I 15 anni difficili del Monte dei Paschi di Siena tra crisi e risanamenti

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di Monica Paternesi

Tra crisi e risanamenti il Monte dei Paschi di Siena tiene la ribalta da quasi 15 anni da quell’acquisto di Antonveneta nel 2007 con il quale si fa coincidere l’inizio della crisi della banca più antica del mondo. Anche se per molti la data va anticipata al 2002 con la sottoscrizione, da parte degli allora vertici delle operazioni Santorini e Nota Italia, e poi, nel 2005, con l’acquisto del bond Alexandria.

Attualmente il Tesoro – in trattativa con Unicredit – dopo la ricapitalizzazione del luglio 2017, è l’azionista di maggioranza di Mps con quasi il 70%, anche se il piano di ristrutturazione prevede l’uscita dal capitale. A novembre 2007 Mps acquista dal Santander Antonveneta per 10,3 miliardi, pagata dagli spagnoli 6,6 miliardi pochi mesi prima. Nel 2008 la Banca d’Italia accende un faro sul Fresh, lo strumento finanziario che ha accompagnato l’aumento di capitale per rilevare Antonveneta. Nel 2009 viene deciso di vendere a Nomura i titoli Alexandria che stanno provocando ingenti perdite. In cambio Nomura spalma il ‘rosso’ su un arco di trenta anni e la banca prenota 1,9 miliardi di Tremonti bond promettendo il rimborso nel 2012. A ottobre Bankitalia ”intensifica il vaglio della liquidita”’ della banca.

Nel 2010 la Banca d’Italia avvia una prima ispezione a Siena e chiede a Mps un aumento di capitale. A ottobre scatta il ‘commissariamento dolce’ con una richiesta di aggiornamenti quotidiana della liquidita’. Nel 2011, a luglio, La Fondazione Mps sottoscrive pro-quota l’aumento di capitale da 2 miliardi di euro. Intanto, la situazione precipita con la crisi dello spread e a settembre la Banca d’Italia avvia la seconda ispezione. A ottobre via Nazionale chiede la discontinuita’ della governance.

A novembre la Fondazione Mps ha un miliardo di debiti con le banche che hanno finanziato l’acquisto di Antonveneta. Per trovare un accordo e’ costretta a vendere diversi asset tra cui il 15% della banca. Nel corso del 2012 scende al 33% (nel 2007 era al 56%). A marzo 2012 si chiude la seconda ispezione con pesanti rilievi.

La banca archivia il bilancio 2011 con una maxi-perdita da 4,69 miliardi.ad aprile Giuseppe Mussari lascia la presidenza, al suo posto viene nominato Alessandro Profumo. A maggio la Procura di Siena apre un’inchiesta sul caso Antonveneta. Nel 2013 a gennaio scoppia lo scandalo e a novembre la banca varerà un business-plan 2013-2017, che passa per un maxi-aumento di capitale da 3 miliardi di euro. Nel 2014 la banca chiude con una perdita di 5,3 miliardi. Nel 2015, varato un nuovo aumento di capitale fino a 3 miliardi, il Tesoro diventa azionista del Monte come pagamento degli interessi pari 243 milioni di euro per i Monti bond acquistati dalla banca .

A luglio del 2016 con un crollo a -2,44% del Cet1, Mps è la peggiore fra le 51 banche del Vecchio continente sottoposte allo stress test dell’Autorità bancaria europea. Alla fine del 2016 il governo salva il Monte con 5,4 miliardi (di cui 1,5 di rimborso agli obbligazionisti) nell’ambito del decreto Salvabanche da 20 miliardi di euro. Nel 2017 a luglio il via libera della Commissione europea all’intervento dello Stato nel capitale di Mps. La banca chiude i bilanci del suo primo anno di normalizzazione in rosso di 3,5 miliardi di euro. L’anno dopo torna in utile per 279 milioni Nel 2019 il tribunale di Milano condanna a 7 anni e 6 mesi di carcere Giuseppe Mussari, a 7 anni e 3 mesi Antonio Vigni e a 4 anni e 8 mesi.

Nel 2020 Mps cede ad Amco 8,1 miliardi di crediti deteriorati. Profumo e Viola sono condannati sui derivati. Entrambi chiedono la revisione radicale della sentenza. L’anno si chiude con il varo di un piano strategico che prevede un fabbisogno patrimoniale tra i 2 e i 2,5 miliardi di euro per far fronte alla carenza di capitale e ai costi di ristrutturazione necessari per rimettere in sesto il conto economico. Si prevedono 2.670 esuberi netti al 2025 e ritorno in utile nel 2023, dopo il pareggio di bilancio nel 2022. Si affaccia l’ipotesi delle nozze con Unicredit. All’inizio di quest’anno l’istituto toscano apre la sua data room e a luglio il gruppo guidato da Andrea Orcel scioglie le riserve. La trattativa entra nel vivo. 
   

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