Scende la fiducia dei consumatori, sale per le imprese

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Cala la fiducia dei consumatori ma torna a salire quella delle imprese. A marzo, rileva l’Istat, l’indice di fiducia dei consumatori subisce una battuta d’arresto interrompendo la crescita degli ultimi quattro mesi: l’indicatore diminuisce riportandosi sul livello dello scorso gennaio. Per le imprese invece, dopo il calo dello scorso febbraio, l’indice torna ad aumentare rimanendo comunque al di sotto della quota raggiunta a gennaio 2024.

A marzo 2024 l’indice del clima di fiducia dei consumatori diminuisce da 97,0 a 96,5 mentre l’indicatore del clima di fiducia delle imprese sale da 95,9 a 97,0. L’evoluzione negativa dell’opinione dei consumatori sintetizza il deterioramento sia del clima personale (da 95,2 a 94,6) sia di quello corrente (l’indice cala da 97,0 a 96,0); il clima economico rimane sostanzialmente stabile (da 102,0 a 101,9) e quello futuro registra un incremento marginale (l’indice passa da 97,1 a 97,2). Per quanto riguarda le imprese, l’indice di fiducia aumenta in tutti e quattro i comparti economici indagati, seppur con intensità diverse: nelle costruzioni e, soprattutto, nel commercio al dettaglio si registrano gli aumenti più consistenti (rispettivamente da 104,3 a 105,8 e da 100,8 a 104,6); nella manifattura e nei servizi si stima una crescita più contenuta (l’indice sale, nell’ordine, da 87,5 a 88,6 e da 100,2 a 100,7). Guardando ai settori, nella manifattura tutte le componenti sono in miglioramento; nelle costruzioni giudizi sul livello degli ordini e/o piani di costruzione sostanzialmente stabili rispetto al mese scorso si uniscono ad attese sull’occupazione presso l’azienda in deciso aumento. Nel commercio al dettaglio, tutte le variabili registrano una dinamica positiva; si segnala che l’indice di fiducia aumenta nella grande distribuzione (da 98,6 a 103,8), mentre cala nella distribuzione tradizionale (da 109,7 a 108,8). In base ai giudizi forniti dagli imprenditori del comparto manifatturiero sui fattori negativi che condizionano l’export (variabili rilevate trimestralmente), nel primo trimestre 2024 si stima un lieve aumento della percentuale di imprese con difficoltà nell’export.

Le imprese italiane si sono dimostrate “più resilienti di fronte agli shock” posti dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina, con un sistema produttivo che si è rafforzato nel decennio successivo alla crisi finanziaria del 2008-2009 e alla crisi del debito del 2012. E’ quanto emerge dal ‘Rapporto sulla competitività dei settori produttivi’ dell’Istat. Durante un briefing di presentazione del rapporto Claudio Vicarelli, ricercatore senior dell’Istituto statistico, ha spiegato che le imprese “hanno dimostrato una certa resilienza considerando l’entità dello shock fortissimo”.

Nello scenario avverso in cui la Bce non dovesse allentare le condizioni finanziarie per le imprese, “fino a un quarto delle società di capitali potrebbe andare sotto la linea di galleggiamento, specie terziario”. Lo ha spiegato Stefano Costa, primo ricercatore presso il Servizio per l’analisi e la ricerca economica e sociale dell’Istat, durante il briefing di presentazione del Rapporto sulla competitività dei settori produttivi dell’Istat. Il rapporto indica che “a seguito del rialzo dei tassi d’interesse, ne 2022-23 il 24,7% delle imprese ‘in salute’ o ‘fragili’ potrebbe divenire ‘a rischio’ o ‘fortemente a rischio’.

La dipendenza economica dell’Italia dalla Germania “si è ridotta nel periodo pre-pandemico ed è aumentata quella nei confronti degli altri Paesi”. Lo si legge nel ‘Rapporto sulla competitività dei settori produttivi’ dell’Istat. “La recessione tedesca del 2023 ha avuto, tramite l’export, un effetto sulla crescita italiana stimato in due decimi di punto di Pil. Ma forse ha inciso meno di quanto sarebbe successo in passato”. Senza una recessione tedesca “l’economia italiana sarebbe cresciuta a 1,2%” ha spiegato Monica Pratesi, direttrice del Dipartimento per la produzione statistica dell’Istat.
   

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