No vax, putiniani e animalisti, la zattera di Cateno De Luca: “Così sbarchiamo in Europa”

Pubblicità
Pubblicità

ROMA — «Nell’ottobre di due anni fa sono finito in ospedale per un sospetto ictus, il medico mi ha detto: “Cateno, lei si deve fermare, vive sette vite in contemporanea”. E in effetti sono sindaco di Taormina, deputato regionale, seguo ancora la mia azienda, mi sto diplomando al conservatorio, sono marito e genitore, certo — sospira — la notte non dormo». Direttamente dal teatro dell’assurdo Cateno De Luca, il capo del movimento Sud chiama Nord, ha riunito diciassette simboli nel listone chiamato Libertà. A tanti marginali ha offerto una zattera per le prossime elezioni europee: euroscettici, putiniani, no vax, cattolici integralisti, animalisti, ex bossiani delusi, perfino il capitano Ultimo che catturò Totò Riina e Sergio Pirozzi, l’ex sindaco di Amatrice, in prima fila nei giorni tragici del terremoto.

Cateno De Luca avvia la campagna acquisti per le Europee: lo show con ex leghisti e valdostani

«Quindi lei è contro i vaccini?», chiediamo a Cateno. «Io? Scherza! Durante il Covid ero chiamato lo sceriffo». Ma allora perché ha imbarcato la paladina no vax Sara Cunial? «Vabbè, che c’entra, qua stiamo parlando di Europa». Come ha conosciuto il filo-russo Vito Comencini, il leader di Popolo Veneto? «Si è presentato al convegno di Gianni Alemanno a novembre, un omone di due metri, e ci siamo fatti simpatia». Ma lei sta con Putin o con Zelensky? «Io sono siciliano. Noi siciliani siamo contro le invasioni…». E quindi che c’azzecca con i filo Mosca? «Vabbé, ma qui siamo impegnati in una battaglia diversa. Meno Europa, più sovranità». Ecco, lei, è l’ennesimo uomo di destra travestito da populista. «Adesso lei mi offende, io ho amministrato cinque Comuni». Ma politicamente come si definirebbe? «Sturziano!».

Un po’ Achille Lauro, un po’ Uomo qualunque, nel solco del meridionalismo ribelle, De Luca non crede nelle idee, è sospettoso e vanitoso, ma a suo modo simpatico perché umanissimo. Dice frasi tipo: «Metterò in vendita la mia adrenalina». «Il 5 maggio da Fiumedinisi, il mio paese, partirà la nuova spedizione dei Mille, gli apostoli della libertà». In Sicilia ha un suo seguito. Infatti dice «sono il primo partito e mi alleno per diventare il prossimo governatore. Ho sempre lottato contro la mafia, il capitano Ultimo l’ho conosciuto a un convegno a Rosolini, nel Siracusano, mi ha chiesto il numero di telefono». La sua forza nell’isola è reale, altrimenti non avrebbe eletto due parlamentari alle ultime politiche, poi si è voluto candidare alle supplettive di Monza (contro Adriano Galliani), una smargiassata, e lì si è fermato all’un e otto per cento.

Ieri era a Roma. Dove all’Hotel Nazionale ha presentato l’ultimo acquisto della lista Libertà: Mario Adinolfi, l’ex pd ora a capo di Popolo della famiglia. Adinolfi lo ha preso in braccio, hanno cantato insieme libertà. Cabaret. «Avete presente i gemelli De Vito e Schwarzenegger? Uno è alto e colto, ma ingenuo, l’altro è basso, scaltro, e vive ai confini dell’illegalità», racconta Adinolfi. E De Luca: «Decidete chi è l’uno e chi l’altro». Con lui ci sono anche i fuoriusciti dell’Italexit di Gianluigi Paragone, all’ultimo li ha mollati l’ex ministro Roberto Castelli, «ma sono rimasti quattro valdostani», dice Cateno, e con loro pure quelli dei trattori, i pensionati. Ha presentato gli ultimi quattro loghi, tra cui quello del movimento Sovranità di Marco Mori, transfuga del gruppo di Alemanno e Progresso sostenibile di Giulia Moi, ex europarlamentare del M5S, un altro ex grillino è Marcello De Vito. E già viceministra M5S all’economia è Laura Castelli, riciclatasi come presidente di Nord chiama Sud: «Puntiamo a fare crescere una nuova classe dirigente», ha detto Castelli di recente in un’intervista. Il loro simbolo è una macedonia di contrassegni. E che chance avranno a giugno, vista la soglia del quattro per cento? Serve un milione di voti. Un’enormità. «Eleggeremo tre-quattro europarlamentari», spara il tribuno Cateno, che dice che la campagna costerà un milione di euro. «Ho già organizzato una cena per trecento persone a Taormina, mille euro per il sostenitore semplice, da diecimila in su la quota per i finanziatori».

Poi non si contiene, e l’impulso del bullo gli dice di attaccare Carlo Calenda, «il pariolino», mentre «io ho i calli alle mani, ho fatto il muratore, il barista, il contadino. Calenda ha i calli al culo per tutte le poltrone che gli ha regalato il suo amico Matteo Renzi». «Io ho iniziato a lavorare a diciotto anni, mentre crescevo una figlia che ho avuto a sedici», gli ha ricordato il leader di Azione.

Pubblicità

Pubblicità

Go to Source

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *