L’irlandese Paul Lynch vince il Booker Prize con il romanzo “Prophet Song”

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E’ un libro asfissiante, profondo e straordinario il vincitore del Booker Prize 2023. Ieri notte ha esultato, nel massimo premio per opere in lingua inglese, lo scrittore irlandese Paul Lynch con il suo Prophet Song. Un romanzo non lungo ma emozionalmente sterminato, che racconta un’Irlanda tremenda e claustrofobica, conquistata dall’estrema destra e sul precipizio del totalitarismo. Dove i cittadini svaniscono o vengono arrestati, dove i giovani sono requisiti dall’esercito e dove la democrazia e la libertà stanno svanendo.

Lynch, 46 anni di Limerick ora dublinese con moglie e due figli, ha vinto a pochi giorni della “giornata della vergogna”, come l’ha definita il premier irlandese Varadkar. Quando, giovedì scorso, estremisti di destra, razzisti e teppisti hanno assediato e devastato il centro della capitale irlandese dopo l’accoltellamento di tre bambini e una donna da parte di un uomo apparentemente di origine nordafricana. Ma questa non è la “solita” opera distopica, orwelliana. Perché Lynch riesce a tessere le tensioni e la fragilità contemporanee, con una scrittura viscerale, poetica e spietata. Dove, come in Joyce, la punteggiatura è praticamente assente. Un’alienazione perpetua, che nelle sue opere pervade un’Irlanda plurisecolare come avevamo già visto nel travolgente Oltremare e negli altri romanzi: l’esordio Cielo Rosso, Neve nera, e Grace in Italia tutte tradotte da 66thand2nd. Che ovviamente ora pubblicherà, a inizio 2024, anche il Canto del profeta, secondo la giuria meritevole del prestigioso Booker perché «trionfo di uno storytelling emozionante e veritiero, che scuote l’anima dei lettori. I quali non dimenticheranno gli avvertimenti di questo libro».

Prophet Song, uscito quest’anno, è il quinto romanzo di Lynch e racconta la storia di Ellish Stack, scienziata e madre che si ritrova da sola con quattro figli dopo che lo Stato irlandese ha rapito il marito sindacalista, per motivi sconosciuti. Qui inizia una storia umbratile e tirannica, che costringerà la donna a scelte ferali, tra l’istinto di salvare la sua famiglia e la dannazione dell’addio a ogni libertà. Per un Paese e i suoi figli sull’orlo di un collasso capitale, sebbene Lynch non rinunci al vitale humour irlandese. «Ho scritto questo romanzo pensando al dramma della guerra in Siria: la fuga dei rifugiati, la guerra che distrugge ogni certezza, l’incapacità di immedesimarsi in chi soffre», avverte Lynch, paragonato negli anni ai giganti Hemigway, Dostoevskij, McCarthy, Atwood, Melville, Beckett e Golding. «Perché questa implosione, un giorno, può capitare anche a noi».

«È quella che definisco empatia radicale», continua Lynch, «il lettore deve provare lo struggente dolore altrui. Non a caso, questo romanzo, pur scritto prima, richiama le tragedie della guerra in Ucraina, in Medio Oriente e l’attuale ondata di estremismo e disinformazione in Occidente. Tutto si lega e ci interessa terribilmente: non è distopia, ma altissimo realismo». Secondo l’Observer, Prophet Song è «un libro cruciale per la nostra era», pervasa da un’inarrestabile ansia politica e sociale.

Ian Jones

Lynch ha impiegato più tempo del solito a scrivere il Canto del Profeta, quattro anni. Non solo perché nel frattempo ha avuto due figli. Soprattutto, il romanzo precedentemente in testa lo ha cestinato: «Poi un mattino, quando sono ripartito da zero, ho scritto le prime pagine di Prophet Song di getto. Erano perfette».

La vittoria del Canto del Profeta – premio 50mila sterline – non è solo un inno agli editori indipendenti, in questo caso Oneword per l’opera originale, che incassa un altro trionfo alla stregua della Fitzcarraldo Editions plurivincitrice di Nobel. Lynch è anche il quinto autore irlandese a conquistare il Booker dopo colossi come Murdoch, Banville, Doyle ed Enright, oltre alla nordirlandese Anna Burns nel 2018 con Milkman. Nonostante le ultime tensioni, l’Irlanda e la sua letteratura hanno dominato ancora una volta, con quattro autori nella longlist e due in finale, lui e Paul Murray: «Perché lo Stato irlandese sostiene e finanzia enormemente i suoi scrittori», sentenzia Lynch, «possiamo dedicarci a tempo pieno alla letteratura. E fare del nostro meglio».

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