Massimo Giannini: tutto crolla e noi pensiamo alle balene

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Ma che ci serve l’Europa? Più passano i mesi, più sangue scorre tra i palazzi d’Ucraina o tra le macerie di Gaza, più ci chiediamo dov’è finito lo spirito federale e solidale che ha fatto di questo spicchio di mondo la Terra del Logos e dei Lumi, della discussione e della ragione. Ci chiediamo cosa resta del mito della dea greca che raccoglie fiori sulla spiaggia e doma il Toro bianco, e dunque nella modernità incarna la forza gentile, quella che riflette, che media, che unisce perché sa trovare sempre la sintesi tra una tesi e un’antitesi. Ha certamente ragione Romano Prodi, nella postfazione a un bel saggio di Emma Bonino e Pier Virgilio Dastoli (appena uscito da Marsilio) a dire che l’Europa è il romanzo della nostra vita, del passato che abbiamo vissuto e del futuro che abbiamo davanti.

A ricordare che la pagina più commovente e entusiasmante di questa nostra storia comune fu scritta a Ventotene. A stupirsi per il coraggio di quel manipolo di confinati, da Altiero Spinelli a Ernesto Rossi, che su un’isoletta lontana da dio e dagli uomini, al culmine della repressione fascista e alla vigilia della Seconda guerra mondiale, scrissero un documento di una potenza straordinaria e visionaria. L’Europa dei popoli, unita e federale, capace di incidere e di cambiare la storia del mondo. Ma cosa resta, di quel sogno? Andiamo verso le elezioni del 9 giugno come a un funerale di prima classe. Non tocchiamo palla sulle due guerre che squassano il pianeta, dove ognuno fa per sé, tra una Meloni con l’elmetto anche di notte, un Macron che prima non vuole umiliare Putin poi gli vuole mandare le truppe contro e uno Scholz che non riesce a recidere le radici tedesche con Mosca. In compenso ci logoriamo in guerricciole miserabili, tra una presidente del Consiglio che in Parlamento nasconde la testa dentro il soprabito e una presidente della Commissione che fa la madonna pellegrina per raccogliere voti ovunque e a qualunque costo. Per il resto, a parte il Pnrr, da Bruxelles arrivano solo doveri, incomprensibili al cittadino medio e incompatibili con le sue tasche: case green da ristrutturare a botte di 20 mila euro per appartamento medio, auto a benzina e diesel da rottamare in cambio di macchine elettriche da non meno di 25 mila euro a modello. «Cara Presidente Von der Leyen, ci aiuti a mantenere viva la memoria di Ventotene…», detta Sandro Molino (Silvio Orlando) al piccolo Tito nello splendido Un altro Ferragosto di Paolo Virzì. Il vecchio comunista sogna di imbarcarsi con Altiero e Ernesto, e poi Pertini e Colorni, per andare a fare la lotta partigiana nell’Italietta sbandata dopo l’8 settembre. Invece sta solo attraversando il suo Acheronte. Ursula non gli risponderà: è troppo presa a farsi vedere con Giorgia, per raccattare voti a destra. Alla fine, rischia di aver ragione solo Daniela (la fantastica Emanuela Fanelli) nel suo monologo al curaro: stamo a morì, e annamo in giro a sarvà le balene.

Sul Venerdì del 20 marzo 2024

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