Anna Maria Cisnit, la sindaca anti-Islam che vieta la preghiera. Preti e imam insieme per la libertà di culto

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MONFALCONE – Da sindaca leghista nell’ex Stalingrado rossa dell’Italia, ad aspirante Marine Le Pen del Nordest, sorpassando a destra gli stessi vertici del Carroccio in vista del voto europeo. Anna Maria Cisint, storica pasionaria xenofoba con una carriera politica fondata sul rifiuto dell’accoglienza nella città giuliana più multiculturale del Paese, apre a modo suo la personale campagna elettorale. Prima chiude improvvisamente due centri islamici aperti da vent’anni. Poi sui social attacca “Repubblica” e la “stampa di sinistra” perché riporta la notizia. Infine alza i toni annunciando di voler anche vietare, assieme alle preghiere comunitarie, il velo alle donne musulmane che vivono sul suolo comunale.

Risultato? Per la prima volta il dormitorio di Fincantieri, esploso a 30mila abitanti e poco meno di 10mila stranieri che parlano 83 lingue, si ribella e dice basta alla propaganda dell’odio e della paura. “Sabato 23 dicembre – annuncia l’imam Abdel Majid Kinani nel centro Darus Salaam oggi deserto – invitiamo a Monfalcone tutti i rappresentanti spirituali dei centri islamici d’Italia e le persone che difendono la libertà di culto tutelata dalla Costituzione italiana. Sarà una manifestazione nazionale pacifica, dopo che la sindaca Cisint ha chiesto agli altri primi cittadini della nazione di seguire il suo esempio. Non c’è alcun allarme terrorismo, nessun rischio di islamizzazione. Da noi si prega insieme un’ora il venerdì e per cinque minuti negli altri giorni, la lingua comune è l’italiano. Per il resto gli spazi sono animati dai bambini, da donne e uomini che vogliono integrarsi. Pretendere solo per noi il rispetto di normative riservate ai grandi luoghi di culto è un modo per armare la burocrazia a fini politici”.

L’ultimo attacco dell’allieva dell’ex sindaco di Treviso Giancarlo Gentilini, noto per incitare a “sparare agli immigrati come ai leprotti” e per segare le panchine pur di non farvi “posare il sedere agli extracomunitari”, minaccia di rivelarsi un boomerang. Contro le ordinanze di stop e al fianco di una comunità islamica “sorpresa, spaventata e arrabbiata”, si schierano i parroci cattolici e le associazioni che da decenni operano per la convivenza. Pronto anche il ricorso al Tar. “Siamo vittime – dice Anna Troilo, fondatrice di Monfalcone Interetnica – di una mistificazione provocatoria. Cisint accredita la narrazione di clandestini pericolosi, potenzialmente terroristi, decisi a islamizzare l’Occidente. Io vedo persone che soffrono, lavorano e pagano le tasse con regolare permesso di soggiorno. Senza stranieri questa città sarebbe finita: vietare loro la fede comunitaria, sgomberando perfino un parcheggio e negando alle donne il bagno secondo tradizione, è una violenza che odora di razzismo. Il rischio è che qualcuno, assecondando auspici politici inconfessabili, davvero si ribelli”.

L’incubo dello scontro è tale che anche don Flavio Zanetti e don Paolo Zuttion hanno scritto ai fedeli per “invitare alla pacificazione”. “La libertà di culto – dicono – è un valore da rispettare. I problemi non si risolvono aizzando gli uni contro gli altri”. Il contrario degli attacchi ripetuti da Cisint, che si dichiara “aggredita dai super giornali di sinistra”. “Mai detto di voler vietare agli islamici – assicura in un videomessaggio registrato in ufficio – di pregare. Le moschee chiuse avevano autorizzazioni commerciali e direzionali. Devo far rispettare norme urbanistiche e legalità, questione di piano regolatore”. Poi il cedimento alla retorica meloniana. “Sono una donna e sono una mamma – dice – in futuro non vorrei vedere in Italia una figlia con il velo, sposa-bambina, o trattata da schiava come le giovani islamiche in età fertile”.

In città migliaia di bengalesi, bosniaci, albanesi, turchi e marocchini, trasecolano. “Mai dato problemi – dice il giovane Frat nel kebab Istambul – e tantomeno qualcuno prova a convertire gli italiani. Certe parole servono per ridurre Monfalcone a una polveriera”. Le prove generali, dopo l’attacco di Hamas contro Israele. “Cisint – dice l’imam Mizanur Rahaman – ha esposto la bandiera israeliana sulla facciata del municipio. A una manifestazione pro-pace in Palestina un ragazzo ha urlato Allah Akbar. Da allora si è scatenata la repressione. L’islam però difende la pace ed è nel cuore. Chiudere i luoghi di culto non demolisce la fede, alimenta estremismo e integralismo”. Quattordici, in sette anni, gli inviti a un incontro rivolti dalla comunità islamica alla sindaca salviniana. Ignorati. “È ora – dice lei – che i bangla si rendano conto che qui decidiamo noi come si vive”. Donna, mamma, sindaca-sceriffa, italiana: nel suo piccolo il programma europeo del cisintismo monfalconese adesso c’è.

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