La sindaca di Monfalcone non vuole i musulmani vestiti in spiaggia: «C’è un decoro da rispettare»

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Definisce il bagno con indosso i vestiti un «comportamento inaccettabile» e promette provvedimenti «a tutela dell’interesse generale della città e dei concittadini». La sindaca di Monfalcone e leader della Lega, Anna Cisint, ha dichiarato guerra al burkini in spiaggia. Quelle di Marina Julia e Marina Nova, ovviamente, affacciate sull’alto Adriatico, nel tratto di mare compreso tra il porto della città che amministra e il fiume Isonzo, e meta di bagnanti, ma anche di appassionati degli sport acquatici. Troppe, a dire suo e delle persone che non hanno esitato a manifestarle «il proprio sconcerto», le donne che frequentano l’arenile e che entrano in mare coperte dalla testa ai piedi. Da qui, «considerati anche gli ingenti investimenti effettuati per la dotazione di strutture, il ripascimento della spiaggia e lo sviluppo dei servizi», la decisione di scrivere alle comunità musulmane, per manifestare il disappunto dell’amministrazione e pretendere anche da parte loro l’utilizzo dei tradizionali costumi da bagno, e quella di interpellare i legali del Comune, per studiare la maniera per inibire «una pratica che – afferma – crea insopportabili conseguenze dal punto di vista della salvaguardia del decoro del luogo».

Rovina l’attratività

Al suo secondo mandato di sindaca di Monfalcone, città nella quale ormai la presenza di stranieri ha superato il 30 per cento della popolazione, Cisint ritiene che «chi viene da realtà diverse dalla nostra abbia l’obbligo di rispettare le regole e i costumi che vigono nel contesto locale e italiano. Non possono essere accettate forme di “islamizzazione” del nostro territorio – ha argomentato in una lunga nota a “Il Piccolo” –, che estendono pratiche di dubbia valenza dal punto di vista del decoro e dell’igiene, generando il capovolgimento di ogni regola di convivenza sociale». Anche perché «intaccano e compromettono le prospettive di una città che – continua – ha assunto una dimensione turistica consolidata, riconosciuta fra le località marine italiane». I burkini, insomma, a suo parere rischiano di comprometterne l’attrattività e penalizzare i gestori dei servizi.

Discriminazione al contrario

Ferma sostenitrice dei diritti delle donne, Cisint ha manifestato perplessità anche rispetto all’abbigliamento tenuto per strada. «Quest’inaccettabile comportamento si colloca in un contesto in cui si riscontrano sempre maggiori lesioni alle norme, principi e forme che sovrintendono la vita comunitaria, rischiando in tal modo di allargare la frattura nei rapporti fra la grande maggioranza dei monfalconesi e la componente islamica – ha detto Cisint –. Mi riferisco alla sempre maggior presenza in città di donne con il burqa e l’integrale copertura del volto che impedisce ogni identificazione, evocativa d’una visione integralista, parte anche questa di atteggiamenti e una volontà di non rispettare regole e norme dei Paesi di arrivo». Il riferimento è in particolare alla componente del Bangladesh, la più numerosa in città. «L’amministrazione comunale – la sua conclusione– non può consentire che si sviluppi “una città nella città” con regole diverse dalle leggi vigenti e dal comune sentire, determinando in tal modo una sorta di “discriminazione all’incontrario” e sarà rigorosa nel far rispettare gli ordinamenti comunali e pretendere dalle grandi realtà produttive, a cominciare da Fincantieri, un diverso governo dei flussi. L’arrivo incontrollato dai Paesi più poveri – ha aggiunto –, con forme di dumping diffuse soprattutto nei subappalti, che ha scaricato sul territorio conseguenze di carattere sociale, va rivisto». Se non è un ultimatum, poco ci manca.

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