Russia-Ucraina, perché Putin non ha vinto

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Putin sta vincendo? Il titolo della copertina dell’Economist, ripreso da media europei e italiani, è una forzatura giornalistica. E sembra prescindere dal contesto: in Europa siamo oggetto di una guerra asimmetrica, che riguarda anche l’informazione.

Visto che gli aiuti finanziari e militari occidentali sono decisivi per Kiev, adombrare l’idea che la Russia stia vincendo non è solo un’analisi sbagliata, per le ragioni che dirò, rischia anche di indebolire il sostegno all’Ucraina in un momento particolarmente difficile e delicato.

Abbiamo qualche vantaggio a farlo? In realtà, offriamo solo una sponda allo Zar del Cremlino, che è convinto di potere giocare su tempi lunghi, contando sulla “stanchezza” occidentale e aspettando la eventuale rielezione di Donald Trump.

Si dirà che la stampa democratica titola come vuole — e non ci sono dubbi su questo. Ma parrebbe che non abbiamo ancora capito di essere parte indiretta di una guerra cruciale per il futuro della sicurezza europea.

Putin sta vincendo? No. La risposta corretta è che ha già perso rispetto ai disegni iniziali (l’installazione a Kiev di un governo fantoccio, la negazione dell’identità nazionale dell’Ucraina). Controllare l’Ucraina nel suo insieme è ormai un obiettivo fuori portata per Mosca.

La famosa “operazione militare speciale”, che doveva durare qualche giorno, si è trasformata in una lunga guerra d’attrito. Che probabilmente richiederà, dopo la vittoria scontata di Putin nelle elezioni presidenziali del 2024, un’ondata di mobilitazione.

L’obiettivo militare attuale è di completare l’occupazione del Lugansk e del Donbass, cominciata nel 2014. E qui, invece, Putin non sta perdendo; l’occupazione a lungo termine del 15-18% circa del territorio ucraino è una possibilità concreta, dopo gli insuccessi della contro-offensiva di Kiev. In sostanza: la Russia ha in parte già perso, in parte potrebbe ancora “vincere” su obiettivi più limitati.

Se ci fosse un cessate il fuoco domani, scrive uno dei maggiori studiosi di storia militare, Lawrence Freedman, la Russia occuperebbe una porzione del territorio ucraino, ma certamente minore di quanto Putin pensasse il 24 febbraio 2022. Mentre Mosca non sarebbe in grado di evitare che l’Ucraina si sposti verso la Nato (che si è allargata e rafforzata come risultato della guerra di Putin) e l’Unione europea, che dovrà decidere il 15 dicembre come e quando aprire negoziati di adesione con Kiev.

Intanto, l’opinione pubblica russa mostra qualche segno di vacillamento: una maggioranza lieve, secondo il noto istituto Levada, ritiene ormai che continuare la guerra sia un costo e non un vantaggio.

C’è anche una stanchezza russa insomma, e non solo una stanchezza occidentale. Anche perché, secondo l’intelligence britannica, Mosca ha perso nel novembre scorso una enorme quantità di soldati. Mentre le spese militari aumentano del 70%, si consolida una economia di guerra e Mosca gravita verso la Cina, Paese che i russi non hanno mai amato.

La previsione di Freedman è che Putin moltiplicherà questo inverno i bombardamenti sulle infrastrutture energetiche ucraine e tenterà una offensiva nella primavera del 2024: non esistono ancora le condizioni militari di un congelamento del conflitto, che potrebbero materializzarsi solo in caso di stallo prolungato, probabilmente verso il 2025. La guerra sarà ancora lunga.

Per l’Ucraina, dove si avvertono crepe fra Zelensky e i suoi militari, la posta in gioco è così alta che cedere non appare possibile. Come la Russia, Kiev ha sufficienti capacità per non perdere: è riuscita ad esempio, colpendo ripetutamente la Crimea, ad ottenere lo spostamento della flotta russa dal Mar Nero. Ma non ha capacità sufficienti per vincere, ossia per recuperare il controllo di tutto il suo territorio.

La popolazione ucraina è fortemente provata dalla guerra, come dimostrano le difficoltà di arruolamento dei giovani. L’Ucraina sta aumentando la produzione militare interna ma è ancora dipendente da nuove forniture occidentali e ha bisogno di capacità aeree (F-16); mentre l’Europa ha consegnato circa un terzo delle munizioni promesse e il Congresso americano non ha ancora approvato il nuovo pacchetto di aiuti (60 miliardi di dollari circa) promosso da Biden.

Lo scenario più probabile — con due attori che non vincono e non perdono fino in fondo — è un esito di tipo coreano o tedesco del secolo scorso: un’Ucraina occidentale garantita dalla Nato e che aspira all’Europa, con parti del territorio sotto un controllo di fatto della Russia.

Conterà la capacità occidentale di reggere nel tempo, continuando a sostenere Kiev con forniture militari e aiuti finanziari. E conteranno le scelte dell’Ue: come offrire all’Ucraina un approdo nell’Unione europea. Se l’Ue si dividerà sull’allargamento a suon di veti, la guerra in Ucraina ratificherà la fine delle illusioni in un’Europa “geopolitica”. E la sfida russa alla sicurezza europea diventerà ancora più seria.

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