A Kaliningrad, ostaggio tra Mosca e l’Europa Contro l’embargo si torna all’autarchia

Pubblicità
Pubblicità

KALININGRAD – Un enorme manifesto sulla facciata ricorda che questo stabilimento alla periferia Est di Kaliningrad fu il primo, 25 anni fa, ad assemblare un’automobile straniera in Russia. Ma dopo che le sanzioni seguite alla cosiddetta “operazione militare speciale” hanno bloccato le importazioni occidentali anche nel settore automobilistico, la storica fabbrica Avtotor che produceva Bmw, Kia e Hyundai è stata costretta a sospendere i lavori per una ventina di giorni lo scorso mese. “Alla fine però nessuno è stato licenziato. A qualcuno è stata assegnata una nuova mansione. C’è persino chi è stato dirottato a raccoglie mele, fragole e mirtilli in una fattoria statale”, spiega la veterana Tatjana Sytykh, addetta da vent’anni alla verniciatura. “Continuiamo tutti a ricevere lo stipendio. Per ora”. Il suo collega trentottenne Sergej, che preferisce restare anonimo, condivide l’ottimismo. Non si scompone neppure di fronte alla recente decisione della vicina Lituania di vietare il transito ferroviario delle merci soggette a sanzioni europee. “Non bisogna cedere al panico. La situazione presto si rasserenerà”. Eppure quando a inizio maggio la fabbrica ha offerto ai suoi 3.500 dipendenti 300 ettari di terreno già arati, erpicati e pronti per la semina, Sergej è stato uno dei circa 170 a farsi avanti e ad aggiudicarsi un orto da “10 sotka”, cento metri quadri. “Se la situazione peggiorerà, perlomeno mangeremo patate”.

L’ex Königsberg

L’ex Königsberg, cuore della Prussia orientale prima che l’Urss l’annettesse nel 1945 e ribattezzasse Kaliningrad in memoria di un luogotenente di Stalin, è un’anomalia storica e geografica. Bastione militare sovietico isolato e segreto affacciato sul Mar Baltico, con il crollo dell’Urss e l’allargamento dell’Unione Europea, si è trovata intrappolata tra Lituania e Polonia, due Paesi Ue e Nato. Un'”isola” russa, come la chiamano i suoi abitanti, nel cuore dell’Occidente.

Scontro su Kaliningrad, la Russia potrebbe isolare i Paesi baltici. Gli Usa: la Nato pronta a difendervi

Tutta la città è un monumento alla sua identità schizofrenica. La campagna di russificazione seguita all’esodo dei tedeschi e alla colonizzazione da varie regioni sovietiche ha cancellato quasi del tutto il retaggio teutonico. Casette di mattoncini rossi sono circondate da grigi moderni casermoni e croci ortodosse splendono sulle chiese neogotiche dalle guglie color rame. Nell’isola Kneiphof, il filosofo Immanuel Kant riposa dal 1804 all’ombra del Königsberg Dom, una delle poche architetture sopravvissute ai bombardamenti inglesi e allo spianamento sovietico delle rovine teutoniche. Mentre la mostruosa carcassa di cemento e acciaio del Dom Sovietov, la Casa dei Soviet, mai occupata, soprannominata il “robot sepolto”, domina minacciosa la sponda opposta del fiume Pregel. Ovunque regna una sensazione di “doppia periferia”: distante territorialmente dalla “Grande Russia”, come viene chiamata, e ideologicamente dalla vicina Europa. Da quando quattro mesi fa Mosca ha lanciato l’offensiva in Ucraina, l’exclave è diventata la regione russa più vulnerabile alla guerra di sanzioni e controsanzioni e all’escalation di tensioni con l’Occidente. 

Lukjanov: “Mosca punterà su Cina e India, è morta l’idea di uno spazio comune con l’Ue”

La zona economica speciale

I divieti e le restrizioni sulle importazioni hanno messo in ginocchio già da marzo la “Zona economica speciale”, Zes, esente da dazi, che dal 1996 consentiva a imprese come Avtotor di guadagnare assemblando prodotti con componenti straniere e vendendoli sul mercato russo. E il cosiddetto “blocco di Kaliningrad” ha aggravato ulteriormente la situazione: le restrizioni imposte da Vilnius si applicano a circa la metà delle merci in transito su rotaia, tra cui materiali edili da luglio, carbone da agosto e combustibili da dicembre. Mosca, per bocca della portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova, ieri ha minacciato una risposta “pratica e non diplomatica”.

Il politologo Shekhovtsov: “L’energia è l’arma di Putin per spaccare le società e indebolire l’Occidente”

Sui media circolano diverse ipotesi: la revoca del riconoscimento dell’indipendenza di Vilnius, già avanzata nel disegno di legge presentato giorni fa dal deputato della Duma Evgenij Fedorov; la revoca degli accordi che nel 2002 consentirono alla Lituania l’ingresso nella Ue; la rivendicazione della città lituana al confine Klapeida; la disconnessione della Lituania dall’anello energetico Brell che collega anche Estonia, Lettonia e Bielorussia, proposta ieri dal presidente della Commissione per gli Affari Interni della Duma Leonid Slutskij; infine, la realizzazione del “corridoio Suwalki”, un passaggio terrestre tra Kaliningrad e Bielorussia lungo il confine tra Polonia e Lituania. Un passo che innescherebbe inevitabilmente un confronto con la Nato.

Ostaggi di Russia e Occidente

“Come sempre, noi abitanti di Kaliningrad diventiamo ostaggi di Russia e Occidente. I prezzi sono aumentati e si è ridotto l’assortimento nei negozi. Nel kit abituale di generi alimentari, manca già qualcosa. Quello che c’è, è molto più caro. I più colpiti sono i trasportatori locali. La produzione è in calo. Diverse aziende chiudono”, racconta Jacov Grigoriev, da vent’anni operatore nella logistica, oltre che noto attivista locale. “Tuttavia, a sorpresa, in autunno si eleggerà il nuovo governatore. Dappertutto ci sono già gli appositi cartelloni. Le autorità fingono che tutto vada come sempre”.

Nel grande negozio specializzato in edilizia Baucenter su Moskovskij Prospekt, la strada che porterebbe a Mosca passando per la Lituania, l’addetto alle vendite Artjom Madjada allerta gli acquirenti: “Non c’è più cemento”. C’erano seicento pacchi, spiega, ma sono andati a ruba all’apertura del negozio. “Dopo l’annuncio del blocco, succede così ogni mattina”, spiega Viktor Rijinkov mentre smista materiali tra gli scaffali per camuffare i vuoti. Intanto, sul suo canale Telegram, il governatore Anton Alikhanov promette sette nuovi traghetti o navi da carico per aumentare il trasporto via mare lungo la rotta Ust-Luga-Baltijsk e invita i turisti a visitare la regione: “Non abbiate paura della parola “blocco”. Il tempo è meraviglioso, gli aerei volano, ci sono 50 voli al giorno”. “Ma portate il cemento con voi”, ironizza qualcuno nei commenti. 
©RIPRODUZIONE RISERVATA

Pubblicità

Pubblicità

Go to Source

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *