Rispetto e psicologia, un nuovo rapporto con i cavalli per l’addestramento al reining

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“Conoscere la psicologia del cavallo per addestrarlo al reining”. E’ questo l’obiettivo degli stage che terrà, sui campi di Fieracavalli giovedì 9 e venerdì 10 novembre, Mario Sbrana, uno dei fuoriclasse italiani di questa disciplina della monta western.

Nella sua lunga carriera, iniziata quand’era ancora un ragazzino, Sbrana ha collezionato due titoli nazionali e uno europeo, riuscendo anche a qualificarsi per due finalissime dei Futurity America. Dal 2000 al 2010 è stato commissario tecnico della nazionale di specialità, contribuendo al raggiungimento di 22 medaglie per la squadra italiana: 4 ai mondiali e 18 agli europei.

Dopo aver lasciato la nazionale, si è dedicato molto all’insegnamento, portando in una disciplina assai competitiva come quella del reining principi innovativi. “Il mondo del cavallo è sempre stato popolato da mestieranti-esperti, me compreso, che puntavano soprattutto al risultato sportivo e che ci arrivavano forzando l’animale a fare certe manovre, senza tener conto dell’aspetto psicologico”, spiega Sbrana. “Negli ultimi anni io ho cercato di sintetizzare e codificare questo nuovo modo di comunicare con l’animale per ottenerne la collaborazione. Ed è questo che vorrei mostrare a Fieracavalli”.

Il reining è una disciplina equestre relativamente giovane e si potrebbe pensare che sia esente dalle costrizioni che in passato hanno caratterizzato le performance di molti cavalli sportivi. “In realtà”, dice Sbrana, “ad altissimi livelli c’è da anni grande attenzione al benessere dei cavalli e non si può pensare di usare le maniere forti su un animale per vincere. L’ho verificato di persona durante la mia collaborazione con la Federazione equestre internazionale. Ma oggi quando si inizia a lavorare un cavallo per il reining l’approccio etologico sta prendendo sempre più piede”. E il motivo non è solo una maggior consapevolezza “animalista”. “Un cavallo sereno, che apprende con tranquillità, avrà una carriera sportiva migliore e più lunga. Al contrario ci sono spesso animali spinti a grandi performance a inizio carriera, che poi però non riescono a mantenere le promesse negli anni successivi”.

Ed è forse proprio questo uno dei problemi principali del reining e di altre discipline equestri. Le competizioni più ricche sono per cavalli sempre più giovani. Un meccanismo che alimenta il business di allevatori e addestratori: i cavalli vengono messi a lavorare a due anni per competere nel Futurity l’anno successivo, nella speranza che le loro quotazioni salgano e che possano essere venduti al miglior offerente. “Un cavallo a due anni può fare un lavoro di preparazione atletica e mentale, ma non certo essere sottoposto a carichi pesanti”, avverte Sbrana. “La vera maturità fisica viene raggiunta a sei anni, ma è anche vero che a quel punto l’animale ha una sua personalità e sarebbe difficile insegnargli tutto da zero. Quindi è giusto addestrarli precocemente, ma solo per prepararli, fisicamente e psicologicamente, allo sport specifico che dovranno praticare da grandi”.

Resta il fatto che la gara più importante e ricca, il Futurity appunto, spinge a dare il massimo ancora prima dei tre anni. “E’ vero”, ammette Sbrana, “ed è frutto della logica commerciale che vige sopratutto negli Usa, luogo di nascita di questa disciplina: più accorci i tempi, più cavalli vendi. Noi abbiamo provato diverse volte a fissare in quattro anni l’età per il Futurity in Europa, ma non ci siamo riusciti. E tuttavia negli ultimi tempi osservo un fenomeno che mi lascia ben sperare: diventano sempre un po’ più ricche le gare per cavalli con più di tre anni. Anche perché ci sono cavalli di grande qualità che hanno bisogno di più tempo per maturare e dare il massimo. Con i meccanismi attuali non riusciranno mai a emergere”.

Infine un consiglio a amazzoni e cavalieri che praticano il reining: “Impariamo a rispettare questi animali, sono generosissimi e riescono a fare quasi tutto, anche a costo di soffrire. Sta a noi capire quando non ci riescono, evitando di pretenderlo. E questo vale per tutti gli sport equestri”.

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