Territori in cambio di sicurezza: l’ipotesi di Kiev nell’Alleanza se Zelensky accetta la resa a Putin

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BRUXELLES – Una transazione per chiudere la guerra: territori in cambio di sicurezza. Rinunciare cioè alle regioni occupate dai russi ma con la garanzia per l’Ucraina di entrare subito nella Nato. Non si tratta di una ipotesi discussa formalmente durante l’ultimo vertice dell’Alleanza a Bruxelles. Ma di certo di una possibilità che ciclicamente ritorna in tutte le conversazioni informali. Anche negli ultimi giorni. E sta anzi diventando il motore per accelerare sugli aiuti a Kiev.

Non è un caso che mercoledì scorso il segretario generale, Jens Stoltenberg, abbia rilanciato l’idea che prima o poi ci sarà l’adesione del Paese guidato ora da Zelensky. E ieri è stato il segretario di Stato Usa Blinken a riproporre questa prospettiva. Perché? Per due motivi.

Il primo è semplicemente che questo “scambio” viene considerato da molti esperti una delle soluzioni possibili per porre fine alla guerra. Non è un’opzione valutata al momento politicamente. Ma è sul tappeto di fatto.

Il secondo motivo è più concreto. Molte Cancellerie europee e la stessa Casa Bianca hanno cominciato a convincersi con preoccupazione che questa potrebbe essere la carta di Donald Trump nel caso in cui vincesse le elezioni di novembre. L’ex presidente americano ha più volte assicurato che se tornerà ad essere il “Commander in Chief” chiuderà il contenzioso Mosca-Kiev in un battibaleno. E questa sarebbe appunto la mossa per ritagliarsi il ruolo di “kingmaker” della pace.

La mossa di Stoltenberg: “Fondo Nato da 100 miliardi per Kiev”

Sostanzialmente il disegno consisterebbe nel lasciare al Cremlino i territori occupati. La Crimea e le altre quattro regioni conquistate negli ultimi due anni. E poi però blindare i confini. Facendo entrare quel che resta dell’Ucraina nella Nato. Un percorso che assomiglia molto a quel che accadde dopo la II Guerra Mondiale con la Germania Ovest. La nazione tedesca venne divisa in due, concedendo di fatto il controllo della parte orientale all’Urss e nello stesso tempo inglobando, nel 1955, la parte occidentale nell’alleanza militare atlantica.

Poco meno di un anno fa, al summit di Vilnius, il presidente ucraino Zelensky si presentò chiedendo proprio di essere associato subito come membro del Patto Atlantico con la speranza di sigillare immediatamente i confini e quindi rispondere militarmente all’invasione russa. In quell’occasione, pur rassicurandolo sul futuro, più o meno tutti i partner – a partire dagli Stati Uniti – si espressero contro questa richiesta per evitare di entrare direttamente in guerra con Mosca. Ora, però, lo scenario potrebbe cambiare. Soprattutto nel caso in cui Trump tornasse a sedersi nello Studio Ovale.

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Ma proprio per questo motivo sta crescendo la necessità di accelerare sugli aiuti a Kiev. Il segretario generale della Nato ha in particolare sottolineato la necessità di rendere il sostegno militare permanente e non vincolato alla aleatorietà della politica proprio in questa ottica. Anche perché, se davvero venisse accolta questa soluzione, è indispensabile che da qui all’inizio del prossimo anno l’Ucraina conservi la maggiore estensione possibile del suo territorio. E per raggiungere questo obiettivo è necessario rifornire di armi, munizioni e forse anche uomini l’esercito di Zelensky. L’ “ipotesi Trump” crea un certo allarme in Europa perché si tratterebbe comunque di un cedimento alla prepotenza russa.

La controffensiva russa è ormai partita. L’attentato rivendicato dall’Isis sta diventando per Putin una gigantesca giustificazione per intensificare i bombardamenti anche sulle strutture e la popolazione civile. Anche il Cremlino è consapevole che il 2025 sarà l’anno in cui si potrà giocare una tregua. Ma il 2024 è ancora quello della battaglia. La mobilitazione di altri 300 mila militari aggiunti disposta dal Cremlino e la legge firmata da Zelensky che abbassa l’età del reclutamento a 25 anni, dimostra che i prossimi saranno i mesi della verità. Il confine tra Russia e Ucraina è lunghissimo e ha bisogno di uomini per essere presidiato. Il timore che l’Armata putiniana sfondi è ormai un brivido costante che corre lungo la schiena di tutti i leader europei.

Per di più le elezioni americane di novembre stanno diventando una sorta di “congelatore” di molte delle scelte globali. In sostanza il presidente russo non ha alcun interesse a trattare ora un armistizio o qualsiasi altra opzione con Biden. Lo farà con il nuovo o con il confermato inquilino della Casa Bianca. Fino ad allora deve irrobustire le sue posizioni di partenza. Ossia conquistare pezzi di Ucraina. Kiev e i suoi alleati hanno bisogno di fare esattamente l’opposto. Sapendo che la primavera è la stagione della guerra sul campo, quella più violenta. E che solo l’anno prossimo si aprirà uno scenario diverso. In cui le munizioni saranno soprattutto i territori conquistati o difesi come nel più drammatico Risiko.

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