Sentenza Nuovo Stadio della Roma, l’esultanza di Parnasi con gli avvocati: “Avete fatto un capolavoro”

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In prima fila c’è il costruttore Luca Parnasi. Agita le carte del processo come fossero un ventaglio per rinfrescarsi. Di tanto in tanto si passa una mano fra i capelli, che si ricompongono alla perfezione in un istante. È il primo ad arrivare intorno alle 17 nell’aula Occorsio di piazzale Clodio. Sorride: «Ho scelto di non parlare e voglio rimanere fedele alla mia scelta». Non è l’unico degli imputati. In aula c’è l’ex assessore regionale Michele Civita, visibilmente dimagrito. La sua carriera politica nel Pd, sempre accanto a Nicola Zingaretti, si è interrotta all’improvviso una mattina del giugno 2018. Mentre aspetta la sentenza ammazza il tempo con il suo collaboratore. Come sempre accade quando il destino incombe, si parla di tutto e di niente. Di giornate spese davanti a Netflix, guardando serie tv «alla fine inizi e rimani incollato per dieci ore», dice Civita, che poi cita Federico Fellini: «Come diceva quello non si interrompe un’emozione». Poi, sornione, alza lo sguardo: «Ormai ci siamo». In aula mancano molti dei nomi più attesi.

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Assente Marcello De Vito

Non c’è il deputato della Lega Giulio Centemero. E nemmeno l’ex presidente dell’assemblea capitolina Marcello De Vito, che dopo aver abbandonato il Movimento 5 Stelle si è avvicinato a Forza Italia. Deluso dalla politica ora esercita la funzione di avvocato. Non c’è Adriano Palozzi, ex sindaco di Marino ed ex consigliere regionale di Forza Italia. L’ex presidente di Acea, Luca Lanzalone, invece, dopo essersi affacciato in mattinata, ha deciso di non tornare in aula. In fondo all’aula, però, c’è l’ex capogruppo 5 Stelle Paolo Ferrara, attuale consigliere capitolino. Inizialmente indagato nell’inchiesta, Ferrara era stato prosciolto da ogni accusa già in fase di indagine. Ha aspettato per tutto il pomeriggio. «Passavo per caso da queste parti e mi sono fermato», dice sorridendo. Non ci crede neanche lui. Da capogruppo del Movimento era diventato uno degli uomini più influenti in Campidoglio, durante l’epoca della Raggi. Poi è arrivato lo tsunami, quello vero: l’inchiesta sullo stadio di Tor Di Valle che ha segnato la fine politica dei grillini romani. «Sono qui da spettatore, perché voglio vedere come va a finire. Io ne sono uscito pulito. Con Marcello abbiamo condiviso un percorso umano oltre che politico».

Il processo

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Il momento del verdetto

Il verdetto arriva alle 18 e 52. Quando i giudici entrano cala il silenzio. I nomi degli imputati scorrono l’uno dopo l’altro. Si parte da Marcello De Vito. Si finisce con Luca Parnasi, condannato a due anni in abbreviato, a fronte degli oltre 8 richiesti dalle pm, Giulia Guccione e Luigia Spinelli. Il costruttore è solare quando esce dall’aula come se fosse stato assolto e abbraccia i suoi avvocati: «Avete fatto un capolavoro».

Nessun commento sulla sentenza, solo una battuta, d’obbligo, sul nuovo progetto dello stadio di Pietralata: «Da tifoso della Roma spero che lo stadio si faccia». Poco dopo esce Civita che ha ritrovato il sorriso dopo 6 anni. Assolto perché il fatto non sussiste. «Di questa vicenda mi ha ferito tutto. Ma oggi è una bella giornata e bisogna solo festeggiare. Cosa penso della mia esperienza politica nel Pd? Sono cose che passano. Poi vediamo».

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