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Fmi, l’Italia frena nel 2023 S&P taglia outlook sulle riforme

L’Italia fa meglio delle attese nel 2022. Complici la ripresa del turismo e dell’attività industriale, la crescita del Belpaese è prevista volare quest’anno al 3%. Ma già nel 2023 si assisterà a un “significativo rallentamento” legato in parte agli elevati prezzi dell’energia. In questo quadro è necessario continuare con le riforme. E’ la fotografia scattata dal Fondo Monetario Internazionale che, constatando l'”aumentata incertezza politica”, si augura che la strada delle riforme non venga abbandonata.

Punta l’accento sulle riforme anche l’agenzia S&P che, confermando il rating dell’Italia BBB, rivede al ribasso l’outlook a stabile da positivo proprio in seguito ai rischi per le riforme legati alle elezioni anticipate. “L’outlook stabile riflette i rischi che un rallentamento o un rovesciamento delle riforme” potrebbero avere per l’economia italiana e per i conti pubblici, afferma S&P, sottolineando come “la revisione riflette anche l’elevata inflazione e i rischi alle forniture energetiche dell’Italia”. S&P non prevede immediati rischi di bilancio dalla transizione al nuovo governo dopo le elezioni però osserva come il voto anticipato “arriva in un momento” difficile per i governi italiano ed europei. L’agenzia non esclude inoltre uno stop completo dei flussi di gas dalla Russia: questo – spiega – farebbe registrare all’Italia una crescita del pil negativa nel 2023 e nel 2024. Al momento S&P stima la crescita italiana a +2,8% nel 2022 e all’1,9% nel 2023. “Questo è un momento importante perché ci sono numerose riforme e programmi nell’ambito del piano europeo. Ci auguriamo che le riforme siano fatte, sarebbero utili per l’Italia. Qualsiasi sarà il governo al potere ci auguriamo che le sostenga”, afferma il capo economista del Fmi, Pierre-Olivier Gourinchas, sottolineando come lo scenario di base del Fondo per l’Italia è stato stilato prima degli ultimi eventi politici e include le riforme. Dopo il +3% nel 2022 (+0,7 punti percentuali rispetto alle previsioni di aprile), il pil italiano frenerà nel 2023 a +0,7%, meno dell’1,7% stimato solo tre mesi fa. Rivede al ribasso la crescita dell’Italia anche Moody’s: il pil del Belpaese è previsto crescere quest’anno del 2,2% e il prossimo dello 0,8% a fronte del +2,3% e del +1,7% stimato in precedenza.

La sforbiciata del Fmi per l’Italia nel 2023 si inserisce in un contrasto generalizzato di rallentamento dell’economia mondiale. I rischi di recessione sono infatti saliti, e sono “particolarmente accentuati” per il 2023, fra la guerra in Ucraina e i suoi effetti, il Covid e l’inflazione. I prezzi, ammette il Fmi, sono alti e lo resteranno: la lotta all’inflazione è la priorità, dicono gli esperti di Washington a poche ore dal nuovo atteso rialzo dei tassi di interesse della Fed. L’economia mondiale rischia così di trovarsi “sull’orlo di una recessione”, spiega Gourinchas. Nell’aggiornamento del World Economic Outlook il Fondo taglia le stime di crescita mondiali al +3,6% quest’anno e al +2,9% il prossimo, e quelle di Eurolandia e Stati Uniti. E avverte: se alcuni dei rischi al ribasso che pesano sull’outlook si materializzassero il mondo potrebbe rallentare ulteriormente, scendendo al +2,6% nel 2022 e al +2,0% nel 2023, un livello toccato solo cinque volte dal 1970. “In questo scenario sia gli Stati Uniti sia l’area euro sperimenterebbero una crescita vicina allo zero il prossimo anno, con effetti negativo per il resto del mondo”, mette in evidenza il capo economista del Fmi. Le chance di una recessione per le economie del G7 sono “quasi il 15%”, ovvero “quattro volte il livello usuale”, osserva il Fondo. Per la Germania sono quasi “una su quattro”.

Per gli Stati Uniti “alcuni indicatori” suggeriscono che “una recessione tecnica potrebbe già essere iniziata”, osserva ancora il Fondo precisando comunque come a suo avviso gli Usa possono ancora evitare una recessione anche se la strada è molto stretta e basterebbe un piccolo shock per modificare il quadro. Sul pil americano del secondo trimestre l’attenzione è alta: secondo gli analisti l’economia potrebbe essersi contratta nuovamente segnando di fatto l’ingresso degli States in una recessione tecnica. La Casa Bianca da giorni minimizza pur nella consapevolezza dei rischi politici che questo significherebbe a pochi mesi dalle elezioni di novembre di metà mandato. “Non penso che vedremo una recessione”, ha detto Joe Biden nelle ultime ore facendo eco a Janet Yellen. Proprio il segretario al Tesoro, la cui levatura e credibilità internazionale non sono messe in discussione neanche dai repubblicani, si presenterà agli americani il 28 luglio, il giorno del pil, per una conferenza stampa. Forse, affermano i maligni, per rassicurare.



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