Il principe di Torlonia come il Marchese del Grillo, compra 150 mila euro di mobili e vasi antichi ma non paga e scappa: “Mi dispiace ma io so io e voi…”

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Mobili di pregio, antichi vasi orientali e una preziosa sedia da barbiere. Il buon gusto, un certo tocco di eccentricità e un amore per tutto quello che viene dall’Asia non mancano al principe Giovanni Torlonia, sessantunenne esponente di una delle più antiche, ricche e blasonate famiglie nobiliari di Roma.

Cresciuto tra lusso ed eleganza ha saputo immediatamente individuare i pezzi di pregio nella bottega di uno degli storici antiquari della Capitale.

Nonostante ciò, al buon gusto non è corrisposto nemmeno un pizzico di onestà. Infatti, dopo aver richiesto che la preziosa mobilia venisse recapitata nel suo super appartamento di via Napoleone III, all’Esquilino, ha fatto perdere ogni traccia di sé e, alla fine, non ha pagato niente.

Nemmeno un euro dei 150 mila di arredi prelevati nel negozio nel cuore di Roma. Un colpaccio messo a segno dal nobile che, per poco, e visto il valore dei pezzi, ha rischiato di mandare a gambe all’aria un importante antiquario capitolino.

La vicenda è singolare, e ricorda la “sola” che il marchese del Grillo, nel film capolavoro di Mario Monicelli, rifilò all’ebanista Aronne Piperno quando si fece costruire alcuni mobili di casa salvo poi non pagarlo.

Alberto Sordi, che nel film era appunto il marchese, alla fine saldò quanto dovuto al povero artigiano. L’epilogo di questa storia, quella che vede come protagonisti il principe e l’antiquario, non ha avuto per adesso questo lieto fine.

Il sessantunenne nobile romano è letteralmente sparito assieme agli arredi. Le ultime notizie lo danno residente a Londra. Lo stesso lussuoso appartamento in cui ha vissuto per anni a Roma è finito all’asta.

Ma l’antiquario è tutt’altro che vinto ed è restio a incassare uno 0 sul suo conto corrente, nella peggiore delle ipotesi rivuole avere i suoi preziosi beni. Dalla sua ha una sentenza del tribunale civile di Roma che gli dà pienamente ragione.

Verdetto importante ma che da solo non basta. Per questo ha incaricato un esperto avvocato, il penalista Francesco Monarca, affinché trovi la via d’uscita dal labirinto in cui si è infilato: 15 vasi cinesi di epoca Qing, dal 1661 fino al 1875, una coppia di vasi giapponesi di epoca Tokugawa della fine del Settecento, una antica sedia da barbiere girevole, un braciere e tre catini in rame datati tra la fine del XVIII e il XIX secolo.

Tutto questo pacchetto di preziosi arredi non si sa dove siano finiti. Del caso si occupano anche i carabinieri del nucleo tutela patrimonio culturale che passano al setaccio le più importanti aste dove queste preziose creazioni vengono solitamente vendute. Insomma, la storia è tutt’altro che finita e l’antiquario tutt’altro che battuto.

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