Milano Cortina 2026, intervista a Mauro Berruto (Pd): “Con la pista di bob questo governo fa bullismo istituzionale e scommette soldi pubblici”

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Mauro Berruto, responsabile sport del Partito Democratico ed ex ct della nazionale azzurra di volley, la pista di bob di Cortina è già la cronaca di un disastro annunciato?

“Direi in un altro modo: è una scommessa fatta con i soldi degli italiani. Il Cio ha già bocciato due volte il progetto e il governo va avanti comunque, con un investimento per una pista che rischia di non essere utilizzata per lo scopo per la quale viene costruita. È come dire: costruiamo il ponte sullo Stretto di Messina e poi non lo apriamo al traffico automobilistico. E la Lega metterà la bandierina su una cosa che fa sorridere, se non fosse seria: l’azienda Pizzarotti assumerà operai norvegesi. Prima i norvegesi, insomma”.

Milano Cortina 2026: impianti, investimenti, spese e rinunce

Male che vada c’è il post-olimpico, il fatto che possa diventare un centro federale, dicono.

“Cesana fa da esempio per questo. Perché non l’abbiamo fatto lì nel 2011, quando la pista di Torino 2006 è stata abbandonata? L’ha detto anche il Cio: non servono nuove piste, il numero di tesserati non ne giustifica una nuova costruzione. Facendo i conti, se abbiamo 40 praticanti e investiamo 80 milioni, vuol dire spendere 2 milioni per ognuno di loro. Non potrei mai schierarmi contro lo sport, mondo dal quale provengo, ma è il Cio che l’ha detto. A gennaio ho avuto uno scontro con Abodi: proponevo di destinare allo sport di base, a iniziative di carattere sociale e culturale nelle scuole e per la parità di genere nelle attività sportive un fondo di 80 milioni di euro provenienti dalla tassazione degli extraprofitti delle società di scommesse legate al calcio. Abodi disse no, mi attaccò. E adesso che fa: avalla questa scommessa. Per una cifra complessiva identica”.

Com’è possibile che si sia arrivati a due anni dai Giochi dopo averne sprecati cinque, e si voglia andare in fondo contro il parere del Comitato olimpico internazionale?

“Siamo di fronte all’ennesimo esempio di sottovalutazione del rischio e di, vorrei dire, bullismo istituzionale: tanto un modo alla fine lo troviamo, questa è lo spirito che ha animato il governo in questa vicenda. Il Cio si è espresso chiaramente due volte e ci si è tappati le orecchie”.

Il Pd proponeva di tornare a Cesana.

“L’ho detto in autunno: ripristiniamo la pista del 2006, con impatto zero dal punto di vista ambientale, dato che la struttura esiste già, vincolando il progetto però allo smontaggio e alla riforestazione dopo i Giochi. Il Politecnico di Torino aveva messo a punto un progetto che sarebbe costato un quarto della pista light di Cortina. Avremmo risolto tre problemi: tenere i Giochi in Italia, portare lavoro legato all’evento sul territorio e risolvere il problema ambientale e di sostenibilità sollevato dal Cio, che vuole piste esistenti e funzionanti. Cesana è almeno esistente, sarebbe stata funzionante in meno di un anno. E avremmo iniziato a lavorarci cinque mesi fa”.

È tutta una partita politica?

“La Lega ha piantato la sua bandiera sui Giochi, prendendosi la responsabilità di quello che accadrà. Ma anche il ministro dello Sport Abodi ha le sue, di responsabilità: dirige l’istituzione che avrebbe dovuto prendere in mano la materia. Giorgetti, da ministro dell’Economia, ha un punto di vista interno ma anche realistico: è chiaro e inquietante quello che ha detto. La sua uscita evidenzia la presenza di almeno due anime e di una spaccatura all’interno della Lega”.

Il Cio farà verifiche periodiche e, teoricamente, fra tre mesi potrebbe nuovamente dire: “la pista dei Giochi 2026 non sarà quella di Cortina”.

“Mi auguro che in quel momento si abbia il coraggio di fermare i lavori. E piuttosto si trovino fondi per smantellare Cesana. Torino 2006 è una ferita recente. Anche allora ci fu una dicotomia tra impianti cittadini, che a Torino sono stati un successo e sono ancora ottimamente funzionanti, e quelli nelle località montane, come la pista di Cesana o il trampolino di Pragelato. Due monumenti all’insostenibilità. Abbiamo detto “mai più” allora, e nemmeno vent’anni dopo ci ricaschiamo”.

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