di (ANSA) – ROMA, 12 FEB – Sostanziale stop a nuovi permessi per il petrolio, ripresa per le prospezioni e le estrazioni di gas in terra e nell’offshore italiano. Con la pubblicazione del Pitesai, il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee, si compie un primo passo verso quell’incremento della produzione del gas italiano a cui il governo sta guardando come una delle armi per contrastare il caro energia. “Regole certe dopo anni di attesa”, dice il Mite che sottolinea come il piano sia stato”fortemente voluto dal ministro della Transizione Ecologica Cingolani per sanare il ritardo della sua pubblicazione”, anche se l’idea di non piace affatto al mondo ambientalista, che è sceso in piazza in 44 città con manifestazioni ‘no gas’.
Complessivamente nel 2021 l’Italia ha prodotto circa 3,2 miliardi di metri cubi di gas e ne ha usati poco più di 72. La ripresa delle estrazioni potrebbe portare ad un raddoppio della produzione italiana, arrivando così ad un 10% circa del fabbisogno nazionale. In primo piano per l’aumento dell’estrazione il ruolo dell’offshore del Mare Adriatico.
Arrivato dopo tre anni dalla moratoria imposta nel 2019 dall’allora governo, il Piano è una mappa, una sorta di piano regolatore, che indica dove sarà consentita l’estrazione di idrocarburi. “Regole certe dopo anni di attesa”, sottolinea il Mite, con alcuni paletti.
L’intento infatti è quello di razionalizzare e concentrare le attività di estrazione su poche concessioni attive. Il via libera infatti riguarda solo le attività le cui domande sono state presentate dopo il primo gennaio del 2010. Troppo poco attente ai criteri ambientali – è questa la considerazione fatta a monte della decisione – quelle antecedenti. Scopo del piano infatti, viene precisato, è individuare “un quadro di riferimento delle aree, a terra e a mare, ove è consentito lo svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, stabilendone la “compatibilità” con il territorio interessato, “secondo valutazioni di sostenibilità ambientale, sociale ed economica.” La soluzione non convince però per niente il fronte ambientalista: “pretendiamo che il governo faccia la sua parte nel contrastare la crisi climatica, definendo immediatamente un piano di uscita dal gas fossile e che gli investimenti previsti in questo settore, comprensivi di Capacity Market (il meccanismo con cui ci si approvvigiona di capacità di energia elettrica con contratti a termine) e che ci costeranno almeno 30 miliardi di euro, vengano direzionati sull’unica vera soluzione: le fonti rinnovabili”, dicono nel loro manifesto gli organizzatori della protesta.
Complessivamente il Pitesai riguarda un ambito del 42% del territorio italiano e stabilisce la chiusura alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di tutte le aree marine e terrestri non comprese nell’ambito territoriale di riferimento della pianificazione e valutazione del Piano. Tra le aree che non potranno più essere interessate da attività di ricerca e coltivazione, le Regioni Valle D’Aosta, Trentino Alto Adige, Liguria, Umbria, in parte Toscana e Sardegna, e a mare il 5% della intera superficie marina sottoposta a giurisdizione italiana.
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