Maxi furto di dati degli automobilisti Ue a Londra: “Una polizia italiana complice degli inglesi”

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Apparentemente potrebbe sembrare una piccola storia: automobilisti multati ingiustamente. Una macchina inquinante in una zona vietata, un ticket da 14 euro non pagato. E invece è diventato un maxi scandalo del nuovo mondo, potenzialmente il più grande furto di dati della storia. Perché quelle multe sono state fatte a Londra, ai tempi della Brexit. E i dati degli automobilisti sono stati invece dati da qualche paese europeo, nonostante questo non fosse possibile: da quando infatti il Regno Unito è uscito dalla Ue non ci può essere circolazione di dati dei cittadini europei, se non in presenza di reati penali.

L’Italia sarebbe coinvolta, ma nessuno sa nulla

La novità delle ultime ore, emersa grazie a un’inchiesta del Guardian, è che ad aver causato la fuga di notizia sarebbe stato «un corpo di polizia italiano» che avrebbe concesso alla società di trasporti londinese, la Tfl (la Transport for London) l’accesso ai dati degli automobilisti europei. Il Guardian non precisa quale sarebbe questa forza di polizia, né se l’emorragia di dati sia stata in qualche maniera autorizzata o se, invece, sia avvenuta per mano di qualche agente infedele.

Certo è che al momento la notizia non trova alcuna conferma nel nostro Paese: non ne sa nulla la Polizia, niente i Carabinieri, niente la Guardia di finanza. Non è stata avvisata l’Agenzia nazionale per la cybersicurezza: «Se fosse successa una cosa del genere sarebbe gravissimo: i dati in questione sono riservatissimi e potenzialmente potrebbero essere utilizzati in modo molto più incisivo, e dunque pericoloso, rispetto a delle multe per violazioni del codice della strada», ragiona con Repubblica una fonte di primo livello del settore. «Ci sembra difficile ci sia stata una collaborazione ufficiale da parte di una forza di polizia italiana. Se c’è stata una qualsiasi violazione è evidente che bisognerà intervenire». Il Guardian parla anche di un’inchiesta aperta dal Garante per la privacy: anche questa informazione non trova conferme né smentite nell’ufficio di Pasquale Stanzione.

Il procedimento in corso in Belgio

Tant’è. Qualcosa di più si capirà nei prossimi giorni anche perché un’istruttoria è stata chiesta ufficialmente, per ricostruire se davvero ci sia stata una falla nel sistema italiano. In Belgio è in corso un procedimento a un ufficiale giudiziario proprio per accesso abusivo al sistema informatico: l’uomo avrebbe comunicato i dati degli automobilisti a Euro parking collection (Epc), la società che Tfl utilizza per emettere le multe e notificarle. E proprio Euro Parking sarebbe l’anello debole (o forte) della situazione: sarebbe questa società a gestire illegalmente il maxi database grazie al quale, sempre secondo il Guardian, sono state notificate circa 320mila multe negli ultimi tre anni.

Alcuni casi sono abbastanza clamorosi: un autista francese, titolare di un minibus turistico, ha avuto multe per 20mila euro. Mentre i camionisti olandesi, che hanno presentato una serie di ricorsi al governo, ne avrebbero ricevute per 7,5 milioni.

Tfl ed Epc hanno respinto ogni accusa: dicono che non ci sia alcun «contatto» italiano che ha consentito loro di accedere ai database europei. E che, per notificare quelle multe, non sono stati consultati elenchi che non avrebbero potuto essere letti. «Ogni agenzia privata che lavora per noi deve adeguarsi alle legislazioni nazionali per la protezione dei dati personali e lo abbiamo richiesto anche a Epc. Che tuttavia, nelle sue richieste alle autorità europee, si è sempre qualificata come rappresentante di Tfl e nella Ue le è stato permesso di accedere regolarmente ai database».

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