Più B&B e meno libri e giocattoli: dalle città italiane scompare un negozio su 5. Via anche i residenti

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ROMA – Una tendenza che prosegue da anni, e che peggiora: dal 2012 a oggi dalle città italiane sono scomparsi 111 mila negozi, uno su cinque. A chiudere, rileva l’Osservatorio del Centro Studi di Confcommercio, condotto in collaborazione con l’Istituto Tagliacarne, su 120 città e diretto da Mariano Bella, sono soprattutto le attività nei centri storici: quasi dimezzati i distributori di carburanti -(40,7%), e i negozi di libri e giocattoli (-35,8%). In forte calo anche mobili e ferramenta (-33,9%) e abbigliamento (-25,5%). Mentre aumentano i punti vendita di servizi e prodotti tecnologici (+11,8%) e le farmacie +12,4%. E aprono sempre più attività di alloggio (+42%) e ristorazione (+2,3%).

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Ma non si tratta più di alberghi di tipo tradizionale, che invece calano, soprattutto nei centri storici: dal 2012 a oggi la riduzione è del 10,4% nel Mezzogiorno e del 6,9% nel Centro Nord. A crescere sono le “altre forme di alloggio”, i bed and breakfast, con numeri sorprendenti, soprattutto nel Mezzogiorno: più 168,2% nei centri storici, più 118,3% nelle periferie. Anche la ristorazione cambia pelle: i bar tradizionali sembrano andare in crisi, calano di oltre il 10% nel Mezzogiorno, sia in centro che in periferia, e di oltre il 20% nel Centro Nord, a fronte di una robusta crescita dei ristoranti.

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Accelera la riduzione dei negozi di alimentari: fino a metà del 2022 la perdita nei centri storici rispetto al 2012 era contenuta al 7%, ora nel 2023 arriva al 12,5%.

Cala anche la popolazione residente, che si riduce del 2% (dato che somma centri e periferie), significa 277.298 persone in meno nelle 120 città considerate. Un calo inferiore a quello dei negozi, e quindi la densità scende da quasi 13 negozi per mille abitanti a quasi 11. Cambia anche la nazionalità dei commercianti e dei loro dipendenti: aumentano gli stranieri, che diventano il 10,5% degli occupati, nel 2012 erano poco più dell’8%.

Si tratta di tendenze che non sono uniformi in tutte le città. Nel Nord-Est la desertificazione dei centri storici è particolarmente accentuata, rileva Confcommercio, mentre in città universitarie, dove gli studenti si sostituiscono alle famiglie, le attività commerciali mostrano ancora una grande vivacità.

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“Prosegue la desertificazione commerciale delle nostre città, – commenta il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli – un fenomeno che riguarda soprattutto i centri storici dove la riduzione dei livelli di servizio è acuita anche dalla perdita di commercio ambulante”. “Il commercio rimane comunque vitale e reattivo – rivendica Sangalli – e soprattutto mantiene il suo valore sociale. Rimane, in ogni caso, prioritario contrastare la desertificazione commerciale con progetti di riqualificazione urbana per mantenere servizi, vivibilità, sicurezza e attrattività delle nostre città. In questa direzione vanno il progetto Cities di Confcommercio e la rinnovata collaborazione con l’ANCI a conferma del nostro impegno per favorire uno sviluppo urbano sostenibile e valorizzare il ruolo sociale ed economico delle attività di prossimità nelle città”:

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