Suicidio del trapper Jordan Jeffrey Baby in carcere a Pavia, verifiche in corso del Garante dei detenuti

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Sul caso di Jordan Tinti, il trapper di 27 anni noto con il nome di Jordan Jeffrey Baby, morto suicida nel carcere di Pavia, il Garante nazionale dei detenuti sta assumendo in queste ore informazioni dettagliate.

A quanto si apprende, il Garante punterà a verificare tutte le circostanze emerse. Tinti aveva già tentato il suicidio in passato e aveva confidato al suo avvocato di avere subito maltrattamenti e abusi in carcere da parte di altri detenuti.

Il 27enne un anno fa era stato riconosciuto colpevole di rapina aggravata dall’odio razziale, ai danni di un operaio di 42 anni originario della Nigeria e condannato a 4 anni e 4 mesi.

L’aggressione era avvenuta in un sottopassaggio della stazione di Carnate (Monza e Brianza). Tre mesi fa Jordan era stato stato trasferito in una comunità pavese, dopo aver ottenuto la misura dell’affidamento terapeutico. Misura che è stata poi sospesa dal Tribunale di Sorveglianza, che ha disposto il ritorno in carcere del giovane trapper, trovato morto nella sua cella ieri a Torre del Gallo, che – spiega l’associazione Antigone, “a fine febbraio, aveva un tasso di affollamento del 126%, con 650 persone detenute a fronte di 515 posti disponibili”.

Sottolinea una nota di Antigone: “Continua a crescere il numero dei suicidi nelle carceri italiane. Gli ultimi tre sono avvenuti a distanza di poche ore nel carcere di Pavia, in quello di Teramo e in quello di Secondigliano. Il primo – su cui si attendono conferme – riguarda il trapper Jordan Jeffrey Baby ed è avvenuto nel carcere di Pavia. Il secondo, poche ore dopo, nel carcere di Teramo, dove un ragazzo di venti anni si è tolto la vita nel giorno del suo compleanno. Mentre, sempre ieri, si era tolto la vita nel carcere di Secondigliano una persona di 33 anni. Il totale nel 2024 è di 23 suicidi, uno ogni 3 giorni”. L’associazione continua: “Chiediamo ancora una volta che Governo e Parlamento aprano una discussione pubblica sul tema carceri. Chiediamo a tutti i parlamentari di visitare le sezioni più affollate degli istituti di pena e quelle dove si vive peggio, come il settimo reparto di Regina Coeli. Lanciamo anche un allarme sul nuovo reato di rivolta penitenziaria, previsto nel ddl sicurezza che andrà a punire persino la resistenza passiva dei detenuti con tanti anni di carcere. La disobbedienza nonviolenta gandhiana è trattata come un crimine. Il rischio è che aumentino ancora atti di autolesionismo, tentativi di suicidio e suicidi. Per questo – conclude il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella – auspichiamo che questo provvedimento venga presto ritirato e che si approvino norme nel segno della modernizzazione, umanizzazione, deflazione”.

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