David Zur, l’ex cecchino israeliano: “Esilio per Sinwar e i suoi come fu per Arafat nell’‘82”

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TEL AVIV – I cecchini israeliani avevano nei loro mirini Yasser Arafat, capo dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp), nell’agosto 1982 a Beirut, “ma venne l’ordine di non sparare e di lasciarlo andare e così facemmo. Avremmo potuto ucciderlo: era il momento di quella famosa fotografia di Arafat assieme ai suoi, mentre fanno il segno della vittoria perché stanno per uscire dall’assedio indenni”.

David Zur era uno dei cecchini delle forze speciali israeliane quel giorno a Beirut – prima di diventare un comandante dell’unità Yamam – e racconta a Repubblica che la situazione aveva alcuni punti in comune con la Striscia di Gaza oggi. L’esercito israeliano aveva invaso il Libano e in pochi giorni era arrivato nella capitale libanese per prendere i capi dell’Olp e distruggere il gruppo, negli Stati Uniti l’Amministrazione Reagan era preoccupata che l’operazione di Israele si sarebbe trasformata in un bagno di sangue per i civili, fu raggiunto un compromesso: caricare gli uomini dell’Olp su navi dirette verso l’esilio a Tunisi.

Oggi l’esercito israeliano si prepara ad avanzare su Khan Yuunis nel settore sud della Striscia di Gaza, dove si concentra la maggioranza della popolazione dopo cinquantacinque giorni di bombardamenti che hanno ucciso quasi quindicimila palestinesi secondo i dati del ministero della sanità di Gaza – e il settanta per cento di questi morti sono donne e bambini. L’Amministrazione Biden ieri ha mandato il segretario di Stato Blinken a parlare con il governo israeliano e secondo il Wall Street Journal si è discussa anche questa soluzione: offrire un salvacondotto a migliaia di combattenti di Hamas e alle loro famiglie, ma non ai capi, perché depongano le armi e lascino per sempre la Striscia di Gaza. Zur è stato per quindici anni nell’unità Yamam, che si occupa di operazioni come la cattura e l’eliminazione dei leader dei gruppi armati e la liberazione di ostaggi, e poi per tre anni e mezzo ne è stato il capo.

Riuscirete a trovare Yahya Sinwar, il capo di Hamas nascosto a Gaza?

Faccio parte di una minoranza che pensa questo: dovremmo discutere la possibilità di offrire l’esilio ai leader di Hamas, in cambio della liberazione di tutti gli ostaggi e di una resa totale in stile Giappone alla fine della Seconda guerra mondiale. Per il bene nostro ma anche dei palestinesi di Gaza, che devono essere liberati da Hamas.

Cosa succede dopo il cessate il fuoco?

Le operazioni militari ricominceranno e l’esercito nei prossimi mesi prenderà Khan Yunis e Rafah. Farsi ridare gli ostaggi è il punto numero uno. Il punto numero due è che Hamas non potrà mai più stare lì. Netanyahu ha fatto lo sbaglio di pensare che tenere Gaza a fuoco basso per anni gli consentisse di ritardare per sempre un discorso serio con i palestinesi, si è visto come è finita. Mi ci vorrebbe un’altra intervista soltanto per parlare di Netanyahu, ma lasciamo perdere. Alla fine io penso che ci potrebbe essere una soluzione non militare.

Come finisce l’invasione israeliana nella Striscia di Gaza?

Senza più Hamas e con la creazione di una buffer zone, una piccola fascia di sicurezza senza abitanti da ritagliare nel territorio. Poi della Striscia se ne occupi chi vuole: il Papa, le Nazioni Unite, i turchi. Non ci dovrà essere un esercito dentro, ma soltanto una forza di polizia. L’Anp a breve termine non può occuparsene perché è troppo debole, ma potrà farlo quando Abu Mazen non ci sarà più.

Come ex comandante dell’unità Yamam: avreste le forze per fare raid anche in questa ipotetica Gaza tolta al controllo di Hamas, oltre a quelli che già fate nella West Bank?

In teoria sì, ma sarebbe stupido. Non dobbiamo restare lì e accollarci la gestione di due milioni e duecentomila civili. Dobbiamo spingere per un cambiamento culturale e politico a Gaza: dobbiamo prosciugare la palude, non combattere ogni singola zanzara.

C’è da vedere se Hamas accetterebbe un compromesso.

Sono fanatici e per colpa della loro ideologia non vedono nessuna possibilità per i non musulmani in questa terra, non fanno compromessi. Anche quando dichiarano la hudna, la tregua, lo fanno perché sono deboli e dicono ok facciamo la hudna ma poi vi ucciderò, stringiamoci la mano, dichiariamo una hudna di un anno o anche di cinquant’anni, ma alla fine vi uccideremo, voi e i vostri figli. Questa è la mentalità che dobbiamo capire.

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