Legata a un albero incinta, picchiata e stuprata dall’ex: in aula a Bergamo il racconto dell’orrore. “Botte anche se apparecchiavo male”

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Violentata, umiliata con insulti e sputi, sottoposta a più tentativi di strangolamento a mani nude e con il caricabatterie del cellulare, chiusa in casa, imbavagliata con lo scotch, legata a un albero e picchiata per aver riso davanti alla tv o per aver bevuto “in maniera sbagliata” da una bottiglietta d’acqua: sembra sterminato l’elenco delle vessazioni subite da una 27enne di Muggiò (Monza e Brianza) per mano dell’ex compagno, un 35enne di Casirate d’Adda (nella Bergamasca) finito in carcere a maggio dello scorso anno in quanto presunto autore di tre rapine a mano armata – pistole in pugno e maschere da clown a coprire i volti – messe a segno a Brembate e a Martinengo (sempre in provincia di Bergamo) fra dicembre 2022 e marzo 2023 dalla cosiddetta “banda delle slot”.

Mentre i carabinieri stavano indagando su quei reati – per una delle rapine anche la 27enne è indagata a piede libero – sono emersi i ripetuti maltrattamenti e un episodio di violenza sessuale per cui il 35enne è oggetto di un’ulteriore misura cautelare in carcere e si trova attualmente a processo.

In aula, durante un’udienza al Tribunale di Bergamo, la 27enne ha ricostruito la drammatica cronistoria degli abusi subiti, come riporta Bergamonews: aveva conosciuto l’uomo su Facebook ad agosto del 2022 e poco dopo era andata a vivere con lui a Casirate d’Adda insieme alla figlia di tre anni avuta da una precedente relazione, per poi sposarlo a gennaio del 2023.

Con la convivenza, sono però iniziati gli episodi di violenza: la donna ha raccontato che il marito “era molto geloso, mi chiudeva in casa con le persiane chiuse”. Non le era permesso inoltre “lavorare, andare al supermercato, mettere i tacchi, truccarmi o andare dal parrucchiere, né farmi la ceretta o avere un aspetto curato”.

Per far scattare il 35enne – che praticava le arti marziali miste e secondo la moglie “si faceva una puntura di testosterone al giorno” – erano sufficienti banalità come una forchetta collocata sul tavolo in una posizione a suo giudizio errata o il fatto che la moglie desse del tu e non del lei a qualcuno, familiari compresi.

Per essere perdonata, la donna era costretta a chiedere scusa e talvolta a mettersi in ginocchio per baciargli i piedi.

Una sera, mentre la coppia era a cena in un fast food, l’uomo è andato su tutte le furie perché la moglie ha bevuto da una bottiglietta senza inserire entrambe le labbra nel foro, come lui le aveva insegnato: “Così mi ha portato in auto e mi ha picchiato – ha raccontato la donna in tribunale – Poi mi ha legato a un albero e ha continuato a colpirmi”.

Lei, che all’epoca era incinta, ha cercato invano di fermarlo: “Avevo paura per il nostro bambino, iniziavo a perdere sangue, ma lui non ha voluto portarmi in ospedale”.

Dopo aver deciso di abortire perché i medici le avevano detto che il feto non si stava sviluppando bene a causa delle percosse, la giovane ha tentato in varie occasioni di fuggire, portando con sé la figlia: una volta è riuscita a rifugiarsi in una banca e un’altra – subito dopo lo stupro che ha dichiarato di aver subito a maggio del 2023 – in un pub, dove il barista l’ha aiutata e ha chiamato i carabinieri.

Ai maltrattamenti fisici si aggiungevano poi quelli psicologici: la donna prima di conoscere il marito aveva rischiato la vita per le conseguenze di un intervento di chirurgia estetica che le ha lasciato delle cicatrici e lui per questo la chiamava “cerniera”.

Ospitata prima a casa di amici, la 27enne è tornata nella sua abitazione dopo che lui è finito in carcere e ora ha avviato le pratiche per la separazione e il divorzio.

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