“Uccidiamogli la sorella”. Il Romanzo Criminale della Magliana non ha mai fine: anche gli albanesi nella guerra dei clan

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Un boss, Ugo Di Giovanni, che vuole «rafforzare il suo potere» uccidendo l’emergente Andrea Gioacchini. La vendetta, che viene affidata alle cure di un sicario venuto dall’Est, Petrit Bardhi. Ed Elvis Demce, rinomato criminale albanese, che sogna di uccidere i parenti di quel boss, «nemico dichiarato» e vicino alla famiglia Senese.

È questo lo scenario che emerge dagli atti delle indagini che hanno portato in carcere i mandanti e l’esecutore dell’omicidio di Andrea Gioacchini, ucciso il 10 gennaio a pochi passi dall’asilo della Magliana dove l’uomo aveva appena accompagnato il figlio. È qui, alla Magliana, che l’Antimafia ha scongiurato una guerra tra clan. Perché dopo l’omicidio Gioacchini la criminalità romana era in fermento.

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Forse non è un caso che in quel quadrante della città, dopo il delitto Gioacchini, il 19 marzo in via Casilina sono stati esplosi alcuni colpi all’indirizzo di un locale. Una decina di giorni dopo due pregiudicati, Mauro Gizzi e Maurizio Salvucci, sono stati gambizzati davanti un bar, mentre genitori e bambini affollavano le strade che portano ai quattro istituti scolastici distanti appena cento metri dal luogo dell’agguato. Nuovi delitti erano alle porte.

I carabinieri lo hanno scoperto ascoltando la conversazione del 4 maggio tra Elvis Demce e Petrit Bardhi, Titi l’albanese, amico fraterno di Fabrizio “Diabolik” Piscitelli e anche di Andrea Gioacchini.

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Bardhi, si legge negli atti, racconta che il socio di Gioacchini, Simone Capogna, «se l’è venduto ai napoletani», quindi ad Ugo Di Giovanni.

In pratica Capogna avrebbe ceduto tutti i crediti vantati in società con Gioacchini a Ugo Di Giovanni. E non sapendo cosa dire al socio lo avrebbe tradito mettendo in guardia Di Giovanni dalle cattive intenzioni di Gioacchini. «Bardhi indica in Ugo Di Giovanni il responsabile dell’uccisione del suo amico Andrea Gioacchini».

E a questo punto che i magistrati rivelano le intenzioni del boss albanese Elvis Demce: «Parla della sorella di Ugo evidenziando che prima o poi vorrebbe eliminarla come sfregio al nemico dichiarato, definito “Ugo lo str..o”», si legge.

Bardhi sapeva molte cose. Del resto è a lui che sarebbe stato affidato l’incarico di vendicare Gioacchini. Persone vicine alla vittima infatti «avevano dato incarico proprio a Bardhi di vendicare la morte di Gioacchini uccidendo Simone Capogna».

Fortunatamente, Titi era amico anche del fratello di Simone Capogna. Quindi l’omicidio è stato «evitato solo grazie all’amicizia pregressa tra Bardhi e Fabrizio Capogna e al pagamento di 5000 euro consegnate al Bardhi per l’informazione». Un gesto di cortesia.

Del resto sarebbe stato scomodo fare la guerra agli uomini vicini a Senese. Perché Ugo Di Giovanni non è un pregiudicato come tanti.

I pm Francesco Cascini e Luigia Spinelli parlano di «spessore criminale» e «storica vicinanza alla famiglia di Michele Senese», di una persona costantemente coinvolta in «attività di narcotraffico e di condotte estorsive».

Di un uomo che minacciava anche suo padre: «Se non ti tappi la bocca te la tappo io». Ma che adesso andrà per l’ennesima volta in una comunità, nonostante dalle comunità in passato abbia continuato a comandare.

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