il suo incarico sul mercato unico in Ue, volasse da Viktor Orbán, affrontando l’argomento.

L’ipotesi della candidatura di Salis era emersa una settimana fa, su queste colonne: Schlein ne ha discusso durante la pre-segreteria di martedì 26 marzo, una riunione con i fedelissimi, al Nazareno, senza però menzionarla nella seduta ufficiale dell’organismo di partito. Il responsabile Economia del Pd, Antonio Misiani, l’indomani aveva confermato: «Ci stiamo interrogando». Nicola Zingaretti, su La Stampa, aveva aperto: «Perché no? Se è utile». Anche la vice-presidente del Pd, Chiara Gribaudo, vicinissima a Schlein, su Rete4 non aveva negato, anzi: «Deciderà innanzitutto lei se candidarsi, il Pd è sempre aperto alla società civile». La discussione era talmente avanzata che per Salis si ipotizzava un posto da capolista al Centro Italia o nelle Isole (Salis è milanese, ma sarda di origini).

La notizia dell’incontro di ieri mattina, però, ha irrigidito diversi big. Perché l’appuntamento è stato visto come un’accelerazione solitaria della leader. E anche perché pochi erano a conoscenza del faccia a faccia. Nel frattempo la destra ha cominciato a punzecchiare i dem. È intervenuto il presidente del Senato, Ignazio La Russa: «La candidatura di Salis può funzionare per prendere voti, sicuramente, sul lato giudiziario non so». «Non credo che nel Pd siano tutti d’accordo», malignava il vice-segretario della Lega, Andrea Crippa. Il capo dei 5 Stelle, Giuseppe Conte, intanto, ci teneva a smarcare il Movimento: «Candidare Salis? Sono valutazioni che noi non stiamo facendo».

Ma al di là delle schermaglie politiche, quello che è venuto fuori nelle ultime ore – e che un pezzo di Pd, contrario alla corsa di Salis, da giorni suggeriva – è che perfino in caso di elezione all’Europarlamento, la detenuta italiana non avrebbe la certezza della scarcerazione, come hanno confermato ieri all’Ansa fonti di Bruxelles. Pure Eugenio Losco, uno degli avvocati italiani di Salis, ieri si mostrava cauto: un’eventuale elezione «dovrebbe determinare l’immunità sul territorio europeo» ma «ci vorrebbe comunque un provvedimento ungherese» di scarcerazione. Il legale dell’insegnante a Budapest, Gyorgy Magyar, invece sosteneva che se fosse eletta a Bruxelles, «il processo contro di lei dovrebbe essere sospeso». Troppe interpretazioni contrastanti. Così la famiglia si sarebbe convinta a non puntare su una corsa politica – a cui si sarebbero interessati pure i rossoverdi – per un’immunità fondamentalmente a rischio, in punta di cavillo.

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