Lo stupore del Colle dopo le accuse di Meloni: mai in discussione la vicinanza alle forze dell’ordine

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Non c’è bisogno di esibire vicinanza alle forze dell’ordine perché quella Sergio Mattarella l’ha sempre dimostrata coi fatti in questi nove anni al Quirinale. Chi ha sentito il Colle, dopo l’attacco di Giorgia Meloni dell’altra sera al Tg2 Post, raccoglie questo umore. Per il resto, raccontano, il Capo dello Stato continua a lavorare, sereno, tranquillo, «è al suo posto per il bene del Paese».

Nessun dubbio sul fatto che fosse lui il destinatario della frase pronunciata dalla premier in televisione dopo i fatti di Pisa («penso che sia molto pericoloso togliere il sostegno delle istituzioni a chi ogni giorno rischia la sua incolumità per garantire la nostra»). E sarebbe ipocrita negare l’inevitabile stupore per una simile affermazione, ma Mattarella non si farà tirare per la giacchetta, né scenderà nell’agone della polemica. Il suo rispetto per le istituzioni è sacro, troppo grande il sentimento di ruolo con cui ha interpretato finora il suo compito di arbitro. Questo equilibrio gli è valsa la popolarità anche tra gli italiani moderati che votano per il centrodestra. Ed è probabilmente proprio questo favore popolare che da tempo agita la destra italiana alle prese con un’operazione di egemonia che non è solo politica ma anche culturale.

Mercoledì sera in tv la premier ha difeso i poliziotti, non ha speso una parola per i liceali bastonati, soprattutto ha instillato veleno nel suo rapporto col presidente. Il che è abbastanza sorprendente, perché, si è sempre detto dal Quirinale, non c’è alcun pregiudizio nei confronti del governo: Mattarella venerdì scorso aveva difeso la premier dal clima d’odio con una nota ufficiale; sabato, prima della telefonata al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, l’aveva informata in anticipo, come poi Repubblica ha scritto sul giornale di lunedì.

Così come non è in discussione il rapporto con gli uomini in divisa. Mercoledì – mentre Meloni era in tv – Mattarella ha chiamato Piantedosi e il capo della polizia Vittorio Pisani per esprimere la sua vicinanza dopo che a Torino una cinquantina di anarchici e di antagonisti avevano assaltato una pattuglia della polizia per liberare un migrante che doveva essere trasferito in un centro di espulsione.

La stima è stata ribadita in maniera reiterata. Un anno fa in occasione dell’anniversario di costituzione della Polizia di Stato, Mattarella disse: «Questa è un’occasione per esprimere la riconoscenza della Repubblica per il vostro impegno e la vostra attività. La realtà è così complessa che presenta una varietà numerosa e imprevedibile di impegni. Tutto questo richiede una dedizione di grande rilievo, una grande capacità professionale. Ogni giorno sono molteplici i casi da affrontare e si tratta di interpretare i valori che la polizia ha tramandato, di generazione in generazione, valori che hanno trovano testimonianza più alta nei caduti del corpo».

«Nel rendere omaggio al sacrificio di quanti operano quotidianamente e alla memoria di chi ha pagato con la vita la funzione di garanzia di rispetto della legge e di sicurezza della società, esprimo alle donne e agli uomini della Polizia, e alle rispettive famiglie, la riconoscenza e la vicinanza della Repubblica» aveva detto l’anno prima.

Quello che voleva dire l’altro giorno («l’autorevolezza delle forze dell’ordine non si misura sui manganelli») è che serve continenza nella gestione dell’ordine pubblico. Non si possono trattare come black bloc dei liceali scomposti. Ma era una rimostranza legata al caso specifico, non certo una delegittimazione delle forze dell’ordine.

In questo anno e mezzo Mattarella ha sempre cercato di mantenere un rapporto di buon vicinato con Giorgia Meloni, anche se le distanze culturali sono sensibili. Nel maggio 2018, dopo il caso Savona, Meloni aveva minacciato l’impeachment, accusandolo di avere «agito al di fuori delle proprie prerogative». Nel 2022 è stata l’unica che non l’ha votato per la seconda volta. A dispetto di questi pregressi il Capo dello Stato si è sempre dimostrato disponibile a trovare una soluzione ai problemi, difendendo il nostro governo all’estero, spronandolo nei suoi rapporti con l’Europa, agevolandone per quanto possibile il lavoro, a cominciare dal Pnrr. Sul premierato, che mette pesantemente in discussione le sue funzioni, non ha detto una parola, né mai la dirà. Ma cos’è questa riforma se non un attacco al Quirinale, così come l’abbiamo conosciuto finora?

La sensazione, per chi segue le vicende della presidenza della Repubblica, è che sia iniziata una nuova fase nei rapporti. Che molte buone maniere stiano venendo meno. La lunga campagna elettorale non aiuta. Mattarella ha 82 anni, fa politica da una vita, conosce come le tasche le insidie del potere, non se ne è mai fatto sedurre. E quando fa trapelare che è «sereno» è perché sa che gli italiani tutti sanno giudicare.

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